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10 Novembre 2016

Fare rete e amare le differenze

Al via da domani a Torino l’XI edizione del Festival dell’Oralità Popolare, fra tradizioni e accoglienza

Claretta Caroppo

L'immagine scelta quest'anno per il festival

L’immagine scelta per il festival

La Rete Italiana di Cultura Popolare è un’associazione che mette in relazione enti locali, associazioni, scuole, biblioteche e singoli operatori per promuovere politiche e azioni attente ai saperi tradizionali in un costante dialogo tra passato e presente, con una particolare attenzione ai giovani.
Dall’11 al 13 novembre la Rete organizza la XI edizione del Festival dell’oralità popolare negli spazi attigui al Polo del ‘900 e presso il Sermig, l’Arsenale della Pace simbolo assoluto dell’integrazione culturale a Torino. Abbiamo fatto quattro chiacchiere con Antonio Damasco, direttore del festival.

Cosa caratterizza la Rete Italiana di Cultura Popolare?
«Innanzitutto il fatto che la Rete faccia cultura in senso concreto e pragmatico: organizzando e promuovendo diversi progetti che lavorano sul senso del “fare comunità”, in un costante dialogo tra passato e presente. Eppure non si può, oggi, parlare di culture popolari se non si affrontano anche le culture degli altri, i grandi temi che disegneranno il futuro delle prossime generazioni. Così il programma del 2106 parte dalla comunità di prossimità per arrivare a progetti rivolti a realtà internazionali che riguardano la grande sfida del nostro secolo, le migrazioni e l’accoglienza. Abbiamo quindi immaginato un festival diviso in due momenti fisicamente separati con contenuti differenti anche se reciprocamente legati dal tema della conoscenza degli altri».

Che cosa troveremo dunque al Festival?
«La manifestazione compie 11 anni e in questo lasso di tempo molte cose sono notevolmente cambiate, nella città, nella comunità, nel mondo e di conseguenza anche il festival è cambiato. Un tempo aveva senso occupare le piazze della città e raccontare la cultura popolare, condividendo balli e letture tradizionali. Ora esso si presenta come momento duplice: rimane in piedi la parte legata alla tradizione e alla condivisione culturale con le iniziative, le mostre e i laboratori attorno al Polo del ‘900. Si aggiungono però momenti di condivisione su progetti e buone prassi anche europei, con incontri e una tavola rotonda al Sermig: è un festival che nasce come un viaggio dall’individuo alla collettività, da una cultura all’altra, come racconto di esperienze che possano essere portate a bagaglio comune. Un esempio è il progetto “Indovina chi viene a cena?”, in cui chi partecipa sceglie di incontrare un’alterità e scommette su quell’appuntamento. Quando si mangia insieme, si diventa amici e si scopre che il cibo è un pretesto per scoprirsi simili e non un’immersione nell’etnico».

Quali momenti del festival consiglieresti a un giovane che vuole saperne di più sulla vostra Rete?
«Per un giovane potrebbero esserci due momenti importanti che vorrei segnalare. Dalle ore 19 di sabato al Polo del ‘900 si svolgerà la Grande Festa dell’Oralità Popolare, con Melannurca, la Paranza del Geco e una gara di poeti a braccio in ottava rima della “Valle dei Poeti”, da Borbona ad Amatrice, da Posta a Leonessa. Consiglio anche l’appuntamento della domenica per il Pranzo dei popoli alle 12 al Sermig: non svelo troppo, ma anticipo solo che si tratta di un gioco legato alle diversità».

 

 

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Categorie: Intercultura

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