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15 Giugno 2016

Il bello di suonare per strada: è la Festa della Musica

Intervista ad Alberto Cipolla, uno degli oltre mille musicisti coinvolti nella quinta edizione della rassegna che si svolgerà nel centro della città dal 17 al 21 giugno

Stella Giorgio

Il musicista torinese Alberto Cipolla

Il musicista torinese Alberto Cipolla

Oltre 220 concerti, 1350 artisti, 44 punti spettacolo: questi alcuni numeri legati alla quinta edizione della Festa della Musica – incentrata quest’anno sul tema della Terra – che dal 17 al 21 giugno animerà il Quadrilatero Romano con spettacoli e divertimenti pensati per tutti.
Per l’occasione abbiamo intervistato Alberto Cipolla, 28 anni, pianista, compositore e cantante torinese, che si esibirà sabato 18 in Piazza Corpus Domini dalle ore 23.15.

Quando hai conosciuto la Festa della Musica?
«L’ho conosciuta nel 2012: un amico che lavora nell’organizzazione mi aveva accennato dell’evento mentre era in fase di “costruzione”. Il fatto che ci fosse allora un’intera giornata dedicata alla musica dal vivo, libera e sparsa in tutti gli angoli del centro, mi sembrava bellissima, un ottimo modo per far conoscere a più persone possibili la propria musica e scoprirne altrettanta senza fare alcuna fatica, o quantomeno, solo quella di passeggiare per le vie di Torino».

Che effetto fa suonare per strada, per un pubblico che cambia continuamente?
«Scenograficamente funziona moltissimo. Il fatto che il pubblico cambi sempre e che per la maggioranza dei casi non sia lì solo per te esige che qualcosa che superi una semplice playlist di canzoni per catturare l’attenzione. Il pubblico in strada va saputo acchiappare e inoltre bisogna anche essere abbastanza reattivi per sfruttare qualsiasi cosa succeda e interagire con i presenti. È sicuramente una gavetta ottima per chi è agli inizi e contemporaneamente un grosso allenamento per chi è più abituato. È impegnativo ma decisamente gratificante».

In questo contesto più informale è possibile instaurare un legame tra il musicista e il pubblico?
«Non solo è possibile, ma forse il legame è anche più intenso. Per quanto sia più complicato “rompere il ghiaccio”, proprio il fatto che si suoni in un contesto informale e che la distanza fisica col pubblico sia ridotta rende questo scambio al 100% bidirezionale. Chi suona può immediatamente interagire con ciò che vede succedere tra il pubblico e chi è fermo ad ascoltare vuole davvero vivere quel momento e sentire cosa gli stai proponendo, altrimenti non si sarebbe fermato. Ho fatto molte più chiacchierate post-concerto nelle esibizioni di questo tipo che non quando suonavo in qualche locale».

Se Torino fosse una canzone oppure un genere musicale, per te che cosa sarebbe?
«Credo che trovare una canzone sia impossibile. Torino è una città dalle molteplici facce, anche in campo musicale. Se dovessimo percorrerla da nord a sud ci imbatteremmo in incantevoli piazzette retrò stile parigino, in locali dediti alla club culture e zone industriali abbandonate. Se esistesse una specie di elettro-grunge-pop-industrial-folk-musette-minimalista, potrebbe essere un ritratto che inizia ad avvicinarsi al volto di Torino».

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Categorie: Musica

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