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29 Novembre 2018

Come funziona un termovalorizzatore?

Siamo andati a visitare l’impianto di Torino per comprendere meglio il dibattito sullo smaltimento dei rifiuti, tornato alla ribalta nelle ultime settimane 

Luca Ferrua

Il termovalorizzatore di Torino inaugurato nel 2014

Ultimamente si parla di nuovo molto di gestione dei rifiuti, specialmente per la recente polemica  tra Salvini e Di Maio sulla Terra dei Fuochi.
Spesso si parla indistintamente di inceneritori e termovalorizzatori, ma si tratta della stessa cosa? Con il nostro fotografo Federico Mereu siamo andati a scoprire come funziona il termovalorizzatore del Gerbido, alle porte di Torino.

COS’È UN TERMOVALORIZZATORE
Per rispondere alla domanda di prima: no, inceneritori e termovalorizzatori non sono la stessa cosa. O meglio: i primi si limitano a bruciare tutti quei rifiuti urbani “non differenziabili”, i secondi invece sono inceneritori che però sfruttano il calore per produrre energia, ma partiamo dall’inizio.
Il termovalorizzatore di Torino, inaugurato nel 2014, copre la produzione di rifiuti urbani indifferenziati di tutta la Città Metropolitana: una volta che i camion giungono a destinazione svuotano il loro contenuto in una gigantesca fossa. La vista dalla cabina dei gruisti è uno spettacolo post-apocalittico da mozzare il fiato: un’enorme vasca da quasi 20mila metri cubi su cui torreggiano due benne a polipo con artigli a otto braccia che i manovratori usano per spostare i rifiuti verso l’inceneritore.
Quindi i rifiuti bruciano per autocombustione a circa 1.000° C: il metano infatti viene utilizzato solo per l’accensione. Da qui, superando una sala di controllo altamente automatizzata, seguiamo i fumi che si spostano nella caldaia, dove riscaldano l’acqua, il cui vapore verrà utilizzato per azionare le turbine e produrre energia elettrica.

E LO SCARTO?
Chiaramente il termovalorizzatore non produce solo energia: ci sono dei rifiuti assimilati a quelli solidi urbani che vengono scartati perché non combustibili, principalmente materiali ferrosi. Inoltre la combustione produce ceneri sottili (catturate da un elettrofiltro), così come avviene durante il filtraggio dei fumi prima che vengano immessi nel camino. Queste scorie, che non possono essere trattate dall’impianto, vengono quindi stoccate temporaneamente per poi essere prese in carico da altri gestori.
Allo stesso modo il camino immette nell’atmosfera fumi che non sono puliti: tuttavia il costante monitoraggio disponibile online permette di controllare che vengano rispettati i limiti previsti sulle emissioni.

TIMORI E PROSPETTIVE
L’impianto si pone l’obiettivo di sostituire le discariche e gli inceneritori, sistemi tecnologicamente superati, e punta a produrre anche acqua calda per il teleriscaldamento dei Comuni limitrofi. Tuttavia è ben lungi dall’essere una soluzione perfetta: il vapore acqueo emesso dalle torri di raffreddamento, seppur non nocivo, è calore sprecato. Allo stesso modo una parte dei residui non potrà essere riciclata e si tratta di oltre diecimila tonnellate l’anno, che devono essere raccolte in discariche specializzate. Da qui nasce la polemica degli abitanti delle zone limitrofe.
Certamente il primo passo è quello di migliorare la raccolta differenziata, cosa che il Comune di Torino sta facendo implementando il “porta a porta” ma in una realtà ancora lontana dal mondo ideale il termovalorizzatore pare ad oggi il male minore per i rifiuti urbani residui.

 

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Categorie: Ambiente

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