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16 Luglio 2020

Lavorare in una sala di retrospettiva: l’esperienza del Cinema Massimo

Cosa vuol dire ideare rassegne dedicate a film del passato? Ce lo raccontano i due programmatori di uno dei più celebri cinema torinesi

Aurora Saldi

Esterno Cinema Massimo

La sala Soldati del Cinema Massimo è dedicata alle retrospettive

Abbiamo incontrato Stefano Boni e Grazia Paganelli, che si occupano della programmazione del Cinema Massimo di Torino. Ci hanno portato dietro le quinte di una delle sale di retrospettiva (dette “cinetecarie”) più famose d’Italia, la Soldati (ex Sala 3), che ogni mese ospita le rassegne amate e seguite da tanti cinefili della nostra città.

Come e quando nasce la sala Soldati?
Stefano Boni: «Il Cinema Massimo ha aperto come sala del Museo del Cinema nel 1989. All’epoca tutte e tre le sale erano cinetecarie, come la Soldati. Poi, quando nel gennaio 2001 il cinema ha riaperto dopo un anno e mezzo di lavori di ristrutturazione, è arrivata la decisione di affidare la programmazione d’essai alla sola sala Soldati. Questo perché il pubblico è cambiato e a Torino non c’è una domanda sufficiente per così tanti luoghi di retrospettiva».

Di cosa si occupa la sala Soldati?
S.B.: «Il nostro lavoro si inserisce in un circuito costituito da tutte le sale cinetecarie del mondo, raggruppate nella Fiaf – International Federation of Film Archives. Grazia e io abbiamo costruito un cartellone in cui non mostriamo solo il cinema del passato, ma anche quello del presente. È cruciale il dialogo tra i due momenti: crediamo infatti che non si possa comprendere il cinema di oggi senza guardare a quello di ieri. Però, allo stesso tempo, i film contemporanei aiutano a comprendere i grandi maestri della storia del cinema».

Che rapporto ha la programmazione della Sala Soldati con il pubblico giovane?
S.B.: «Sicuramente la decisione di far convivere presente e passato nella programmazione è stata presa anche per favorire la presenza del pubblico giovane, che è quello che ci interessa. È evidente che una sala cinematografica oggi non può rivolgersi solo agli anziani, che sono sicuramente gli spettatori più fidelizzati perché più abituati a vedere i film solo in sala e non con altri strumenti, ma non sono il pubblico del futuro. La nostra non è una battaglia contro le altre possibilità che i giovani hanno di fruire del cinema. Il tentativo è piuttosto quello di illustrare a questo pubblico che vedere i film in una sala cinematografica è un’altra cosa, e come l’esperienza della sala fisica possa convivere con quella delle sale virtuali».
Grazia Paganelli: «Il rapporto con i giovani è fondamentale per la crescita della sala. Lo costruiamo a partire dalle scuole elementari, perché abbiamo un settore dedicato ai servizi educativi. Poi c’è il rapporto con l’Università, che passa dalla collaborazione diretta con gli insegnanti del Dams, che organizzano delle rassegne espressamente pensate per gli studenti. Ma anche, da parte nostra, dal lavoro attento di ricerca di film che possano incontrare l’interesse dei giovani in generale. Credo che questo debba essere il primo impegno di una sala come la nostra».

Come funziona la programmazione?
S.B.: «Tendenzialmente ogni mese cerchiamo di fare due retrospettive, una su un autore del passato e l’altra su uno del presente, non necessariamente connessi tra loro. Ad esempio a settembre avremo la seconda e ultima metà della retrospettiva dedicata a Federico Fellini, nell’ambito del suo Centenario. Ma faremo anche un omaggio a Pablo Larraín, dato che uscirà il suo nuovo film (Ema, 2019, ndr), presentato a Venezia l’anno scorso. Da una parte quindi pensiamo a percorsi che integrino le uscite in sala. Per quanto riguarda la scelta delle retrospettive, spesso costruiamo rassegne intorno ai restauri delle pellicole. Molti arrivano dalla Cineteca di Bologna e dalla sua iniziativa Il Cinema ritrovato. Poi ci sono gli appuntamenti fissi: il giovedì dedicato ai film in lingua originale, il percorso Histoire(s) du cinéma rivolto agli studenti del Dams ma anche al pubblico in generale. A tutti questi passaggi si aggiungono altri elementi sempre diversi: se in un festival o su qualche rivista specializzata troviamo un film che non ha distribuzione italiana e pensiamo possa essere interessante, lo inseriamo nella programmazione. Infine teniamo molto al rapporto tra cinema e musica: lavoriamo su questo tema da vent’anni e ci piace pensare che sia stato un elemento importante per la nascita del Seeyousound Film Fest. In questo contesto si collocano i frequenti appuntamenti con le sonorizzazioni dal vivo dei film muti».
G.P.: «Nella Sala Soldati trovano anche spazio film che ci arrivano dall’esterno, proposti da registi e produttori. L’idea è quindi di presentare un programma il più possibile variegato, un mosaico di proposte pensato per pubblici diversi».

 

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Categorie: Cultura

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