Home » Lavoro » Da capo, un progetto per ricominciare

28 Aprile 2020

Da capo, un progetto per ricominciare

Alla scoperta di un negozio di abbigliamento usato che sostiene le donne in condizioni di fragilità, lavorando in un’ottica di sostenibilità sociale oltreché ambientale

Fabio Gusella

Tre gomitoli colorati su un tavolo e una cartolina del negozio Da capo

Da capo vende abiti usati e aiuta donne in difficoltà

A due passi da Piazza Savoia, in via della Consolata 8d, si trova Da capo, un punto vendita di abiti e accessori usati che da quasi un anno impiega l’attività commerciale sia per favorire l’inserimento lavorativo delle donne in difficoltà, sia per ridurre gli sprechi ambientali.
In attesa della sua riapertura ne abbiamo parlato con Margherita Francese, presidente della Cooperativa Giuliano Accomazzi, la realtà da cui è nato il progetto.

Com’è nato Da capo?
«L’idea è sorta nell’ambito dei progetti della nostra cooperativa. Dal 1989 ci occupiamo di servizi alla persona rivolti in particolare a bambini, ragazzi e famiglie in situazioni di difficoltà. Nel tempo abbiamo raccolto la necessità di affiancare alla filiera dei servizi anche attività di esperienza lavorativa. Nel progettare Da Capo abbiamo voluto sostenere l’ambiente attivando processi di riuso e valorizzando oggetti e abiti».

Quali sono gli obiettivi del progetto?
«La vendita di abiti usati è un “pretesto” per promuovere il reinserimento lavorativo di donne in condizione di fragilità, la riduzione degli sprechi attraverso il recupero di vestiti di seconda mano e, infine, la trasmissione di una cultura della sostenibilità ambientale e della sussidiarietà dal punto di vista sociale».

Come operate e in che modo si può collaborare?
«Avviamo progetti di inserimento lavorativo tramite tirocini o assunzioni dirette per progettazioni mirate. Prevalentemente, ciò avviene collaborando con alcune agenzie del lavoro, iniziative cittadine a sostegno delle persone in difficoltà, nonché progetti di collocazione mirata e di politiche attive del lavoro. Per quanto riguarda le richieste che riceviamo, valutiamo anche i curriculum e laddove corrispondano ai requisiti necessari procediamo a colloqui telefonici o mirati».

In che modo promuovete l’inserimento lavorativo?
«Il progetto si pone a sostegno delle persone con attività “on the job”, che permettano di sperimentarsi nel mondo del lavoro, accrescere le proprie competenze, migliorare il curriculum e trovare una propria strada».

Quali sono le condizioni e i limiti posti a chi vi si rivolge?
«Rispetto all’età, finora abbiamo risposto sia alle esigenze di una neo-diciottenne, sia a donne più mature con figli a carico. Sicuramente le fasce di reddito accolte sono prevalentemente basse, anche se spesso ci ritroviamo con situazioni difficili dovute a “sfortune”, lutti o epidemie come quella in corso, che mettono in ginocchio nuclei la cui continuità lavorativa si ritrova improvvisamente minata. Per quanto riguarda i tirocini, possono durare in media dai tre ai sei mesi, ma abbiamo anche sostegni per percorsi di maggior durata».

Con il negozio parlate di “rigenerare i tessuti sociali”, che cosa significa?
«I clienti donano e comprano i vestiti usati, mettono a disposizione nuove idee e risorse e diventano
“ambasciatori” del brand. Inoltre, il negozio sensibilizza la comunità sui temi sociali e ambientali,
permette l’accesso a beni di qualità a persone in condizione di fragilità economica, offre spazi di
condivisione e aggregazione, mette in relazione i clienti con altri servizi del quartiere. Infine
ospitiamo laboratori e iniziative per offrire opportunità di crescita a clienti, lavoratori e cittadini: in un’ottica di circolarità tutto… quadra!».

 

Tag: , , , ,

Categorie: Lavoro

Lascia un commento