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2 Luglio 2021

Progetto Unidad: per la didattica online anche dopo la pandemia

Lezioni registrate ed esami a distanza sono le richieste dell’organizzazione studentesca nata a Torino ma che conta migliaia di aderenti in tutta Italia

Sara Albanese

Lezione online su portatile - Unidad

Molti studenti vorrebbero continuare l’università a distanza

Dall’inizio dell’emergenza sanitaria la didattica online ha generato un grande dibattito. Fra le tante voci, lo scorso anno a Torino è nato il progetto Unidad, che propone la Dad come modalità integrativa dell’istruzione universitaria. L’omonimo gruppo Facebook conta oltre 9mila membri e le testimonianze di studenti e studentesse a favore non sono poche.
In questa intervista una ragazza che parla a nome del direttivo di Unidad e che preferisce restare anonima ci racconta perché la didattica a distanza debba continuare anche dopo la fine della pandemia.

Come nasce l’idea del progetto?
«Unidad nasce nell’autunno del 2020 da un gruppo di studenti dell’Università di Torino, ma oggi ha referenti un po’ in tutti gli atenei italiani. Il diritto allo studio è sancito dall’Art. 34 della Costituzione Italiana e rafforzato dall’Art. 3, che ci dice come i diritti debbano essere estesi a tutti. Questa idea è alla base di Unidad. Ci sono “categorie”, termine brutto ma utile, di studenti universitari che però non godono di tale diritto perché non hanno la possibilità di frequentare l’università in presenza. Basta pensare ai molti studenti lavoratori, pendolari, genitori, caregiver familiari, studenti con problemi di salute, i numerosissimi fuorisede. Per tutti loro, per tutti noi, la Dad ha significato un vero e proprio momento di inclusione e di diritto allo studio».

Perché per voi è importante mantenere la didattica a distanza?
«Noi non vogliamo mantenere la didattica a distanza, ma garantire il diritto allo studio affiancando alla didattica in presenza la didattica integrata o blended. Ciò vorrebbe dire poter usufruire delle lezioni nel momento in cui si svolgono e avere così l’opportunità di interagire in diretta con i docenti e coi propri compagni. Servirebbe anche a risolvere il problema delle aule sovraffollate e quello delle sovrapposizioni delle lezioni; la didattica integrata permetterebbe di usufruire delle lezioni registrate, utili a chi non può frequentare in presenza perché appunto magari lavora o a chi, pur potendo frequentare, vuole approfondire un argomento particolarmente difficile non compreso in classe. Infine, sarebbe importante poter svolgere gli esami a distanza: una grande opportunità per conciliare le differenti esigenze lavorative, familiari, logistiche, e di salute di moltissimi studenti».

Data la probabile riapertura delle aule universitarie da settembre, ci sono state risposte ufficiali da parte degli atenei italiani?
«Come tutte le istituzioni, gli atenei stanno valutando i pro e i contro di quello che è avvenuto in un momento di trauma nazionale, cioè durante la pandemia. Purtroppo, come avviene durante gli eventi traumatici, si tende a ricordare sempre e solo il lato negativo di una cosa, specialmente se imposta. Il nostro gruppo si prefigge di essere la memoria storica di quello che di positivo c’è stato. Con le nostre lettere a ministri, rettori e prorettori, con le nostre azioni tramite i rappresentanti degli studenti di ciascun ateneo, stiamo cercando di lottare per il diritto allo studio, ma stiamo anche tentando di far capire alle università che vogliamo solo preservare le cose positive di cui abbiamo usufruito. Significa essere contrari al ritorno in presenza? Assolutamente no. Gli atenei Italiani stanno facendo sondaggi per capire come muoversi e noi vogliamo aiutarli a capire che abbiamo bisogno che questa modalità venga mantenuta».

Stando ai numeri del vostro gruppo Facebook, molti studenti e studentesse sono d’accordo. Ma quali potrebbero essere le incertezze da parte di chi è meno favorevole?
«I nostri numeri sono alti e se riuscissimo a raggiungere tutti gli studenti sarebbero probabilmente altissimi. Molte volte ci viene chiesto perché non ci iscriviamo a una università telematica. La risposta è molto semplice: per i costi elevatissimi, che pochi possono permettersi, e una scelta di indirizzi troppo ristretta; ancora una volta ci sarebbero enormi discriminazioni. Spesso ci viene anche fatto notare che la socialità è importante, ma noi questo lo sappiamo e infatti chiediamo solo di avere una modalità aggiuntiva di apprendimento e non di togliere la presenza. Ognuno è libero di scegliere la strada da percorrere. Vogliamo anche poter essere lifelong students come prevede il quarto Obiettivo di Sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite. La didattica a distanza integrata renderebbe tutto questo possibile, favorendo l’inclusione e il diritto allo studio».

 

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Commenti (1)

  1. Lara ha detto:

    Salve,a fronte del nuovo decreto legge che prevede il green pass per gli studenti universitari,come si farà per permettere a chi non ha il vaccino il rientro in aula?non si può pensare di fare il tampone ogni 48 ore ,pertanto la Dad rimane per questi studenti l’unica soluzione.

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