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6 Giugno 2013

Torino è “LGBT friendly”?

In occasione del Pride di sabato 8 giugno intervista al Presidente dell’Arcigay di Torino Marco Giusta e al responsabile del Gruppo Giovani Rocco Magistro

Sara Delabella e Giulia Porzionato

Torino Pride 2012

Il Torino Pride dello scorso anno

L’omosessualità e in genere il mondo LGBT (acronimo delle parole lesbiche, gay, bisessuali e transessuali) è da sempre uno dei temi “caldi” che infiammano le discussioni, siano esse le classiche “chiacchiere da bar” o decisamente più serie come l’approvazione di una legge contro l’omofobia.
Ma com’è effettivamente appartenere al mondo LGBT per un adolescente o giovane adulto in una grande città e nello specifico a Torino? Ci si può esprimere liberamente o vigono ancora moralismo e bigottismo?
In occasione del Pride, anzi, quest’anno del Family Pride, che si terrà in città sabato 8 giugno, abbiamo parlato con Marco Giusta (Presidente) e Rocco Magistro (responsabile Gruppo Giovani) di Arcigay Torino,  che hanno risposto alle nostre domande come un’unica voce.

Cosa significa essere giovane e gay/lesbica/bisessuale/trans a Torino? Quanto è ampia qui questa comunità?
«Quantificare i giovani LGBT torinesi è un’operazione impossibile; spesso si parla di questa comunità come di una minoranza, senza tener conto che non possiamo di fatto essere contati dato che ognuno di noi vive in modo diverso la propria affettività e la propria sessualità. Tuttavia, nel contesto socioculturale della Torino del 2013 si può dire che esiste soprattutto un esercizio di libertà: libertà di pensiero, di parola, di conoscenza, libertà di amare. Sono molti i laboratori sociali culturali che nella nostra città si occupano, più o meno direttamente, delle persone LGBT. Gli adolescenti vivono la sessualità, la loro o quella dei loro amici, nelle scuole, nelle strade, nelle associazioni, spesso anche tra le mura domestiche. Ciò detto, purtroppo anche in questa città ancora si leggono sui muri scritte omofobe e ancora resistono, e vengono rifondati, associazioni e circoli politici di esplicito stampo neofascista, xenofobo e omotransfobico. Inoltre, il fenomeno del bullismo omofobo è ancora presente nelle scuole e troppo spesso colpevolmente tollerato da docenti e presidi».

Ci sono abbastanza strutture e sevizi dedicati?
«Cosa fa di me un ragazzo gay? Il mio coming out? Il mio comportamento? Le mie relazioni? O anche solo i miei desideri, la mia fantasia, i miei progetti futuri? I ragazzi LGBT usciti allo scoperto sono moltissimi ultimamente, e l’omoaffettività e l’omosessualità sono oggi dei tabù venuti a meno d’essere, e che anzi spesso relazioni di questo tipo sono più facilmente sperimentabili anche da ragazzi probabilmente eterosessuali alla scoperta della propria identità, finalmente un po’ più libera dall’eteronormatività».

Quindi cosa è stato davvero fatto?
«E’ stato fatto moltissimo, da molti anni la nostra città ha numerosi circoli culturali e di aggregazione per giovani LGBT. Noi ad esempio forniamo servizi come il Gruppo Giovani, lo sportello Caleidoscopio, il gruppo Scuole e il servizio Accoglienza, alcuni ragazzi sono inseriti anche all’interno di ARIA – servizio comunale per gli adolescenti. Inoltre giovani ragazzi gay si ritrovano in circoli culturali come il Maurice, in gruppi sportivi come il Gruppo Pesce o Le Streghe Volley, in gruppi religiosi come La Fenice o in gruppi universitari. In tutti questi posti è possibile confrontarsi con giovani LGBT su diversi temi e aggregarsi senza forzatamente sottoporsi a logiche commerciali o ritrovarsi in “non” luoghi ameni di battuage o esclusivamente dedicati al sesso».

Parliamo meglio del Gruppo Giovani.
«In questi anni, con la sola forza organizzativa dei volontari, circa 200 ragazzi LGBT torinesi di un’età compresa tra i 14 e i 26 anni si sono incontrati, si sono confrontati, o anche scontrati, o magari si sono innamorati, hanno imparato nuove cose, visto il mondo da altre prospettive. Si sono sentiti meno soli. Anno dopo anno il gruppo continua a crescere e rinnovarsi, a formare e informare cittadini consapevoli, consci di un’identità che nessuno li aveva aiutati a costruire. Ragazzi che in molti casi hanno continuato a fare attivismo nei movimenti. Tuttavia, non ci si può e non ci si deve mai accontentare. Le strutture sono poche e insufficienti, e l’apertura verso l’esterno si può migliorare. Penso ad esempio ad un posto dove i ragazzi gay possano sentirsi accolti sempre, anche quando, nella loro casa, non sono accettati, vivendo situazioni da incubo».

