Home » Cultura » L’italiano che era e che sarà

11 Maggio 2012

L’italiano che era e che sarà

Al Salone del Libro il linguista Tullio De Mauro ha raccontato la breve storia della nostra lingua, pensando anche all’immigrazione straniera.Giulia Ongaro

de mauroTra gli ospiti di questo 25° Salone Internazionale del Libro di Torino un nome celebre della linguistica italiana, Tullio De Mauro, autore del Gradit (Il Grande Dizionario Italiano dell’Uso). Con i suoi ottant’anni portati splendidamente, De Mauro continua ancora ad essere un pilastro non solo dell’Accademia della Cruscama dell’intera linguistica italiana. Se pensate che stiamo parlando di teorie per eruditi, poco a contatto con la vita di tutti i giorni, vi sbagliate di grosso: leggete cosa ha raccontato lo studioso nella sua breve lezione.

STORIA DELL’ITALIANO CHE NON SI PARLAVA
Il pubblico dell’incontro di questa mattina non è quello delle grandi occasioni: in gran parte sono scolaresche che sanno a malapena di cosa si stia parlando… La maggioranza di studenti, però, permette all’appuntamento di diventare una bella occasione per riascoltare lastoria della Repubblica Italiana attraverso la storia della sua lingua.
De Mauro parte infatti raccontando come l’italiano si sia diffuso attraverso la scuola: «Se all’inizio degli anni Quaranta ogni italiano frequentava in media tre anni di scuola, alla fine del decennio successivo la maggioranza delle famiglie chiedeva di poter iscrivere i figli alla scuola media. Lo Stato però si è adattato lentamente a questa richiesta: se fino al fascismo aveva fatto di tutto per limitare l’istruzione della popolazione, nella Prima e nella Seconda Repubblica non c’è stato ostracismo verso la diffusione dell’istruzione, ma neppure un aiuto attivo». Al professore bastano poi poche battute per riportarsi ai nostri giorni: «La legge per istituire la scuola media pubblica fu fatta nel 1969, ma le richieste per il triennio post elementare c’erano dal 1950. Allo stesso modo, oggi sempre più ragazzi si vogliono laureare, eppure il sistema scolastico italiano non viene rimodellato su questa richiesta: la scuola non prepara e l’Università non è pronta ad accogliere in maniera utile tanti studenti». 

PAROLE, PAROLE, PAROLE
Tullio De Mauro si rivela un vero mattatore: imperdibile, infatti, la parte della lezione che riprende il titolo dell’incontro, “L’Italia linguistica in cammino verso lo standard”. Definire cosa è italiano standard e cosa, invece, non va utilizzato, è un discorso che potrebbe occupare giorni e giorni. Eppure ci sono alcuni particolari semplici e sfuggiti ai più. «Ci avete mai pensato? – ha chiesto De Mauro al pubblico – i santi, il Presidente della Repubblica non hanno mai una faccia. Per loro, “volto” è la parola giusta. Eppure, se dico che Giorgio Napolitano ha una bella faccia tutti mi capite, e sono certo che lui non si offenderà».
Poi, l’invito a fare un semplice giochino. Prendete la frase “Stamattina devo aver visto tuo padre” e pensate a tutte le versioni che conoscete delle sei parole che la compongono. Cambiando stamattina con stamane, padre con papà e così via. Avrete circa 280 verisoni diverse, e senza modificare l’ordine delle parole. Tutti questio esempi divertenti sono un buon modo per dimostrare come sia difficile codificare la lingua, ma ci sono nuove norme che appaiono via via, come quella che distingue “riflesso” da “riflettuto”. 

COSA DEVIA IL PERCORSO DELLA LINGUA?
L’istruzione, la stampa, la tv
 sono i mezzi che De Mauro ha elencato come determinanti nel diffondere l’uso di un certo tipo di italiano. «Negli anni Cinquanta venne fatta una ricerca: gli adutli che guardavano tutti i giorni la televisione imparavano l’italiano che avrebbero imparato in cinque anni di elementari» racconta il professore, che è tutto tranne che contrario alle novità, tanto da chiamare Google in causa come prima fonte per studiare la diffusione delle parole al giorno d’oggi.
Alla fine della conferenza gli abbiamo chiesto come prevede che si evolverà lo standard della lingua italiana con l’inserimento dei giovani stranieri nelle scuole: «I giovani non hanno grandi problemi, soprattutto se frequentano qui la scuola. C’è un problema critico invece con gli adulti, in particolare le donne che non lavorano. È fondamentale creare un sistema di educazione ricorrente per chi deve imparare l’italiano, ma non può più andare a scuola».

Link utili:
Salone del Libro
Accademia della Crusca

Avete mai pensato a come scrivete, o a come parlate italiano? Come si sta evolvendo la nostra lingua secondo voi?

Tag: ,

Categorie: Cultura

Lascia un commento