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3 Aprile 2014

Per le madri del Senegal

Due rappresentanti dell’associazione  Ritmi Africani parlano del progetto per la realizzazione di due reparti di maternità nei villaggi di Diakine e Diourou

Matteo Tamborrino

Uno dei reparti di maternità inaugurati lo scorso 8-9 marzo

Ritmi Africani è un’associazione torinese di volontariato nata nel 2001 con l’intento di sviluppare progetti di solidarietà volti ad affermare i diritti fondamentali alla salute, all’istruzione e alla qualità della vita dell’uomo. Attualmente attiva in quattro regioni del Senegal con progetti in ambito sanitario, educativo, agricolo e a sostegno delle donne, l’associazione si basa su due principi fondamentali: l’auto-organizzazione delle comunità locali e la non-violenza.
A marzo scorso nei villaggi di Diakine e Diourou, che si trovano nella regione più meridionale del Senegal, la Casamance, sono stati inaugurati due reparti di maternità, realizzati dagli abitanti del luogo con l’aiuto dell’associazione senegalese Coeur-Action e il sostegno di Ritmi, attiva a Diakine e Diourou fin dal 2007: in precedenza sono stati costruiti ad esempio biblioteche e sistemi di pompaggio dell’acqua per l’irrigazione degli orti comunitari. Com’è nata allora l’idea di sostenere questo progetto? A raccontarcelo sono Ileana Prezioso, fondatrice di Ritmi Africani, e Marina Imocrante, una delle volontarie presenti all’inaugurazione dei due reparti.

Per impiantare i due reparti di maternità a Diakine e Diourou avete collaborato con Coeur-Action . Volete parlarci di questa esperienza?
Ileana Prezioso: «L’associazione Coeur-Action è costituita dai volontari senegalesi con cui collaboriamo fin dal 2001 e che sono attivi in diverse regioni del Senegal. I progetti a Diakine e Diourou sono nati in seguito a numerose riunioni di villaggio e il lavoro è stato organizzato di comune accordo: tutti i lavori di costruzione, per esempio, sono stati portati avanti dagli abitanti del posto, coordinati da uno o due tecnici specializzati, sempre senegalesi; allo stesso tempo i due villaggi hanno messo a disposizione i terreni che ospitano le strutture, e scelto le loro future ostetriche, che hanno seguìto un apposito corso di formazione presso l’ospedale di Bignona, mentre noi in Italia abbiamo sostenuto economicamente i due progetti, attraverso attività di raccolta fondi. I costi sostenuti per ciascun reparto maternità sono stati pari a 8.500 €. L’impegno di entrambi i villaggi è stato straordinario, soprattutto a Diakine, dove il reparto maternità è stato costruito ed equipaggiato in soli cinque mesi».

Perché avete scelto di avventurarvi proprio in questo progetto di sostegno?
Marina Imocrante: «Il progetto dei centri maternità è nato direttamente dalle esigenze delle comunità rurali locali: l’entusiasmo delle donne e la volontà di impegno concreto del resto della popolazione di Diakine e Diourou ci hanno portato a decidere di sostenere economicamente la costruzione e l’equipaggiamento delle maternità. In Senegal, infatti, il tema del diritto alla salute e il problema dell’impossibilità di ricevere cure ed assistenza adeguate, dovuto alla carenza di mezzi delle strutture sanitarie locali, al costo elevato delle prestazioni mediche e alla corruzione dilagante, sono molto sentiti. In più nei due villaggi, vista il pessimo stato delle strade e l’assenza di mezzi di trasporto, le donne in procinto di partorire erano obbligate a incamminarsi a piedi verso l’ospedale, percorrendo fino a 15 km e rischiando di mettere al mondo i propri figli lungo il tragitto, nella foresta. Le due maternità, inoltre, non serviranno solo Diourou e Diakine, ma anche i villaggi circostanti».

