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14 Maggio 2021
Vivere il Ramadan
Al termine del mese più importante dell’Islam, un giovane torinese di origini marocchine ci racconta significato e tradizioni di questa ricorrenza
Adele Geja
Si è concluso ieri il Ramadan, nono mese del calendario islamico, durante il quale è vietato ai musulmani mangiare e bere dall’alba al tramonto; il conseguente digiuno è uno dei Cinque Pilastri dell’Islam. Si tratta di un periodo di preghiera e purificazione dai peccati, ma anche di riflessione interiore e condivisione: i fedeli sono esortati a compiere atti di carità evitando cattive azioni, bugie e litigi.
Per capire meglio questa ricorrenza, come si celebra in Italia e quali sono stati i cambiamenti causati dal Covid, abbiamo intervistato Adil, ventiquattrenne torinese di origini marocchine.
Cosa significa letteralmente “Ramadan”?
«La parola araba ramad, ovvero estinguere, bruciare, indicava inizialmente il mese torrido durante il quale, nella “Notte del destino” il profeta Maometto ricevette dall’arcangelo Gabriele la rivelazione del primo versetto del Corano: Leggi nel nome del tuo Dio che ha creato. Si tratta di un mese propenso per le rivelazioni di Allah all’umanità ed è per questo che è stato scelto come periodo adatto per il digiuno. Inoltre, il significato etimologico ben si addice alla condizione di purificazione, dove i peccati si estinguono tramite il digiuno».
Come si determinano l’inizio e la fine di questo mese?
«Il Ramadan inizia dalla prima comparsa della luna crescente, hilal, fino al termine di due cicli lunari di 14 o 15 giorni, quando sorge la luna nuova del mese successivo, shawwal. Questo momento segna la fine del mese, che si è celebrata proprio ieri, con l’Eid-al-Fitr, la “festa dell’interruzione”. Come tutto il calendario islamico, il Ramadan non ha una corrispondenza fissa con la scansione del tempo occidentale perché è basato sul ciclo lunare, che dura solo 28 o 29 giorni. Di conseguenza, comincia sempre circa 11 giorni prima rispetto all’anno precedente».
Qual è la giornata tipo nella tua famiglia durante il Ramadan?
«In realtà è una giornata come le altre, semplicemente non c’è la preoccupazione per la preparazione dei pasti. Prestiamo maggiore attenzione a noi stessi e agli altri e riflettiamo sulla fortuna di avere cose che troppo spesso diamo per scontate. Altre attività giornaliere sono le preghiere e la lettura integrale del Corano».
Cosa si mangia al tramonto?
«Di solito si inaugura Il pasto serale, l’iftar, con datteri e latte, cibi ad alto contenuto energetico, indicati dal Profeta per “spezzare” il digiuno. Non c’è un menu fisso, ma a casa mia la tavola del Ramadan è la migliore dell’anno. Dopo una zuppa di verdure, mangiamo pasti speciali come i piatti e i dolci tipici marocchini, ma anche la pizza. Al contrario di quanto si possa pensare però, non aumenta la quantità di cibo. Durante la notte reintegriamo i liquidi persi bevendo molta acqua. Circa alle 4 poi ci svegliamo per consumare il suhoor, ultimo pasto prima del sorgere del sole».
Quali sono stati i cambiamenti dovuti al Covid?
«Manca soprattutto la convivialità con la comunità musulmana. Le cene, prima spesso condivise con ospiti, adesso si svolgono unicamente in famiglia e le preghiere collettive non sono possibili per evitare assembramenti. Anche l’Eid-al-Fitr è cambiata. In precedenza, a Torino al Parco Dora si teneva una grande preghiera con tutta la comunità, seguita da scambi di regali, pranzi fuori e visite a parenti o amici, mentre quest’anno abbiamo festeggiato in casa».
Cosa significa il Ramadan per te?
«Grazie ai miei genitori che non mi hanno mai messo pressione, nel corso degli anni ho capito l’importanza e il significato del Ramadan, che per me è connesso a tre concetti principali. Innanzitutto la sincerità, verso gli altri ma soprattutto verso me stesso. So solo io che faccio il digiuno, è una sfida invisibile a vivere al meglio questo periodo, anche se non mi guarda nessuno. In secondo luogo il concetto di obbedienza, già presente nella vita quotidiana del fedele, a cui però in questo mese viene chiesto di rinunciare a qualcosa solitamente lecito e naturale. Infine, il cambiamento: durante il Ramadan rifletto su come potrei migliorare il mio comportamento verso me stesso e verso gli altri. Nonostante si pensi spesso a questo mese in termini di sacrificio e sofferenza, per me è sempre stato un periodo positivo, durante il quale ad esempio ho vissuto serenamente la maturità e sostenuto con successo diversi esami universitari. Certo, i primi giorni sono duri e patisco soprattutto la disidratazione che provoca mal di testa, ma dopo un po’ il corpo si abitua, tanto che negli ultimi giorni abbiamo mangiato sempre meno a cena».
La cosa più bella di questo periodo?
«Ciò che amo di più del Ramadan è l’atmosfera speciale che si crea nei momenti in famiglia e con la comunità. È bello sapere di vivere queste sensazioni insieme a circa 1.4 miliardi di musulmani in tutto il mondo che, nonostante i cambiamenti della società, in questo mese sperimentano da secoli sempre lo stesso livello di pazienza, equilibrio e fedeltà verso i propri valori. Mi affascina anche l’aspetto ancestrale dei cicli solare e lunare, che scandiscono la giornata al posto dei ritmi frenetici della modernità».