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19 Aprile 2021

Woodvivors: a passo di mulo per riscoprire la cultura rurale

Un docufilm, che seguirà il percorso da Palermo a Torino, farà riscoprire la realtà delle campagne italiane attraverso gli occhi dei suoi protagonisti

Gabriele Costa

Due persone su muli in campagna ripresi da dietro e scritta Woodvivors

Woodvivors vuol far riscoprire il mondo contadino

Un viaggio sul dorso di un mulo per scoprire, conoscere e raccontare il mondo contadino, ricordando il nostro passato e per costruire un futuro sostenibile. È Woodvivors, l’ambizioso progetto di un gruppo di ragazzi che in questi giorni sono partiti da Palermo per percorrere 2.500 km con destinazione Torino.
L’obiettivo? Realizzare un docufilm che narri gli antichi saperi e la cultura delle campagne italiane al ritmo di una realtà lontana eppure ancora tangibile. Abbiamo parlato con Francesco Paolo Lanzino, ideatore e regista dell’iniziativa.

Come nasce Woodvivors?
«Da quando sono piccolo viaggio a piedi sui sentieri di montagna, spesso in autosufficienza perché in Sicilia non ci sono grandi servizi. Nel 2017 avevo un po’ di tempo libero, così ho deciso di partire per sei mesi invece che un paio di settimane. Nessuno dei miei amici aveva tutto questo tempo da dedicare al viaggio, così per avere compagnia sono partito con un mulo. Già il secondo giorno di viaggio mi sono reso conto che era proprio come utilizzare una macchina del tempo: i luoghi e le persone che stavo incontrando, seppur in un territorio a me familiare, mi sembravano del tutto nuovi. Il mulo ti permette di entrare in contatto con gli anziani, che quando vedono arrivare un animale che loro tenevano in casa si emozionano e ti permettono di instaurare un dialogo che a piedi non avrei avuto. Il documentario che vogliamo girare è sulla civiltà contadina: la fonte diretta dei lavoratori che si mettevano a lavorare sui muli ogni mattina è ancora viva, ma tra qualche anno non sarà più qui e vogliamo immortalarla prima che sia troppo tardi».

Da chi è formato il vostro team?
«Ho avuto subito la consapevolezza che da solo non sarei mai riuscito nell’impresa: ho deciso quindi di tornare a casa dopo due mesi ed elaborare un video teaser con quello che avevo girato. In questi cinque anni siamo riusciti a mettere su questo team, che è diventato una produzione cinematografica indipendente con quindici persone, dal segretario di produzione al capotecnico e ai macchinisti, dai fotografi alla veterinaria. Tutti credono per prima cosa nel progetto: sono retribuiti, ma molto meno rispetto ai prezzi di mercato. Abbiamo con noi anche l’antropologa olandese Ellev Derks, che avrà un ruolo chiave nell’approccio socio-culturale e linguistico in merito alle interviste relative ai diversi background che incontreremo. Senza questo team non sarei mai arrivato dove sono ora e se non fosse stato per i meriti di ciascuno non saremmo qui».

Quale sarà il vostro itinerario?
«Passeremo da 110 tappe che toccheranno molte regioni d’Italia attraverso il Sentiero Italia del Cai – Club Alpino Italiano, nostro partner. Sarà la nostra guida, ma siamo aperti agli imprevisti di percorso: la ricerca stessa nascerà sul campo, non abbiamo programmato nulla. Il fatto di viaggiare con un mulo è proprio propedeutico per creare incontri spontanei, che è quello che ci interessa. È un metodo rivoluzionario, perché utilizzare un mulo come strumento antropologico non è mai stato fatto fino a oggi».

Perché la scelta di Torino come tappa finale?
«Perché essendo una delle prime città industrializzate d’Italia, è stata la meta dei contadini che arrivavano da tutto il paese. Mestieri come l’artigiano e l’allevatore non si imparano sui libri, ma per esperienza diretta, e una volta che le persone sono andate a vivere in città questa esperienza si è persa. Vogliamo quindi seguire lo stesso percorso di migrazione utilizzando il mulo non più come mezzo di lavoro, ma come strumento per la diffusione di una cultura che si sta perdendo. Riempiremo le borse dei muli con il peso delle tradizioni che vogliamo raccogliere e portare a Torino».

Il Covid influirà sul vostro percorso di viaggio?
«Avendo una serie di contratti istituzionali e non, come la Regione Sicilia e il Parco Nazionale di Pantelleria, a tutti gli effetti ci stiamo muovendo per motivi di lavoro. Sicuramente quello che comporterà è che mentre nel 2017 ho ricevuto tanti inviti dalle persone che incontravamo nel cammino, con il Covid gli incontri ne risentiranno. Dall’altro lato penso che durante la pandemia parecchie persone si siano ritrasferite dalla città alle periferie, ma molti hanno più a cuore certe tematiche che prima non venivano trattate: le persone adesso sono più attratte da questo mondo agreste, che finora non ha avuto spazio. Ferrino, il nostro sponsor principale, ci ha detto che mai come quest’anno c’è stata richiesta di tende per fare campeggi all’aperto, come conseguenza dei mesi passati a casa».

Quando potremo vedere il documentario?
«Le riprese si concluderanno a ottobre e passeremo circa un anno in post-produzione, quindi sarà possibile vedere il prodotto finale nel 2023. Stiamo cercando non solo di produrre il film, ma l’idea è quella di realizzare anche una serie tv, più appetibile per servizi di streaming online. Ogni settimana invece usciremo sul nostro canale YouTube  con un video di backstage; tra un paio di settimane dovremmo pubblicare la prima puntata».

 

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Categorie: Ambiente

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