Perché quando si organizzano manifestazioni e Pride LGBT c’è la tendenza a mostrare prevalentemente il lato esuberante di questo mondo?
«Ai Pride, sopratutto al Torino Pride, partecipa chiunque. Non solo gay, lesbiche, bisessuali e trans ma anche etero, famiglie, amici, genitori con i bambini. Spesso tutta questa massa viene ignorata dai media, che si concentrano sulle persone più esuberanti nel manifestare la loro esistenza. Il Pride, oltre ad essere un momento politico importante, è anche una festa di rievocazione dei moti di Stonewall del 28 giugno 1969, data a cui si fa risalire la nascita il movimento di liberazione gay moderno, nonché uno strumento di visibilità che ha nel coming out, cioè l’uscire allo scoperto, uno dei suoi motori e obiettivi».

Ovviamente sarete favorevoli ai matrimoni e alle adozioni per persone omosessuali.
«Assolutamente favorevole, ma non è tanto una questione di opinione, quanto una discriminazione riconosciuta non solo a livello europeo, ma anche dalla nostra Corte Costituzionale e di Cassazione. Per questo Arcigay chiede a gran voce il matrimonio, anche per non restare come sempre indietro alla storia, dietro a Inghilterra, Francia, Islanda, Spagna, Portogallo, Danimarca, Svezia, Norvegia, Olanda, Belgio etc. Per farsi un’opinione rispetto alle adozioni invece basta leggere qualunque studio esistente dove la possibilità di adozione è stata introdotta: i figli e le figlie di genitori omosessuali, stimati circa 100.000 in Italia, risultano avere le stesse potenzialità di tutti gli altri, con in aggiunta una maggiore propensione alla valorizzazione delle diversità e all’inclusione. Per questo abbiamo aggiunto al Pride di quest’anno la parola “Family”».

Link utili:
Family Pride
  
Arcigay Torino
Gruppo Giovani Arcigay Torino

 

Cosa ne pensate? Andrete il Family Pride?

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Categorie: Intercultura

Commenti (3)

  1. Giorgio ha detto:

    Sicuramente andrò al pride e credo che ci sia davvero da divertirsi riguardo la presentazione “festosa” o “singolare al mondo LGBT” di ogni manifestazione riguardo i diritti omosessuali.
    Al pride, invitanto amici eterosessuali, mi sono quasi messo a ridergli in faccia quando le loro risposte erano monotematiche: “Non sono mica gay, che vengo a fare”?
    Questo è confrontabile al guardare un telefilm sulla chirurgia, uno sulla musica… siamo tutti musicisti o chirurgi? Non abbiamo bisogno di appartenere a qualcosa per sentirci in dovere di collaborare a migliorarla.
    Concludo dicendo che l’espressione “mondo LGBT” sia in sé sbagliata. Non esiste un mondo omosessuale, e se esiste è perché forse non ci si sente abbastanza accettati nel mondo. Non nel mondo “normale”, ma nel mondo in generale. Siamo parte anche noi della comunità, che questo piaccia alle persone o meno.

  2. dario janese ha detto:

    Quest’anno, l’8 Giugno 2013, per la prima volta dal 2001 lascerò il Pride a chi ancora ci vuole credere.
    Io, come bisessuale, non sono più disposto a farmi prendere in giro da chi dice di rappresentarmi senza essere in grado di capirmi, senza aver mai chiesto niente anche per me, senza avere nulla in comune con me.
    Invito le centinaia di migliaia di persone bisessuali italiane a disertare questa farsa che non ha niente da dirci e niente da offrirci, e a lasciare i cugini gay da soli al loro autismo sociale, alla loro smania coniugale, alla servitù culturale che è il loro destino.

