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14 Dicembre 2010

“La sicurezza sul lavoro questione culturale”

E’ l’opinione di un giovane consulente di settore, mentre si riparla di Thyssen ed Eternit e fa discutere uno spot ministeriale

Simone De Caro

“La sicurezza sul lavoro è una questione culturale” a dialogo con il consulente Emilio Mannari

In questi giorni il tema della sicurezza sul lavoro ha riottenuto il primo piano nella discussione pubblica e Torino ne è l’epicentro. Si sono svolte infatti nella nostra città numerose manifestazioni ed eventi a favore di un miglioramento della sicurezza per i lavoratori. Tutto ciò, non a caso, in concomitanza con l’inizio del processo Eternit e la fine di quello Thyssen, entrambi in corso a Torino. A tutto questo dobbiamo aggiungere una protesta nazionale che attraverso il web ha bollato come “vergognoso” l’ultimo spot sulla sicurezza dei lavoratori ideato dal Ministero, che sembra “bacchettare” i lavoratori più che i datori di lavoro.
Digi.TO ha cercato di capirne di più, intervistando Emilio Mannari, uno dei tre giovani fondatori di Consilia, agenzia di consulenza privata nel campo della sicurezza all’interno dei luoghi di lavoro.

I dati Inail del 2009 sugli incidenti sul lavoro in Italia parlano di un calo del 10-12% rispetto al 2008, in particolare al Nord e nel settore industriale. Voi che siete “sul campo”, come ritenete la situazione piemontese in materia di sicurezza?
«Difficile rispondere con imparzialità perché quei dati sono sicuramente falsati, dal momento che non è possibile sapere quanti infortuni non sono stati denunciati e questo non vale solo per il Piemonte. In ogni caso per capire meglio pensiamo all’Ilva di Taranto. Lo sanno tutti che ai lavoratori, alle mogli ed ai figli verrà il cancro per la diossina, ma bisogna scegliere. Quei dati sono conteggiati nel “calo significativo”? Forse gli incidenti diminuiscono ma se ad esempio, come ha stabilito una sentenza, il risarcimento per un morto sul lavoro albanese caduto lavorando per un’impresa italiana deve essere misurato sul costo della vita in Albania, significa che esiste ancora una fiducia radiosa nella generale buona fede dei padroncini italiani ed un innaturale, smodato senso di ottimismo sul tema degli infortuni».

Cosa pensi dello spot del Ministero del Lavoro? Sembrerebbe voler dire che in Italia le regole ci sono ma troppo spesso gli operai non le rispettano o le ignorano e che questo fattore risulta essere più decisivo dell’inadempienza dei datori di lavoro.
«Lo spot mi ha colpito profondamente. Ho avuto la sensazione che si sia trattato di una comune verniciatura superficiale del problema. Ogni tanto una tinteggiata e risolto. Ma la verità che lo spot tace è che la sicurezza non è sentita come co-essenziale allo svolgersi di ogni attività lavorativa. Cosa copre la vernice? Direi senza paura, gli insuccessi del processo culturale nel nostro paese. Consideriamo come emblema il caso dell’Ispesl, l’Istituto Superiore per la Prevenzione e Sicurezza sul Lavoro. Era l’eccellenza nel nostro campo, in Italia ed in Europa. Ricerca, formazione, promozione del bene comune “sicurezza”. E’ stato chiuso e fatto fluire nell’Inail perché costava troppo. Non c’è da stupirsi: ogni sistema politico-culturale crea i suoi valori e produce le sue regole, che sono frutto dei suoi processi giuridico-sociali di valutazione. In questo lo spot parla una lingua comprensibilissima».

Le regole in Italia forse sono anche troppe e funzionano per le grandi industrie, finendo invece per strozzare quelle più piccole, che così non le seguono. E’ un discorso plausibile?
«Parte della colpa di una percepita burocratizzazione nel campo della sicurezza è purtroppo la standardizzazione delle soluzioni, spesso inadatte ai bisogni e comunque onerose in termini di adempimenti a prescindere dalle reali necessità. Ma ci sono addirittura quelli, ancora più spericolati, che trascurano l’esistenza stessa degli obblighi di sicurezza. Non importa se in una grande o piccola realtà. Il problema non è aziendale ma socio-culturale, come dicevamo. Comunque sono disilluso rispetto al verificarsi di lamentele da parte degli operai a nero, tanto quanto lo sono di una presa di coscienza collettiva improvvisa. Forse succederà, ma è come il prossimo scudetto del Toro: non è detto che io sia ancora vivo».

Link utili:
Lo spot del Ministero del Lavoro  

Cosa ne pensate? Secondo voi in Italia la sicurezza non è garantita dai datori di lavoro o è un problema di mancata coscienza dell’importanza della sicurezza?

 

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Categorie: Lavoro

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