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26 Ottobre 2018

Freedhome, quando il lavoro esce dal carcere

Oggi pomeriggio festeggia i suoi due anni di attività il negozio torinese che vende prodotti realizzati da detenuti di tutta Italia

Fabio Gusella

Freedhome

Freedhome è in via Milano 2/c

Pensiamo per un momento a un istituto penitenziario: celle, sbarre, guardie, cos’altro? Eppure, un carcere può anche essere una borsa o una bottiglia di vino. In quasi 40 case circondariali italiane, infatti, alcune centinaia di detenuti realizzano capi di abbigliamento e altri manufatti, tutta merce ospitata a Torino presso Freedhome – Creativi Dentro (via Milano 2/c), il primo store italiano dedicato all’economia carceraria.
Oggi 26 ottobre, dalle ore 17 alle 20, il negozio ha pensato di celebrare i suoi primi due anni di attività organizzando Happy Freedhome, una festa a base di degustazioni e musica dal vivo. Per saperne di più, abbiamo scambiato quattro chiacchiere con Eloisa Spinazzola, rappresentante di Extraliberi, cooperativa responsabile del progetto.

TRA BANDA BISCOTTI E DOLCI EVASIONI
«Il nostro negozio – ci dice – riunisce i frutti del lavoro di decine di cooperative e di realtà produttive che operano a stretto contatto con i detenuti». Freedhome, insomma, è un grande contenitore che raccoglie oggi 200 tipologie di prodotti provenienti da tutta Italia: «Qui a Torino c’è il progetto di panetteria Farina nel Sacco, a Verbania la Banda Biscotti  sforna eccellente pasticceria, da Venezia ci arrivano soprattutto borse e cosmetici, dal carcere di Lecce il marchio Made in Carcere realizza manufatti di jeanseria ma anche oggetti per la casa – continua Eloisa – a Bologna opera il laboratorio sartoriale Gomito a Gomito , con i detenuti di Trani collabora la cooperativa Campo dei Miracoli e da Siracusa ci arrivano tipici dolci siciliani ironicamente chiamati Dolci Evasioni».
Il progetto è comunque molto più ampio e articolato e recentemente altri punti vendita sono sorti nel nostro Paese: c’è Process Collettivo a Venezia, con la linea di borse Malefatte, a Milano il Consorzio Viale dei Mille vende prodotti delle carceri lombarde, mentre a Roma è attivo il birrificio Pub & Shop Vale la Pena. Tutte realtà che hanno la stessa missione, ossia promuovere il lavoro fra i detenuti.

UNA FINESTRA SUL MONDO
«Il lavoro in carcere è una preziosa occasione di riscatto per chi si trova recluso e rappresenta una risorsa per l’intera società – ci spiega Eloisa – poiché è stato dimostrato che se il detenuto si dedica a un’attività lavorativa e apprende un mestiere durante la pena, le probabilità di recidiva si abbassano notevolmente». Il punto vendita di via Milano, ad esempio, è gestito da quattro persone fra cui un detenuto che può lavorare all’esterno dell’istituto in base all’articolo 21 dell’Ordinamento Penitenziario.
Extraliberi, cooperativa nata nel 2007 come serigrafia tessile all’interno del Carcere Lorusso e Cutugno di Torino, nel tempo ha scelto di offrire una vetrina in cui esporre tutto ciò che viene prodotto all’interno delle mura carcerarie. «Il nostro infatti, è qualcosa di più di un semplice negozio: è una finestra attraverso la quale il carcere riesce a guardare fuori e la gente può per un momento affacciarsi alle sbarre. La nostra idea – conclude Eloisa – è proprio quella di portare il carcere fuori dalle mura, smettendo di considerarlo una sorta di “cantina” in cui riporre ciò che non vogliamo vedere».

 

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Categorie: Lavoro

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