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27 Ottobre 2014
I Granai della Memoria, a guida dei nuovi ribelli
Al Salone del Gusto un progetto dell’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo per conservare i saperi e ispirare chi si batte per un futuro migliore
V.M.
La memoria guida i ribelli, il titolo della conferenza presentata al Salone del Gusto sabato 25 ottobre, trae il suo nome da una favola di Luis Sepulveda: si tratta della storia di una lumaca che incontra una tartaruga chiamata Memoria, molto interessata alla convivenza tra uomini e natura. Alla fine del racconto la tartaruga battezzerà la lumaca chiamandola Ribelle. Ed è su questo che si basa l’idea dell’incontro organizzato dall’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo: è la memoria a riconoscere i ribelli.
NUOVI RIBELLI E PERIFERIE
“Ribelle” è un concetto che utilizziamo nelle nostre vite molto comunemente, molto spesso in maniere impropria. Che cos’è la ribellione? È un valore molto significativo, è qualcosa che ristabilisce, recupera le cose importanti che sono andate perse. I ribelli, i fautori di questo atto contro l’ordine costituito, nascono spesso nelle periferie del mondo, siano esse geografiche o produttive e la conferenza ha proposto un interessante viaggio attraverso queste periferie.
È stato dato spazio innanzitutto a Juha Pentikäinen, professore dell’Università di Helsinki che ha portato la testimonianza di una periferia geografica insolita: quella dell’Artico. Nella cultura nordica le tradizioni hanno ancora un valore molto sentito nella popolazione, le memorie del passato vengono trasmesse di generazione in generazione attraverso i canti popolari. Queste tradizioni sono raccontate in un libro del professore, dal titolo La mitologia del Kalevala.
Ha preso poi parola Guido Turus, esponente di una periferia produttiva: il sistema delle bioresistenze. Protagonista di questo progetto è il grande patrimonio rappresentato da un certo tipo di agricoltura: quell’agricoltura che opera per i beni comuni, conscia del concetto di complessità dell’ambiente .Un’agricoltura che è azione di salvaguardia dei diritti e della legalità, di tutela del territorio, del paesaggio, della biodiversità. Il termine bioresistenze vuole descrivere una pluralità di azioni che ruotano attorno a un “sano” rapporto con il territorio, dimostrando che l’agricoltura non è solo azione economica-finanziaria. Turus ha portato la testimonianza di uno degli agricoltori aderenti al progetto, Federico, che ha raccontato: «Ho ricominciato a fare il lavoro di mio nonno ed è una cosa che mi rende molto felice. Faccio ciò che lui mi ha insegnato, portando però dei cambiamenti, delle innovazioni».
SAPERI E FUTURO
Innovazioni che, però, per essere positive devono necessariamente passare attraverso la memoria. Ed è proprio su questo assunto che si basa il concetto di “Granai della memoria”, progetto dell’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo: l’idea che non ci sia una cesura tra i saperi tradizionali e i saperi moderni, ma che, anzi, i saperi passati siano funzionali a quelli presenti, perché le memorie vengano intese non solo come sguardo rivolto a ciò che è stato, ma come uno strumento per ripensare e rimodellare il futuro.
Il progetto ha affascinato molto anche un importante nome della politica, Cécile Kyenge, ospite speciale della conferenza: «I granai della memoria sono come il nostro Dna sociale: una mappa delle nostre vite che non dovrebbe mai essere dimenticata – ha dichiarato – Dentro i granai della memoria si possono trovare molte risposte a quello che ci sta capitando oggi. Se usati e conosciuti da tutti, possono essere utilizzati per il nostro bene, per accompagnarci consapevolmente nello sviluppo e nel cambiamento. Per questo ritengo che il progetto sia lungimirante, e che debba essere esteso a tutto il mondo».
La conferenza si è conclusa con le parole di Piercarlo Grimaldi, Rettore dell’Università di Scienze Gastronomiche, che rifacendosi ad una frase di Saramago ha detto: «La morte è il finire del nascere. La morte, per noi, dev’essere così intesa: smettere di costruire memorie».
Niente e nessuno muore, dunque, finché abbiamo il coraggio, e talvolta il dolore, della memoria.