  3. Dimitri ha detto:

    Io credo che una certa cultura moderna ha portato a forme di smarrimento anche sullo stesso senso dei concetti. In balia delle mode del momento si provocano forme di entusiasmo che sfociano nel mondo contemporaneo in forme di individualismo esasperato.
    Parto dal presupposto per me essenziale e per niente retorico (anzi sono contrario a quella forma di politicamente corretto che non è altro che una forma di ipocrisia) che ogni persona è unica ed irripetibile ed in quanto persona ha pari dignità rispetto a tutte le altre persone.
    La fede cattolica in cui credo mi ha insegnato ad amare tutti gli uomini. E quindi per me è ovvio già di per sé che una discriminazione ad una persona è contraria al comandamento dell’amore.
    Il concetto di amore spesso però è confuso. Per un cattolico il concetto di amore è ben legato al concetto di verità, è un tutt’uno. Non si può piegare al modernismo e alle ideologie. Purtroppo, questo appiattimento pervade anche coloro che si definiscono cattolici. Ciò provoca una reazione inversa altrettanto pericolosa. Si passa cioè da posizioni che si confondono con il modernismo a posizioni che si confondono con l’ultra-conservatirismo. E queste realtà non fanno altro che alimentarsi paradossalmente.
    Il messaggio autentico per un cattolico non può slegarsi dalle Sacre Scritture, alla Sacra Tradizione e al Magistero della Chiesa. Quindi ogni forma di fanatismo e ideologia mondana, che magari porta come pretesto pure la religione, non fa che uscire da questa logica di verità.
    Immagino quali possono essere le reazioni sul concetto di verità e di Chiesa in questo mondo contemporaneo relativista. Ma il concetto di relativismo è di per sé contradditorio nella sua teoria. Infatti, nel momento in cui afferma che non esistono verità assolute impone esso stesso una verità assoluta. Non porta ad accettare che altri possono credere in una verità assoluta proprio perché la loro verità assoluta impone che nessuno possa manifestare collettivamente una verità assoluta. E che loro solo possono manifestarla. Direi che da forme di tolleranza si passa sempre più a forme di intolleranza. Per quanto se ne dica l’insegnamento cattolico non obbligherà coattivamente nessuno a credere nella propria verità assoluta. La Chiesa ha nel dovere affidatole l’evangelizzazione, lasciando pur sempre il libero arbitrio all’uomo. E le degenerazioni rimangono degenerazioni in un senso o in un altro e non hanno niente a che vedere con l’insegnamento autentico. Per di più, per quanto si cerca di propinare il contrario, il concetto di laicità non deve e non può negare la parola alla Chiesa. Proprio perché il concetto di laicità è basato sul fatto di garantire la pluralità di posizioni. Per quanto può sembrare assurdo secondo una certa mentalità, il concetto di laicità nasce proprio dal messaggio evangelico “Date a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio”, e non è una interpretazione data solo dal clero, ci sono anche giuristi che interpretano l’origine del concetto da lì. A questo concetto si lega il concetto di libertà religiosa, che non si può negare, come purtroppo succede in molti paesi, da quelli del Nord Europa ultra secolarizzate a quelli con presenze religiose diverse estremiste.
    Paradossalmente, sono fenomeni che comprendono stati con una impostazione univoca, direi uno stato che si crea una propria religione, che non lascia quella pluralità di posizioni che il concetto di laicità dovrebbe garantire e stati con una impostazione confessionale estremista, che evidentemente negano allo stesso tempo il concetto di laicità.
    Perché la posizione della Chiesa non può essere manifestata senza essere attaccati di ingerenza negando quella parità di cui si dichiara promotrice lo stesso movimento gay?! Io penso che ognuna abbia il diritto di esprimere la propria posizione e che poi il processo democratico deciderà cosa fare o no. La Chiesa Cattolica ha continuato la sua missione di evangelizzazione anche dopo le leggi sul divorzio e sull’aborto. Non ha invaso l’Italia perché con la sua legge è andata contro i valori stessi che la Chiesa ha il dovere di insegnare!
    La Chiesa è fatta di uomini e perciò di peccatori. Perciò, purtroppo, ci possono essere stati tanti sbagli in passato come nel presente da parte di singole persone, alcune delle quali magari hanno formato anche gruppi, che non hanno fatto altro che male alla Chiesa stessa. Benedetto XVI diceva sia prima di diventare Papa che durante il suo Pontificato che il male peggiore della Chiesa viene proprio all’interno della chiesa, da uomini evidentemente spinti alla corruzione, come ha ribadito anche Papa Francesco. Per altro, la Chiesa è qualcosa in più del singolo uomo peccatore.
    Tuttavia, coloro che la criticano per l’errore di alcuni uomini presenti nella realtà della Chiesa, al contrario di Papi che hanno chiesto perdono per i mali commessi da quegli uomini, mi sembra che non vedano i propri di sbagli. Spesso questa è anche una forma di ignoranza dettata dal bombardamento di messaggi e spot da parte dei mass media che ci portano a far pensare attraverso messaggi apparentemente etici e di amore che non c’è niente di sbagliato nei matrimoni omosessuali e nella possibilità di adozione da parte loro.
