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19 Marzo 2020

Torino vista dai richiedenti asilo

Come viene vissuta la nostra città dai rifugiati che la abitano? A raccontarcelo è una ragazza di origini somale oggi studentessa universitaria

Giovanni B. Corvino

Piazza Castello Torino

Piazza Castello è il posto preferito di Nala

I dati del Ministero dell’Interno dicono che nel 2019 l’Italia ha ricevuto circa 39.000 domande di asilo (meno di una richiesta ogni mille abitanti), contro le pressappoco 54.000 del 2018. In Piemonte, secondo un’indagine condotta dall’Osservatorio Regionale sull’Immigrazione e sul Diritto d’Asilo al 29 gennaio 2019 erano presenti 19.500 richiedenti e titolari di protezione internazionale e umanitaria. In generale vi è un aumento delle domande da parte delle donne, che rappresentano approssimativamente un quarto del totale; inoltre, osservando il parametro dell’età, il 71% di chi cerca protezione nel nostro Paese ha tra i 18 e i 34 anni.
Nella nostra Torino svariate associazioni, come Cisv (Comunità Impegno Servizio Volontariato), offrono programmi di accoglienza mirati a soddisfare tali richieste. Come, però, viene vissuta la città? Quali sono gli angoli maggiormente apprezzati e perché? Ci sono dei suggerimenti per una Torino migliore?
Per rispondere a queste domande Digi.TO ha intervistato Nala (nome di fantasia), una ragazza somala che ha dovuto lasciare il suo Paese a soli 22 anni a causa della guerra e che a Torino è stata ospitata dalla Cisv.

Raccontaci i tuoi primi giorni a Torino.
«All’inizio è stato difficile perché era tutto nuovo per me. Avevo dei piani da realizzare, ma non conoscevo la lingua e di conseguenza non sapevo da che parte cominciare. Chi ho incontrato era gentile ma incredulo circa i miei progetti, era impensabile per loro che io potessi aspirare alla formazione superiore, eccetto due persone che tuttora mi sostengono».

Com’è la tua vita oggi?
«È molto impegnativa, conciliare il lavoro con lo studio non è così facile. Ho dovuto fare un passo indietro dopo aver scoperto che i miei titoli di studio non erano stati riconosciuti qui. Con forte delusione, non mi è rimasto altro che rifare la scuola superiore. Ora sono al primo anno di università e sto studiando per diventare assistente sociale. Il mio obiettivo è prendere la laurea. Ci sono tanti progetti che vorrei realizzare qui, ma anche nel mio Paese d’origine».

C’è un angolo di Torino a te particolarmente caro?
«Piazza Castello, la piazza che simboleggia la città. È bella in ogni stagione, anche se l’estate è la mia preferita, piena di vita, con le fontane a getto dove molte famiglie portano i loro bambini. Inoltre, puoi incontrare gente di ogni età ed etnia: mi fa sentire di far parte di Torino. Con grande gioia, questa piazza mi ricorda anche il luogo d’incontro del mio quartiere per le feste principali, come la “Festa del Eid” (festa musulmana in cui si rende grazie ad Allah per aver sostenuto i fedeli nello sforzo del digiuno, ndr)».

Come immagini una Torino migliore rispetto a oggi?
«La immagino più pulita e più accogliente, con un’integrazione più sincera. Vorrei che Torino, la città in cui ho messo le radici, mi valutasse per ciò che sono e non per la mia pelle o per il mio velo. Vorrei che fosse una società più meritocratica, cosicché in un futuro prossimo possa lavorare senza difficoltà di genere. Certo, forse è un sogno, ma sarebbe possibile se solo diventasse un progetto di governo».

L’associazione che ha accolto Nala, la Cisv, è impegnata da 60 anni nella lotta contro la povertà e per i diritti umani. È presente in 13 Paesi tra Africa e America Latina, dove lavora nei settori risorse idriche, agricoltura e allevamento, diritti umani, alfabetizzazione e infanzia. In Italia si occupa di diritti dei migranti, accoglienza profughi e richiedenti asilo e attività di educazione nelle scuole. Si caratterizza inoltre per le esperienze di vita che propone a quanti intendono vivere concretamente la solidarietà e l’accoglienza.

 

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Categorie: Intercultura

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