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7 Ottobre 2020

Lotta al cambiamento climatico: una corsa contro il tempo

Da qualche giorno su un palazzo di New York è comparso un grande orologio digitale che calcola manchino circa 7 anni alla “fine del mondo”: cosa stiamo facendo?

Valeria Guardo

Climate Clock, countdown digitale alla "fine del mondo" su palazzo a New York - Cambiamento climatico

Il Climate Clock a New York

Union Square, NY. The Earth Has a Deadline (La Terra ha una scadenza) è il messaggio che si può leggere sul Climate Clock, l’installazione che ha cominciato a segnare il tempo che ci separa dal giorno in cui, secondo recenti studi, i disastri ambientali diventeranno irreversibili. Ci rimangono, dunque, 7 anni e poco meno di un centinaio di giorni per agire in modo deciso sul riscaldamento globale e mettere un freno al consumo di energia da fonti non rinnovabili.
A che punto siamo?

Incendi nella Napa Valley (California), ghiacci dell’Artico in continuo ritiro, l’intensificazione dei “Medicanes” (tempeste simili ad uragani tropicali che si originano nel bacino del Mediterraneo, sito in inglese): sono solo alcuni tra gli esempi più recenti delle conseguenze del cambiamento climatico in atto. Le attività umane che prevedono l’impiego di combustibili fossili, disboscamento, agricoltura e allevamenti intensivi emettono in atmosfera biossido di carbonio, metano, protossido di azoto e fluorocarburi, i cosiddetti gas a effetto serra che catturano il calore dei raggi del Sole irradiato dalla superficie terrestre, impedendone la dispersione nello spazio e provocando, così, il riscaldamento globale.

Attraverso il Quadro 2030 per il clima e l’energia l’Ue si è impegnata a conseguire, entro i prossimi 10 anni, alcuni obiettivi: ridurre di almeno un 40% rispetto ai valori del 1990 le emissioni di gas a effetto serra, migliorare l’efficienza energetica del 32,5% e aumentare il consumo di energia da fonti rinnovabili del 32%.
Uno strumento chiave per la riduzione delle emissioni in Europa è il Sistema di Scambio di quote di Emissione (Ets), il primo e più grande mercato internazionale del carbonio basato sul principio di “limitazione e scambio”: ne fanno parte 11.000 impianti industriali e per ognuno è stato fissato un tetto massimo di emissioni di gas serra. Le strutture possono ricevere o acquistare “quote di emissione” messe all’asta dagli Stati membri che non vengono utilizzate e nel tempo la quantità totale di quote si riduce progressivamente. Questo strumento politico è integrato da fondi per la modernizzazione e l’innovazione dei sistemi energetici degli Paesi a basso reddito e dall’incentivazione delle energie rinnovabili e della cattura e dello stoccaggio del carbonio. Un regolamento sulla condivisione degli sforzi vincola inoltre le emissioni dei settori non previsti nel sistema Ets come edilizia, trasporti e agricoltura, a fine integrativo.

Ridurre i rischi e aumentare la resilienza di ecosistemi e popolazioni agli effetti del cambiamento climatico sono obiettivi comuni dell’Accordo di Parigi e del Quadro di Riferimento di Sendai (riguardante la prevenzione degli effetti dei disastri), protocolli a cui ha aderito anche l’Italia durante la XXI Conferenza delle Parti (Cop) nella capitale francese, nel 2015.
Alla Cop26, rinviata al 2021 a causa dalla pandemia, i governi saranno chiamati a rivedere i loro contributi su base nazionale, questa volta con l’obiettivo di contenere l’aumento della temperatura media mondiale “ben al di sotto” dei 2°C oltre i livelli pre-industriali, perseguendo obiettivi di mitigazione del riscaldamento globale principalmente attraverso l’abbattimento delle emissioni di gas serra.

Negli ultimi decenni l’intero bacino del Mediterraneo e l’Italia sono stati interessati da fenomeni meteorologici estremi che si intensificano di anno in anno mettendo a rischio, oltre alla popolazione nelle aree urbanizzate, montane e costiere (dove questi episodi sono più evidenti), interi settori dell’economia: agricoltura, allevamento e turismo in testa.
La sfida per il futuro è investire in uno sviluppo sostenibile; il Green Deal è un’opportunità che l’Italia non può perdere: sfruttare le risorse economiche disponibili con competenza e innovazione adottando nuovi modelli di produzione e impresa e modalità orientate a una gestione sostenibile del territorio, devono necessariamente entrare a far parte del bagaglio di aziende ed enti pubblici, locali e nazionali.
Abbiamo poco tempo.

 

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Categorie: Ambiente

Commenti (1)

  1. Jone ha detto:

    Mi piace! Mi auguro che questa corsa arrivi ad un ottimo traguardo.Brava

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