    Innanzitutto, si nega, anzi per di più non si conosce, che i movimenti omosessuali non solo non chiedevano i matrimoni ma ripudiava proprio la possibilità di sposarsi civilmente. Non voleva minimamente immischiarsi su queste cose che a detto loro non erano di proprio interesse, e parlo di movimenti omosessuali già direi “progrediti”, in particolare in Paesi con una concezione più modernista. Poi ad un certo punto negli ultimissimi decenni si è incominciato a cambiare rotta. Una spinta che viene tra l’altro non solo dalle lobby gay.
    Ritornando alla questione concetti si rinnega il concetto stesso di matrimonio così come inteso da sempre. Stride di per sé il concetto di matrimonio con il concetto di omosessualità. Non esiste una famiglia omosessuale dal punto di vista naturale. Non c’è possibilità di procreare figli in modo naturale da parte di una coppia omosessuale. E se lo stato ha incominciato a tutelare la famiglia è proprio per la possibilità di procreazione, per dare un incentivo in tal senso. Che poi lo stato non ne da concretamente di incentivi alla famiglia è un altro discorso. Ma l’impostazione è ben chiara dal punto di vista storico, nel senso delle radici da cui nasce la tutela giuridica. Classico è il caso di voler portare casi estremi come coppie eterosessuali sterili, ma evidentemente è un pretesto.
    Come anche il fatto di portare esempi di genitori eterosessuali che maltrattano i figli e di genitori omosessuali che amano i figli adottati, o di figli senza genitori. Evidentemente si vuole guardare sempre al caso particolare, senza andare alle radici e senza andare a vedere le prospettive nel lungo termine.
    Mi sembra ovvio che qualunque persona genitore che maltratta un figlio commetta un reato e che questo non ha niente a che vedere con la questione se di per sé un bimbo abbia il diritto di avere un padre e una madre o è indifferente. È evidente che dove il fenomeno dei matrimoni omosessuali e delle adozioni da parte loro c’è già da più di tempo le problematiche che si citano ora come esempio di coppia eterosessuale ci sono e ben oltre.
    Comunque la questione è capire come tutelare il soggetto più debole, il bambino. Io ritengo che ad ogni modo non vado nemmeno preferito il male minore e che vada garantito sempre un padre e una madre ad un bimbo. Come si vede questo porta ad evidenziare come ci sia sempre più una mentalità individualista, come il bimbo diventa la forma per esaudire un proprio desiderio, un proprio capriccio, senza tenere conto delle conseguenze. Perché non è vero che tutte gli studi dimostrano che questo non è di per sé un danno per un bimbo. E non voglio citare studi di estremisti.
    Aggiungo che, comunque se il punto di partenza è di per sé un danno per un bambino, ciò non esclude che possa crescere per grazia di Dio, come sempre, bene.
    Compito del legislatore in questa situazione è avere a cuore la tutela anticipata della parte più debole.
    È evidente come tutto ciò può provocare forme di suscettibilità diverse.
    Io credo nel modello proposto da sempre dalla Chiesa Cattolica, che è un modello che non va contro le persone, ma che vuole anzi salvarle anche da certe ideologie. Quindi l’amore nei confronti di una persona omosessuale va salvaguardato contro forme di discriminazione alla sua persona in quanto persona appunto. E penso che vadano riconosciuti alcuni diritti a chiunque per qualsiasi motivo ha un legame con una persona (possano essere anche due anziani non parenti e non omosessuali).
    Ma evidentemente da parte dei movimenti gender si vuole proprio portare avanti la loro ideologia. Dove c’è un processo di omogeneizzazione e di indifferenza di genere sessuale. Negando la differenza tra i generi.
    Ovviamente chi propone un modello diverso ha la possibilità di farlo democraticamente. E può anche arrivare alla legge che vorrebbe.
    Tutto questo però da parte mia non sarà vista come una conquista ma come una grande perdita, in una degenerazione di valori, che forse con il lungo tempo sarà più chiaro a qualcuno se non sia già di questa idea. Ho sentito, tra l’altro, di omosessuali che comunque non sono così d’accordo con le posizioni dei movimenti omosessuali.
    Per concludere, spesso tante battaglie sono state la strada per una ulteriore degenerazione.
    E la storia anche contemporanea ci dimostra come spesso lo smarrimento etico porta anche a conseguenze economiche negative. Il comunismo e il capitalismo sono falliti proprio anche per il loro ideologismo.
    La seconda guerra mondiale ha segnato il punto di fondo da cui poi si è ripartiti alla grande nel dopo guerra. Tuttavia, da qualche decennio è in atto una degenerazione sia nei principi che nell’economia e le due cose sono appunto strettamente connesse.
    Riconciliamoci con il Padre Misericordioso che tanto ci ama di un amore infinito! Cerchiamo di cogliere i segni dei tempi, senza farci accecare da ciò che è mondano!

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