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22 Gennaio 2014

Lettera a un politico

Oggi pubblichiamo lo sfogo di una nostra lettrice, Stefania, laureata in cerca di lavoro, che nonostante la crisi crede ancora nell’Italia e qui vuole restare
Un altro giorno sta per finire. Nella mia famiglia si è soliti, dopo cena, trovarsi tutti insieme nel salone di casa, a guardare la tv o semplicemente a giocare e parlare delle vicende quotidiane. Ma, oggi, proprio non riesco a fingere che tutto vada bene. Mi chiudo in camera e decido di scrivere queste poche righe di sfogo, perché penso che ognuno di noi abbia il dovere e il diritto di contribuire a migliorare questo Paese, anche sottolineandone gli aspetti più critici, perché oggi regna sovrano il silenzio, la finzione, le finte rassicurazioni ma, come la gente “comune” ben sa, la realtà in cui viviamo è ben lontana dal mondo idilliaco in cui ognuno di noi sperava di vivere.

Mi presento: sono Stefania, ho 26 anni e vivo con la mia famiglia in una piccola cittadina in provincia di Torino. Mi sono laureata a 23 anni alla facoltà di Giurisprudenza di Torino. Nella mia famiglia lavorava solo mio padre così durante tutto il periodo universitario, mentre studiavo, cercavo qualche impiego per poter essere più indipendente e contribuire alle quotidiane spese famigliari.
Nonostante questo, grazie a tanti sacrifici e determinazione, al termine di un impegnativo percorso di studi mi sono laureata presso l’Università di Torino, iniziando subito dopo il mio periodo di praticantato presso diversi Studi legali. Ho trascorso due anni a fare su e giù per la città, il tutto per una contribuzione che, al massimo, ha raggiunto i 300 euro mensili, per 8 ore giornaliere; 300 euro che, considerando le spese per la benzina, il parcheggio a pagamento, svanivano nel nulla.

In attesa dell’esame di Stato ho dovuto, per scelte economiche,  abbandonare il “mondo” legale per svolgere i lavori più diversi, dall’addetta call-center alla commessa. Ero indecisa, preoccupata per il mio futuro ma di certo non potevo buttare al vento tutti i sacrifici fatti. Studiavo e lavoravo ancora e ancora.
È già passato più di un mese dalla prova scritta per il conseguimento del titolo di avvocato e mi ritrovo a casa, senza lavoro e senza speranza, perché in questo Paese non c’è più spazio per il lavoro, non c’è più vita.
Passo intere giornate a inviare curriculum a destra e a sinistra, per qualsiasi attività, e vago per la città, nei negozi, nei supermercati, ma la risposta è sempre la stessa: “Siamo desolati, non assumiamo più, è già tanto che riusciamo a rimanere ancora aperti”, “Mia figlia è nelle tue stesse condizioni”, “Le tasse ci stanno uccidendo”. Nel mio ambito o sei avvocato e allora puoi sperare di guadagnare un po’ o non vali niente, la paga è sempre la stessa, non interessa se hai esperienza o meno, si parla sempre di 300 euro. La tristezza regna sovrana.

La mia è una voce come tante… per questo vorrei che la gente che legge queste righe si facesse sentire, in un unico disperato grido di “aiuto”, nel tentativo di salvare questo Paese che tanto amiamo nel profondo del nostro cuore. L’Italia è fatta da italiani, che hanno sempre lavorato e combattuto; l’Italia non è un popolo di vigliacchi.

È triste fare tanti sacrifici, studiare duramente e arrivare al termine di un percorso universitario, realizzando di non aver raggiunto nessun obiettivo, di aver ottenuto una laurea in una delle Facoltà una volta fra le più più ambite e scoprire di avere tra le mani un mero foglio di carta, senza valore. Farei qualsiasi lavoro ma ormai risulto troppo qualificata, difficilmente otterrò un’assunzione.
È triste vedere i propri genitori con le lacrime agli occhi nel sapere i propri figli senza lavoro, costretti a vivere su una corda con la paura che si possa spezzare da un momento all’altro.
È triste vedere un padre che non sa come comprare lo stretto necessario per la propria famiglia.
E’ triste vedere i poveri anziani che non sanno neanche cosa mangiare.
E’ triste vedere alla tv immagini di ricchi politici che litigano tra loro per le sorti di un Paese che sta cadendo a pezzi, giorno dopo giorno, e vedere video di personaggi famosi che si godono la vita senza aver conseguito alcun particolare merito.

