Home » Cultura » Alessandro Perissinotto e i gialli dal Piemonte agli Usa

3 Febbraio 2021

Alessandro Perissinotto e i gialli dal Piemonte agli Usa

Lo scrittore torinese ci racconta da dove arrivi l’ispirazione per i suoi romanzi a partire dall’ultimo pubblicato, il thriller La congregazione

Gabriele Costa

Foto di uomo con barba e occhiali vicino a libro La congregazione - Alessandro Perissinotto

La congregazione è il nuovo libro di Alessandro Perissinotto

Autore, traduttore e docente di Sociologia dei processi culturali e comunicativi all’Università di Torino: è Alessandro Perissinotto, 56 anni, con cui abbiamo chiacchierato di libri, generi letterari e ambientazioni, con qualche consiglio per chi vuole dedicarsi alla scrittura.

Nei suoi romanzi molte storie si svolgono in Piemonte: come mai questa scelta?
«In realtà ho poca fantasia, devo conoscere i posti in cui ambiento le mie storie. È chiaro che quando si tratta di Torino conosco bene la storia tramandata dalla mia famiglia, però anche quando ambiento i romanzi fuori dal mio territorio vado sui luoghi e cerco di conoscerli. Non ho mai scritto una riga di un posto che non abbia visto e vissuto».

Torino si presta bene alla scrittura di un giallo?
«Si presta bene perché ha una lunga tradizione di misteri e delitti irrisolti e negli anni Settanta ha anche riaperto la tradizione del giallo italiano con La donna della domenica. È una città che ha molti livelli di segreto e molti profili urbani, se pensiamo alle periferie diverse tra loro, la collina… Posti che offrono varie chiavi di lettura. Più che ambientare delitti, direi che si presta ad ambientare misteri».

Nel suo ultimo libro La congregazione, il suo primo thriller, trasferisce invece la scena nelle Rocky Mountains degli Stati Uniti…
«La congregazione parte da una storia vera: il suicidio di massa nella Guyana del 1978 per mano della setta del reverendo Jones. All’epoca ero ancora un ragazzino e in televisione si vedevano immagini orribili. Ho aspettato tanti anni per raccontare la storia perché poteva essere raccontata solo con un occhio statunitense. Nel 2018 ho fatto un semestre di insegnamento all’Università di Denver e ho avuto modo di conoscere l’America povera e rurale che mi serviva per raccontare la storia. Ho scelto la chiave stilistica del thriller: avevo già scritto polizieschi ma credo che questo genere sia più giocato sulla suspense, il ritmo è davvero incalzante. Per questo sono debitore di alcuni incontri con Giorgio Faletti, nei quali abbiamo parlato dello stile della scrittura. In uno di questi colloqui c’era anche Michael Connelly, il re del thriller statunitense».

Ci parli del romanzo.
«È la storia di Elizabeth, una spogliarellista cinquantenne con un passato tragico: è orfana e viene mandata agli arresti domiciliari in un paesino perché ha avuto due condanne per guida in stato di ebbrezza. In città però c’è chi la riconosce per qualcosa del suo passato e inutile dire che in questo passato c’è proprio il reverendo Jones e la sua setta. Questo legame diventa molto pericoloso perché qualcuno cerca di ucciderla, ma la polizia non le crede e lei non può scappare per via di una cavigliera elettronica. È una donna in pericolo che cerca di salvarsi la vita».

Due anni fa, con Il silenzio della collina, ha affrontato un tema molto delicato: quella della violenza sulle donne.
«Lo spunto nasce da un’altra storia vera, l’omicidio di Maria Teresa Novara nel ’69, anche se ero troppo piccolo per ricordarmelo. Me l’hanno raccontato in seguito e anche qui ho impiegato dieci anni per decidere di scrivere il romanzo. Nel frattempo il fenomeno della violenza sulle donne è diventato sempre più dilagante e mi sono detto che quella storia aveva una funzione sociale in quel momento. Bisognava però trovare una chiave moderna: il protagonista è un uomo sulla cinquantina che riscopre quella storia tra i segreti della sua famiglia. Questa ispirazione mi è venuta tramite l’esperienza forte che ho avuto prendendomi cura di mio padre negli ultimi mesi della sua vita, rapporto che si può leggere nel romanzo: c’è dentro la mia esperienza di accompagnamento alla morte del proprio padre».

Ci sono nuovi progetti in cantiere?
«Si, uscirà a breve un romanzo per ragazzi scritto insieme a Fabrizio Fulvio Bragoni intitolato Ghosting. La mia idea è comunque quella di continuare a scrivere romanzi thriller di ambientazione americana, seguendo il nuovo stile che ho intrapreso con La congregazione».

Cosa consiglia ai giovani che oggi vogliono avvicinarsi al mondo della scrittura?
«Quello che mi ha aiutato è il cercare storie al di fuori di me stesso, il distacco dall’autobiografia. Quando si è giovani si ha questa tendenza ed è un rischio, perché i racconti poi tendono a somigliarsi ed essere generazionali. Il secondo consiglio è quello di imporsi una certa disciplina di scrittura e pensare a una trama forte. Infine l’umiltà, bisogna chiedersi: ma alla gente piacerà quello che scrivo? Molti scrivono quello che hanno voglia di scrivere, ma non quello che gli altri o loro stessi hanno voglia di leggere. Con questo non dico che i romanzi debbano essere commerciali, ma prodotti che diano la gioia di leggere e non solo gioia a chi li ha scritti».

 

Tag: , , , ,

Categorie: Cultura

Lascia un commento