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7 Giugno 2016

Americanate: gli Stati Uniti pop

Intervista a Marta Ciccolari Micaldi, esperta di Made in Usa, che da domani a Torino organizza un ciclo di incontri sui cliché culturali del paese a stelle e strisce, dal Superbowl ai cowboy

Stella Giorgio

La libreria Therese di Torino ospita il ciclo di incontri "Americanate"

La libreria Therese di Torino ospita il ciclo di incontri “Americanate”

Marta Ciccolari Micaldi, in arte La McMusa: giornalista, blogger e guida letteraria. Si divide tra l’Italia e gli Usa, questi ultimi raccontati nel suo blog con uno sguardo moderno e spigliato, nei corsi e nei viaggi che propone.
In occasione del ciclo di incontri Americanate, che Marta curerà presso la Libreria Therese di Torino (primo appuntamento domani 8 giugno alle 19, il tema è il Superbowl), le abbiamo rivolto alcune domande.

Come nasce l’interesse per la letteratura e per la cultura nordamericana?
«Ho seguito all’università un corso di Barbara Lanati che mi ha cambiato la vita. Da qui nasce la passione verso la letteratura americana, giovane e sconsiderata rispetto alla nostra, che invece rimane ancorata a molto sovrastrutture. Della letteratura americana mi ha colpito il suo slancio teso al futuro, insieme al rapporto più informale e vicino al lettore. Successivamente ho conseguito un master e poi ho trascorso un mese nell’Illinois, lì ho potuto vivere sulla mia pelle l’autentica vita americana, le province, le famiglie… Il blog nasce dopo, dal viaggio nel Midwest che ho intrapreso da sola, in cui è maturato il desiderio di contagiare anche altre persone con la mia passione e l’idea di America che mi ero fatta».

Che approccio adotti?
«Utilizzo un stile informale, non accademico. Nei miei corsi oltre alla letteratura porto molto altro materiale che appartiene alla cultura nordamericana, come serie tv, film, giornali. Quella che sostengo è una “pop-revolution” che consiste nella trattazione di fenomeni culturali di successo, come per esempio Cinquanta sfumature di grigio e Grey’s Anatomy. Sono prodotti che oltre a essere consumati nel loro contenuto di intrattenimento vanno anche analizzati come fenomeni di un certo tempo. Nei miei corsi il tema fondamentale è il connubio tra letteratura e geografia: propongo infatti un turismo dell’immaginazione, cioè dei viaggi letterari in uno stato o in una precisa zona dell’America. E da questi viaggi dell’immaginazione a veri e proprie esperienze guidate sul posto il passo è stato breve».

In che modo la cultura Usa ha influenzato i giovani italiani delle passate generazioni? Secondo te esiste ancora oggi questo sguardo d’ispirazione agli Usa?
«La generazione tra gli anni ’70 e gli anni ’90 è stata sicuramente molto influenzata dalla rivoluzione della tv come forma primaria di intrattenimento. Oggi l’influenza americana è ancora presente ma in maniera più critica. I prodotti d’intrattenimento migliori vengono sempre da lì, ma abbiamo più strumenti per farli nostri, quindi il flusso di influenza non è più unidirezionale ma viene maggiormente controllato».

Uno dei molti cliché sul mondo Usa è quello del “sogno americano”: rimane ancora intatto al giorno d’oggi?
«Quando è nato dai padri pellegrini, il sogno americano significava l’arrivo in una terra promessa e la possibilità, con tutto l’impegno e gli sforzi necessari, di ottenere il proprio successo. È un ideale cambiato nel tempo, ma la spinta verso il futuro e verso la felicità rimane uno dei pilastri fondamentali. Non ho mai provato questo in Italia, la sensazione cioè di avere la mente libera e che impegnandomi a fondo avrei comunque trovato i mezzi e i modi per farcela. Negli Stati Uniti da una parte c’è questa spinta in avanti, dall’altra un Paese pieno di contraddizioni che continua a essere razzista e classista. Il successo di Trump lo dimostra».

Ultima domanda: sei in un torrido deserto e hai a disposizione solo due oggetti, uno dagli Usa e l’altro dall’Italia. Che cosa scegli?
«Dall’America porto sicuramente un libro, Città in fiamme di Garth Risk Hallberg: non l’ho ancora letto e si dice che sia il futuro della letteratura americana. Dall’Italia, dalla Calabria, porto melanzane e peperoncino, così unisco il cibo alla letteratura e nel deserto non mi annoio e non sto a digiuno!».

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Categorie: Cultura

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