E allora cosa possiamo dire a nostri figli? Di non studiare più ma sperare di diventare un calciatore o una velina? E noi giovani per cosa continuiamo a studiare? Forse per andare all’estero, ormai.
Io però ho deciso di rimanere qui, per cercare nel mio piccolo di combattere, ho deciso di restare in questo Paese, perché qui sono nata e qui vorrei tanto poter creare una famiglia tutta mia e crescere i miei figli. Ma a noi giovani è stato precluso anche questo, il sogno di poter coronare la favola con la quale tutte noi da bambine siamo cresciute.

Ho 26 anni vorrei tanto sposarmi e vivere con il mio compagno ma mi ritrovo a casa dei miei genitori, perché non posso affittare casa senza un lavoro stabile, ma soprattutto perché non so quando riuscirò a trovarlo.
Mi chiedo ora come in questo Paese una coppia giovane possa riuscire a sposarsi, avere una casa e dei figli. Come si fa? Oggi non si può essere così imprudenti da mettere al mondo un bambino senza sapere come poterlo crescere.

Quante domande… forse troppe che non hanno risposte concrete.
Questa non è una lettera solo di protesta ma è una lettera di disperazione, che mostra una realtà dove la gente non ha più serenità, si sente abbandonata e non crede più in niente, è costretta a morire piano piano nel silenzio della crisi che ci sta divorando.
Io voglio crederci, crederci ancora ma l’Italia deve risorgere.

Questo vuole essere un appello ai politici che ci rappresentano, gli unici che possono cercare di far cambiare qualcosa, di aprire gli occhi, di smettere di raccontare che la crisi è finita… noi siamo stanchi di parole e bugie. Chiedo ai nostri politici di aprire i loro cuori, pensando, anche solo per un attimo, al panettiere, all’operaio, al militare, all’artigiano, a tutta quella gente onesta che lotta contro le tasse quotidiane e gli ostacoli di ogni giorno, pensando ai giovani che ormai non hanno più la possibilità di crescere e di costruirsi  un futuro.
Caro politico… abbandona, anche solo per un attimo, la tua posizione, il tuo potere, il tuo benessere e fai un giro tra la gente, mettiti nei panni di un artigiano che ogni giorno apre la sua bottega e non sa come sfamare la sua famiglia, mettiti nei panni di un padre che non sa più cosa promettere ai suoi figli, mettiti nei panni di noi giovani ed aiutaci a non farci scappare più da questo Paese.
Fate qualcosa di concreto o saremo costretti noi italiani ad emigrare altrove, come sta succedendo ai Paesi del terzo mondo.

Caro Papa, rivolgo questa lettera anche a Te: ti prego cerca di infondere a tutte le persone e soprattutto ai noi giovani la fede per andare avanti, per affrontare la vita di tutti i giorni nell’onestà e secondo i valori che Dio ci ha insegnato. Ho il desiderio di sposarmi per giurare davanti al Signore il mio amore e farmi una famiglia tutta mia, rivolgo anche a Te un grido di speranza per poter credere che la mia favola, come quella di molte altre ragazze, possa ancora realizzarsi.

Stefania
Una voce come tante, una laureata senza lavoro, ma una persona che ancora vuole crederci.

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Categorie: Lavoro

Commenti (2)

  1. vincenzo ha detto:

    Grandissime e verissime riflessioni,bisognerebbe che tutti noi giovani prendessimo esempio da questa ragazza e copiassimo questa lettera a nostro nome e divulgarla il più possibile,bisogna farci sentire da tutti.Brava Stefania.

  2. vincenzo ha detto:

    io lo farò con i politici della regione sicilia,con questa lettera,a nome mio e di tutti i giovani.

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