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10 Febbraio 2016
In ricordo delle Foibe
Da dodici anni il 10 febbraio è il giorno dedicato a tutti gli italiani scomparsi nelle cavità carsiche del nord est alla fine della guerra per mano dei partigiani jugoslavi
Alessia Galli della Loggia
Oggi, esattamente due settimane dopo la Giornata della Memoria, si celebra il Giorno del Ricordo, per non dimenticare le migliaia di vittime delle Foibe tra il 1943 e il 1945 in Istria, Dalmazia e Venezia Giulia per mano del comunismo jugoslavo.
LA NATURA TRASFORMATA IN CIMITERO
Le foibe, termine derivante dal dialetto giuliano, sono cavità carsiche naturali in cui in quegli anni sono stati gettati migliaia di corpi – ma anche persone ancora in vita – legati l’un l’altro con del fil di ferro, tutti italiani nel mirino dei partigiani jugoslavi.
Il 30 marzo 2004 è stata istituita la Giornata Nazionale del Ricordo in memoria di queste vittime, dell’esodo giuliano-dalmata che ne seguì e della vicenda del confine orientale, grazie alla Legge n. 92 con cui l’Italia si impegna a commemorare il tragico evento storico e a promuovere iniziative a riguardo.
“CON-MEMORARE”, OVVERO RICORDARE
A Torino oggi sono molti gli appuntamenti. Il Museo Diffuso ha organizzato una serie di eventi iniziati lo scorso 6 febbraio, che si protrarranno fino al 20. Inoltre serata il cinema Massimo propone per il quinto anno consecutivo una rassegna cinematografica in ricordo dell’esodo giuliano-dalmata; l’appuntamento è alle 20.15 in sala 3, ingresso libero.
In realtà è possibile riflettere tutti i giorni su questa ricorrenza: non tutti sanno che il giardino tra i corsi Molise e Grosseto si chiama “Vittime delle Foibe”.
DALLA STORIA AL PICCOLO SCHERMO
Negli ultimi anni anche la televisione ha promosso il ricordo delle Foibe. Il 6 e il 7 febbraio 2005 Rai 1 trasmette la miniserie Il cuore nel pozzo, fiction suddivisa in due puntate e seguita da 8.830.000 telespettatori. La trama è ambientata nell’Istria del 1943, quando il partigiano Novak parte alla ricerca del figlio Carlo, avuto in seguito alla violenza su un’ italiana, Giulia. La donna, per difendere il figlio dall’ira paterna, nasconde il bambino in un orfanotrofio affidandolo al parroco Don Bruno e preferendo morire per mano del suo carnefice pur di custodire il segreto. Non è una ricostruzione storica, ma la storia funge da sfondo nello sviluppo della trama e la serie è nata con l’intento di dare spazio ad una vicenda che prima di allora non aveva avuto un ruolo principale sul piccolo schermo.
Se volete approfondire la questione, consigliamo anche la visione di Magna Istria, documentario del 2011 che traccia le tappe di una giovane protagonista torinese alla ricerca di un’antica ricetta istriana presente sul libro di ricette della nonna. Un viaggio che, nella ricostruzione della modalità di preparazione originale e delle proprie radici, offre la possibilità di riscoprire una terra macchiata dalla storia.
Articolo puntuale e dettagliato, con buona capacità di sintesi; misurato e sereno nell’analisi.