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1 Giugno 2016
Scienz(i)a.TO: il pugnale extraterrestre di Tutankhamon
Questo mese parliamo di un manufatto egiziano molto particolare, di architettura neandertaliana e di brevetti della Nasa rilasciati nel pubblico dominio
Andrea Di Salvo
Bentornati alla rubrica di Digi.TO dedicata alle notizie scientifiche salite alla ribalta nelle ultime settimane: quelle che riportiamo oggi sono legate all’archeologia e alla tecnologia.
IL PUGNALE METEORITICO DI TUTANKHAMON
Il corredo funebre di quello che forse è il più noto faraone vissuto nel XIV secolo a.C. conta circa 6.000 oggetti. Tra monili, oggetti rituali, mobilio e altri suppellettili sono stati rinvenuti sul corpo mummificato di Tutankhamon due pugnali con fodera in oro. Uno di questi, della lunghezza di 34 cm, è particolarmente prezioso per via della sua lama: il ferro di cui è composta non è di origine terrestre ma proviene da un meteorite, probabilmente rinvenuto nel deserto. Lo ha dimostrato uno studio italo-egiziano pubblicato su Meteoritics & Planetary Science guidato da Daniela Comelli del Politecnico di Milano, in collaborazione con altri istituti tra cui il Dipartimento di Scienza Applicata e Tecnologia del Politecnico di Torino.
Attraverso una tecnica a raggi X è stato possibile analizzare la composizione chimica del pugnale, scoprendo che la concentrazione di nichel si attesta intorno al 10%, un valore molto più alto di quello di altri manufatti realizzati con ferro proveniente dalle cave (circa 4%). Inoltre la presenza di tracce di cobalto al 0.6% ha confermato la natura meteoritica del materiale.
Per lo studio si è usata la spettrometria Xrf: si investe con raggi X (una radiazione più energetica di quella visibile) il materiale da analizzare, eccitandone gli elettroni. Alcuni di essi verranno promossi a uno stato energetico superiore a causa di questo stimolo, portando il sistema a uno stato di non equilibrio. Come conseguenza, si ha un rilassamento dell’atomo investito, cioè un altro elettrone – a un livello energetico più basso del precedente – andrà ad occupare il posto del primo, causando l’emissione di altri raggi X che potranno essere raccolti e analizzati. Questa radiazione in uscita porta la firma dell’elemento chimico che l’ha emessa, identificandolo in modo univoco e determinandone quindi la concentrazione.
UN NEANDERTHAL PER ARCHITETTO
Nel sud-ovest della Francia, all’interno della grotta di Bruniquel, sono state ritrovate delle strutture circolari realizzate con pietre e rimaste nascoste per migliaia di anni. Molte migliaia, perché una ricerca pubblicata su Nature le data intorno ai 176 mila anni fa, attribuendone la realizzazione ai Neanderthal, a quell’epoca gli unici abitanti umani del continente europeo. I cerchi sono formati da 400 stalagmiti organizzate in una struttura di 6,7 metri di diametro e in un semicerchio più piccolo oltre ad altre accumulate all’interno della grotta. Sulle stalagmiti sono presenti anche crepe e macchie rosse e nere, che indicherebbero l’accensione di fuochi sulle cime delle stesse: la padronanza del fuoco è una delle tecnologie che avevano in comune con noi Sapiens.
Il ritrovamento è importante in quanto la costruzione implica una certa complessità sociale della comunità: dall’ideazione mentale alla sistemazione delle pietre (oltre due tonnellate di stalagmiti) alla costante necessità di illuminazione, essendo il sito a più di 300 metri dall’ingresso della grotta. La destinazione della caverna rimane al momento un mistero, poiché sono stati trovati solo frammenti bruciati di ossa forse appartenenti a un orso o a un erbivoro di grossa taglia. Si ipotizza comunque che potesse essere un riparo dai rigori della glaciazione o avere una funzione rituale. Gli scavi potranno dirci qualcosa di più.
INVENTORI SPAZIALI
A inizio maggio la Nasa ha reso pubblici altri 56 brevetti di tecnologie sviluppate nei suoi laboratori, che si vanno a sommare agli oltre 1.000 già presenti e rintracciabili sul suo database.
Chiunque può quindi fare una ricerca tra brevetti di elettronica, biotecnologie, robotica, software e molti altri ambiti che, sebbene inizialmente sviluppati per i programmi spaziali, hanno campi di applicazione molto ampi. Per esempio una tecnologia sviluppata per le future missioni marziane – che potrebbe convertire le sostanze presenti in situ sulla superficie di Marte in carburante, ossigeno e acqua potabile – ha aiutato a trovare un metodo più economico per immettere le bollicine nella birra.
Se proprio non volete diventare mastri birrai anche voi, potrete comunque trovare, tra metodi per produrre nanotubi di carbonio o sistemi per purificare l’acqua con l’alta tensione, una nuova applicazione meno spaziale e più terrestre.