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17 Luglio 2013

Al di là della parola con Alessandro Bergonzoni

Intervista all’attore e scrittore bolognese in occasione del sesto incontro di “Oltre i limiti” che domani sera lo vedrà protagonista

Federica Spagone

Alessandro Bergonzoni

Alessandro Bergonzoni domani sera sarà il protagonista del sesto incontro di “Oltre i limiti”

Giunge al sesto incontro la rassegna “Oltre i Limiti, che domani sera alle ore 21, eccezionalmente al Conservatorio “Giuseppe Verdi”  di piazza Bodoni, vedrà sul palco il noto scrittore, autore e attore teatrale Alessandro Bergonzoni, per l’incontro dal titolo ” Oltre i limiti della parola: Dentro i paradossi del linguaggio“. Bergonzoni si impegnerà a restituire alle parole il loro significato originale, giocando con il linguaggio, creando situazioni surreali e paradossali e comunicando al contempo nuove prospettive e visioni inconsuete quanto provocatorie della realtà, conducendo così lo spettatore oltre il quotidiano.
Presente sul palco come moderatore, il 
direttore artistico della Compagnia Assemblea Teatro di Torino Renzo Sicco.
Ma per comprendere meglio il tema della serata
avere qualche anteprima abbiamo incontrato proprio l’attore bolognese. 

Com’è nata all’inizio l’idea di giocare con le parole e che metodo applichi per riuscire a manipolare il linguaggio?
«Mi fa piacere partire da questo perché io non sono mai partito dalle parole, ma le parole per me sono state sempre un mezzo e domani sera lo dirò: le parole sono un limite e io uso il pensiero che è il modo per sorpassare questo limite. Non c’è parola se non è guidata dal pensiero e parto dal concetto che la fantasia, l’immaginazione, il surreale, il metafisico devono prendere il sopravvento. Chi vede in me un giocoliere del linguaggio, vede solo la punta dell’iceberg, perché sotto c’è l’atto del pensare, dell’immaginare e del “cambiare il verso”. Quindi non fare satira, non fare parodia, non fare imitazioni e dimenticare tutto quello che è la realtà intesa come gioco o ironia. Infatti ho sempre bandito dal mio lavoro l’ironia, ma ovviamente questo è un mestiere che richiede anche una poetica e una grammatica “ del pensiero”, questo significa non aver mai ceduto a lusinghe televisive e pubblicitarie, per non cadere dentro a un tunnel senza ritorno, che è quello del dare al pubblico quello che il pubblico si aspetta. L’obiettivo è invece sorprendere e al tempo stesso cambiare i connotati della parola».

Per creare un testo teatrale di questo tipo come si lavora e quanto è importante anche la regia?
«Con Riccardo Rodolfi, con cui faccio la co-regia, si fa prima un lavoro di accumulo di strati per poi passare a un lavoro di detrazione e pulizia del testo, ma dopo tutto questo c’è anche un work in progress, idea proprio di Riccardo, che mi ha cambiato il modo di lavorare. Le prime dieci o quindici date di ogni spettacolo sono in sostanza delle prove aperte al pubblico, dove si lavora direttamente sul palco e si prova il tutto e questo è l’assetto. Poi dato che improvviso molto poco e non amo l’improvvisazione in quanto tale, mi interessa essere proprio autore e lavorare con una sceneggiatura e non cambiare il testo a seconda delle notizie del giorno, cosa che invece avviene negli incontri».

Quindi cosa dovranno aspettarsi gli spettatori per l’incontro di domani?
«Come dicevo un incontro è diverso da uno spettacolo e quindi partendo dall’argomento “I limiti”, si spazierà tra arte, malattia, scrittura, politica, antropologia e filosofia».

Essendo un artista a 360 gradi, non ti poni limiti e hai realizzato anche l’opera “Il Sembra, l’Alzolaio” che sarà esposta al museo Ferragamo di Firenze, fino al 2014, puoi dirci qualcosa in più?
«Nell’opera, che è realizzata con Mimmo Palladino, con il quale avevo già lavorato per il Don Chisciotte insieme a Lucio Dalla e Beppe Servillo, c’è un connubio tra segno, arte e videoarte. Si è lavorato proprio sull’idea dell’abbinare il mio corpo e la fisicità alla voce, alla parola e ai segni di Palladino per far passare il concetto che non esistono delle categorie nette, che dividono la scrittura dall’arte o dalla poesia eccetera, ma tutte queste hanno dei fili, che io chiamo “fili adottivi”, che le legano e tirandone uno si spostano anche tutti gli altri. Oggi quando si parla di politica è una cosa e quando si parla di arte è un’altra, invece quando si parla di arte si parla anche di politica, si parla anche di antropologia, di uomo, di dolore, di rivoluzione ma soprattutto di rivelazione. L’arte è una rivelazione e poter lavorare con un artista come Mimmo Palladino, significa proprio non porre limiti a quello che invece normalmente in Italia è voluto, cioè, stare nel proprio campo. Come se poi esistessero dei campi».

Secondo te non esistono?
«No e infatti e ne parlerò anche nell’incontro: il medico non può stare nel proprio campo ma deve avere a che fare con l’arte del corpo e con l’arte del dolore. La stessa cosa deve fare il politico, che deve avere a che fare con la poesia e con quello che non centra con lui, ovvero con la letteratura. A forza di dividere questi spazi abbiamo ottenuto molta più ignoranza e una “potenza di distrazione” pesantissima».

Parlando invece della questione teatro, c’è ancora voglia ma soprattutto spazio per sperimentare in Italia?
«Il teatro in questo momento è bloccato per motivi di fondi e questi, per ricollegarci al tema di domani sera, sono i limiti della cultura: ci hanno spiegato che l’amministrare non può avere a che fare con la cultura perché con la cultura non si mangia e non si fa mercato. Quando la politica capirà che il teatro è una delle forme più importanti per non fare morire di sete e di fame un popolo, capirà anche che dover fare le rivoluzioni e le leggi per il lavoro, per l’assistenza e per la scuola, non significa appunto che il teatro non debba avere spazi per sperimentare. Quindi i fondi ci vogliono e in questo momento in Italia le compagnie che possono sperimentare, lavorare e dare al pubblico sono tante. Quello che manca è una volontà da parte delle istituzioni di credere nell’ambito artistico e culturale di un popolo, questa è una grandissima volgarità che i nostri amministratori continuano a permettere perché fa gioco. Oltretutto un popolo che non sperimenta, un popolo che non vive di teatro, che non vive di cinema, che non vive di ricerca è come un popolo che non cresce e non è intenzionato a crescere, è come un limite delle nascite e il teatro in questo momento come sperimentazione ha ancora un potenziale di nascita inespresso potentissimo».

Link utili:

Il programma completo di “Oltre i Limiti”

Il sito ufficiale di Alessandro Bergonzoni

 

Vi incuriosisce questa visione dell’arte? Andrete a vedere l’incontro?

 

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Categorie: Cultura

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