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8 Novembre 2016

Artuu: investire nell’arte e fare cultura

Intervista a Sofia Beltramo, una delle fondatrici dell’app che consente di acquistare quote di opere d’arte per aumentarne il valore e renderle più fruibili al pubblico

Stella Giorgio

Artuu permette di acquistare quote di opere d'arte

Artuu permette di acquistare quote di opere d’arte

Una galleria virtuale e un progetto che riesce a unire cultura ed economia: è Artuu, marketplace italiano che permette di acquistare quote di opere d’arte. Prima del suo debutto sul mercato e sui social ce ne parla Sofia Beltramo, fondatrice dell’app insieme a Giovanni Mavaracchio.

Che cos’è Artuu e da cosa deriva il nome di questa applicazione?
«Artuu è una galleria d’arte online dove è possibile acquistare quote con il fine di investimento. La mission è quella di abbassare le soglie economiche di accesso all’investimento in arte componendo in quote acquistabili singolarmente il prezzo e il valore delle opere d’arte, unendo in questo modo la necessità culturale a quella economica, due aspetti spesso considerati separatamente. Artuu funziona come una galleria: si reperiscono le opere d’arte e si scompongono in quote perché siano più accessibili a diverse persone, creando così una vera e propria esperienza di investimento condiviso online. La tutela e la promozione delle opere acquistate dagli utenti tramite Artuu è affidata a musei e istituzioni culturali affinché risultino fruibili al pubblico e aumentino il proprio valore. Tra qualche anno ci immaginiamo un magazzino esteso e variegato di opere da poter gestire e muovere negli spazi pubblici, per aumentarne la visibilità. Il nome dell’applicazione vuole richiamare il concetto di condivisione, evocato dall’immagine della tavola rotonda di re Artù e ovviamente il mondo dell’arte».

Si tratta quindi di promuovere di un’idea di arte più accessibile, è corretto?
«Sì, la democratizzazione dell’arte in senso economico è un tema attuale e caro alle startup del settore, specialmente quelle statunitensi. La stessa teoria alla base della nostra app, secondo cui a una maggiore apertura dell’opera corrisponde un aumento del suo valore, proviene da una pratica americana».

Come nasce Artuu e quale è stato il suo sviluppo?
«Il cofondatore di Artuu Giovani Mavaracchio, avendo lavorato in una galleria d’arte nel panorama torinese, è stato per primo attratto dalla prassi degli acquisti condivisi. In quel periodo mi chiese come digitalizzare questa pratica e così abbiamo iniziato a collaborare. Con Treatabit abbiamo svolto un periodo di incubazione di circa 8 mesi, un lavoro di definizione e di studio della nostra idea accompagnati dai tutori, con cui abbiamo definito la nostra idea di business plan. Successivamente siamo passati a un percorso di accelerazione per portare la nostra idea sul mercato e siamo stati selezionati da PushappLab per un percorso intensivo di due mesi promosso da un’azienda privata di Napoli che sta realizzando per noi la piattaforma».

Quali saranno i prossimi passi di Artuu?
«La promozione della landing page avverrà a brevissimo, insieme alla creazione degli account social. Tendiamo a stabilire entro un mese la raccolta delle preiscrizioni, mentre prevediamo di lanciare la prima vendita su Torino tra fine novembre e inizio dicembre, di questo però non possiamo ancora svelare nulla».

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Categorie: Tecnologie

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