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29 Giugno 2018

elvira, un solo nome per tre ragazze con la passione del documentario

A tu per tu con Morena, Beatrice e Dunja, che hanno creato un’associazione ispirandosi alla prima regista cinematografica italiana

Giovanni Mauriello

elvira

elvira: Morena Terranova, Beatrice Surano e Dunja Lavecchia

Sono in tre, ma l’anima è una sola: elvira. Non è un refuso – l’iniziale va categoricamente in minuscolo – si scrive proprio così il nome dell’associazione creata da tre documentariste (Morena Terranova, Beatrice Surano e Dunja Lavecchia) che, seppur appena nata, ha già fatto parlare di sé. Torinesi, giovani e piene di idee: Digi.TO non poteva di certo esimersi dal farvele conoscere.

Ciao elvira! Molto comodo potersi riferire a voi tre con un unico nome; da dove nasce questa idea?
Morena: «È vero, la scelta del nome ci rende molto fiere. Siamo in tre ma volevamo un nome femminile e singolare che ci rappresentasse al meglio; elvira ci è sembrato perfetto: Elvira Notari è stata la prima regista cinematografica italiana, attiva nei primi decenni del Novecento e così come noi si è occupata specialmente di cinema documentario».

Il vostro campo è dunque quello cinematografico: quando ha smesso di essere un hobby ed è diventato un lavoro?
Dunja: «Anzitutto è importante dire che, prima che colleghe, siamo amiche da molti anni. La passione per il cinema l’abbiamo sempre condivisa, ma circa tre anni fa abbiamo iniziato a frequentare dei corsi professionalizzanti per implementare le nostre competenze tecniche. Beatrice, nel frattempo, aveva iniziato a lavorare a tempo pieno come videomaker. Il resto è venuto da sé: a maggio del 2017 abbiamo iniziato i primi lavori insieme e ad aprile dell’anno dopo abbiamo ufficializzato la nascita della nostra associazione».

Avete già dei progetti in attivo…
Beatrice: «Da quando siamo nate non ci siamo mai fermate: l’anno scorso abbiamo documentato i ragazzi del Centro Interculturale della Città di Torino, i quali hanno partecipato a un laboratorio teatrale e realizzato uno spettacolo ispirato all’Odissea, opera che per antonomasia racconta il tema del viaggio. Il risultato è stato Il grande viaggio, un video che documenta l’intero processo creativo del progetto. Molto importante è anche la realizzazione del cortometraggio Savoia, che racconta un breve frammento della storia della Kiki House of Savoia e che è stato proiettato durante l’ultima edizione del Lovers Film Festival. Per questo progetto ci siamo avvalse della collaborazione di altri ragazzi attivi nel settore: non è un caso, per noi infatti le contaminazioni e il contatto con altre realtà sono fondamentali».

C’è un aneddoto o un’esperienza che ritenete significativa e volete raccontarci?
Morena: «Sì, il riscontro più bello che abbiamo avuto finora è arrivato in occasione della documentazione che abbiamo realizzato per Campo Teatrale la Fabbrica, una Compagnia teatrale di Domodossola che ha prodotto un adattamento de La fattoria degli animali. L’intero cast si è detto fin da subito disponibile a farsi filmare, quando la regista, Nicol Quaglia, ha detto loro che noi tre eravamo lì con l’obiettivo di realizzare un documentario; solo un’attrice si è detta contrariata, perché temeva che la nostra presenza potesse inibirla. Dopotutto si trattava di uno spettacolo dal forte carico emotivo. Una volta finito tutto, quella stessa attrice ci ha ringraziate, definendoci “invisibili”; è un grandissimo complimento per noi, perché chi vuole fare documentario non avere un approccio invasivo e mettere a proprio agio le persone è una qualità essenziale».

 

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Categorie: Cultura

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