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27 Giugno 2013
Larsen, il ritorno
Intervista al gruppo torinese che ha aperto il concerto degli Swans il 26 giugno presso l’Hiroshima Mon Amour
Silvia Calvi
Un rito di iniziazione al panta rei. Chi è sopravvissuto ai muri di suono, alle spasmodiche vibrazioni sopra e sotto al palco, si ricorderà del live di Swans e Larsen in virtù di un’accettazione inconscia del “tutto scorre”. Un concetto tanto caro ai filosofi, quanto presente nel non detto delle sonorità che le due formazioni hanno portato a Torino la notte del 26 giugno grazie all’organizzazione di Musica 90, marchiando a fuoco il palco dell’Hiroshima Mon Amour e regalando al pubblico un lento flusso di suggestioni oscure, un passaggio dall’alienazione straziante all’estasi e alla purificazione.
In apertura al concerto dei colossali Swans hanno suonato i torinesi Larsen, in un ritorno a casa dopo due anni di assenza, per una data tutta strumentale, con la partecipazione di Thor Harris (membro degli stessi Swans) ai fiati e alle percussioni, in aggiunta al quartetto base composto da Fabrizio Modonese Palumbo (gtr, electric viola), Marco “il Bue” Schiavo (drums, cymbals glockenspiel), Paolo Dellapiana (electronics, accordion, theremin) e Roberto Maria Clemente (gtr).
DigiTO è entrato dietro le quinte e ha fatto quattro chiacchiere con Fabrizio e Paolo, per scoprire i segreti e le anteprime di una band longeva quanto prolifica e conosciuta a livello internazionale.
18 anni di attività discografica e 14 album. Sentite il peso di questo percorso? Com’è ritornare in Italia e a Torino, dopo anni di attività all’estero?
«Quella di Torino è stata la nostra ultima tappa di un tour europeo di 50 date. Siamo molto stanchi ma anche soddisfatti e tornare a Torino ci rende felici, anche se per noi non è importante dove si suona, ma l’atmosfera che riusciamo a creare con la nostra musica. Abbiamo sempre cercato di fare di Torino il nostro centro, perchè ci piace ed è la nostra città, dove anni fa, per alcuni di noi alle scuole elementare e per altri al liceo, ci siamo conosciuti e siamo cresciuti insieme. Ci piace tornare di tanto in tanto e apprezziamo anche molti artisti locali, come Paolo Spaccamonti, con cui abbiamo lavorato parecchio. Tuttavia, anche se Torino è una città vivace a livello musicale, in Italia il mercato della musica non è grande e non c’è investimento sulla cultura. Per questo abbiamo preso la rotta dell’estero, già anni f»a.
Come siete cresciuti in questi 18 anni e com’è il vostro rapporto con Michael Gira, leader degli Swans e vostro primo produttore?
«Siamo cresciuti musicalmente e nelle nostre visioni umane e artistiche, che si amalgamano sempre sul palco, fino a formare qualcosa di omogeneo nella sostanziale eterogeneità dei nostri strumenti stessi. Con Michael Gira abbiamo un bellissimo rapporto, forse condizionato dal fatto che condividiamo lo stesso background e ci piacciono le stesse cose. Dal 2001, data in cui gli inviammo le nostre demo in forma anonima e fummo chiamati presso la sua etichetta, possiamo affermare di aver visto realizzato il nostro sogno, oggi ancora vivo più che mai. Da allora la formazione del nostro quartetto base si è allarga anche a Little Annie, con cui la collaborazione sarà stabile anche in futuro e non escludiamo di allargare sempre la partecipazione a qualche altro amico: ci teniamo sempre aperti perchè ci si diverte».
Le prospettive per il futuro: nuovi album in vista?
«Sicuramente incideremo un nuovo album il prossimo inverno, ma non sappiamo ancora a priori su quali territori ci spingeremo. Il nostro lavoro consiste nell’entrare in studio e registrare a forza di jam session successive. Non esiste composizione e lavorare in questo modo è sorprendente, perchè il risultato finale non è mai prevedibile ed è sempre frutto di un complesso divenire».
E voi siete stati al concerto? Vi è piaciuto?