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20 Febbraio 2018

Poesie al citofono

Ogni sabato una strada del centro di Torino diventa sede di un’originale iniziativa ideata da Pierangelo Grosso, giovane poeta siciliano

Michela Lopriore

Disegno Poesie al citofono

Il sabato pomeriggio in via Mercanti 6 si possono ascoltare poesie al citofono (disegno di Alpac e Nica)

Basta recarsi in via Mercanti 6 ogni sabato dalle 17 alle 19 e suonare al nome Grosso per sentirsi recitare una poesia. È questo Poesie al citofono, un evento fuori dal comune che regala a Torino un’occasione per evadere dal caos cittadino e godere invece di una realtà decantata in versi. L’ideatore di questa iniziativa è Pierangelo Grosso, un ragazzo siciliano di 27 anni, laureando in Lettere, che vive da tre anni sotto la Mole; alla sua terra ha dedicato la sua prima raccolta Stralci di Necrologi.

Quando hai iniziato a scrivere poesie?
«Ho cominciato a 19 anni, quando mi sono trasferito a Roma. Era la prima volta che lasciavo la Sicilia per un lungo periodo di tempo, la poesia è stata una necessità, grazie a lei sentivo la mia terra meno lontana. Poi la vita mi ha portato in Finlandia, ed è lì che ho scritto la raccolta, dopo in Francia, da lì in Inghilterra e infine sono giunto a Torino».

Che legame hai mantenuto con la Sicilia?
«Con la Sicilia ho sempre vissuto un rapporto turbolento, per me lei è una madre-matrigna: riesco ad amarla solamente quando la percepisco con il filtro della distanza, ma viverla all’interno non è facile, è un’isola piena di contraddizioni. Ad ogni modo è sicuramente un’esplosione di sensazioni e ogni tanto vi faccio ritorno per ricaricarmi».

Che contributo ha dato Torino alle tue poesie?
«Torino ha alleggerito le mie poesie dei classicismi che caratterizzano quelle raccolte in Stralci di necrologi, dove cerco di ripercorrere un viaggio immaginifico nella storia della Sicilia, ricca appunto di cultura classica. Le poesie attuali sono più scarne, più crude. A Torino ho letto molto, mi sono avvicinato alla cultura underground, alla musica elettronica, alla fisica quantistica».

Come è nato Poesie al citofono?
«Nasce una sera di fine maggio. Mi trovavo in casa con degli amici, stavamo leggendo delle poesie quando a un certo punto citofonarono. Così, un po’ per gioco, risposi leggendo una poesia. Ebbi così l’illuminazione, improvvisamente il citofono mi sembrava lo strumento migliore per “spacciare” poesia: tu sei lì, concentrato ad ascoltare, ma non pensi a chi stia recitando, non sei distratto dalla persona e dai suoi gesti, sei attratto semplicemente dalla musica delle parole. Mi è sembrata una cosa molto intima. Recito solo poesie scritte da me: sia quelle di Stralci di necrologi sia quelle attuali, che prima o poi faranno parte di una seconda raccolta».

Quali sono le reazioni dei curiosi?
«Beh, non si crea mai la fila sotto casa. La verità è che la poesia rimane comunque elitaria, in pochi le si avvicinano, ma questi pochi ringraziano sempre e io ne sono contento. Penso che con un semplice citofono possa fare sorridere la gente e farla riflettere. Finora non si è mai lamentato nessuno».

 

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Categorie: Cultura, Scoprire Torino

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