Com’è stato il giorno dell’inaugurazione?
M. I.: «I giorni dell’inaugurazione, l’8 marzo a Diakine e il 9 a Diourou, sono stati davvero emozionanti ed estremamente partecipati dalla popolazione locale. A Diakine, gli abitanti hanno organizzato una cerimonia in grande stile, alla quale sono stati invitati i membri dei villaggi rurali limitrofi e il personale medico dell’ospedale più vicino, quello della cittadina di Bignona. L’inaugurazione è stata l’occasione per un momento di sensibilizzazione, ad opera del personale sanitario senegalese, sull’importanza della maternità, sul ruolo e le mansioni dell’ostetrica e sulle norme comportamentali e sanitarie da seguire durante la gravidanza. La cerimonia si è conclusa con un festoso e abbondantissimo pranzo offerto dalle famiglie. A Diourou, invece, l’inaugurazione è stata più raccolta, ma non meno sentita: qui la realizzazione del progetto infatti ha avuto tempi più lunghi, ragione per la quale alla cerimonia di inaugurazione è seguita una riunione con gli abitanti del villaggio, per fare il punto sulle difficoltà incontrate e organizzarsi per la gestione delle attività future».

Che idea ha la società occidentale del continente africano?
I. P.: «L’idea di Africa diffusa in Italia, e in Occidente in generale, è purtroppo ancora quella stereotipata di un continente povero e senza risorse proprie, perennemente affamato e bisognoso di assistenza caritatevole. Quando si pronuncia la parola “Africa”, troppe persone hanno in testa la classica immagine del bimbo nero in lacrime, con la pancia gonfia e le mosche sugli occhi. Esiste anche una visione “positiva” di Africa, ma altrettanto stereotipata: quella di un luogo abitato da persone sempre sorridenti, che nonostante le difficoltà non perdono occasione per suonare e ballare. In realtà, e per fortuna, l’Africa è molto altro. Si tratta innanzitutto di un continente costituito da stati diversissimi tra loro, le cui società in molti casi attraversano oggi un momento di fermento economico e sociale. Sono Paesi dove si ha sicuramente più bisogno di opportunità e di investimenti responsabili che non di assistenzialismo e beneficenza. Non voglio con questo dimenticare i conflitti in corso e le situazioni di emergenza umanitaria che esistono in alcuni Paesi africani; intendo però sottolineare la necessità di guardare a questo continente nella sua attuale complessità e dinamicità, senza pregiudizi. Per questi motivi, tutte le nostre attività si basano sull’auto-organizzazione delle comunità locali, in modo da cercare di mettere in moto processi di sviluppo reale e a lungo termine, cominciando dalla scoperta da parte delle persone della fiducia nei propri mezzi e nelle proprie capacità».

Per concludere, come si può entrare a far parte dell’associazione?
I. P.: «Chiunque può diventare volontario di Ritmi Africani: non richiediamo capacità e conoscenze specifiche. I requisiti dell’aspirante volontario dovrebbero essere la condivisione dei nostri principi ispiratori, il desiderio di avvicinarsi a una cultura diversa dalla propria per stabilire un rapporto di dialogo e di scambio. Non organizziamo campi di lavoro e neppure viaggi di turismo responsabile perché crediamo che il volontariato sia un percorso di crescita, di conoscenza di sé stessi e degli altri che non può completarsi o esaurirsi nel tempo di una vacanza alternativa. Organizziamo periodicamente incontri informativi e formativi per gli aspiranti volontari, in cui tentiamo di sottolineare gli aspetti che caratterizzano le nostre modalità operative e soprattutto quegli elementi culturali che permettono a un nuovo volontario di avvicinarsi al mondo senegalese, che è molto variegato vista la presenza di diversi gruppi etnici, sociali e religiosi».

Link utili:
Ritmi Africani

Siete mai stati volontari in un’associazione? Che idea avete dell’Africa?

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Categorie: Intercultura

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