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8 Settembre 2021
Carlotta Gilli, una Paralimpiade da sogno
Intervista alla nuotatrice di Moncalieri che in Giappone ha ottenuto cinque podi e un record mondiale
Adele Geja
Si sono chiuse domenica 5 settembre le Paralimpiadi di Tokyo 2020 con un trionfale bilancio per la squadra italiana: nona posizione nel medagliere e 69 podi con 14 ori, 29 argenti e 26 bronzi, che sommandosi ai risultati olimpici di qualche settimana fa portano il nostro paese allo storico risultato complessivo di 109 medaglie.
Un contributo fondamentale è arrivato dal nuoto da Carlotta Gilli, torinese classe 2001, che ha conquistato 2 ori (100 farfalla e 200 misti), 2 argenti (100 dorso e 400 stile), 1 bronzo (50 stile) e un record del mondo (200 misti, 2:21.44) nella categoria S13 femminile, in cui competono le atlete con ipovisione.
Carlotta, che fin da piccola convive con la malattia di Stargardt – una retinopatia degenerativa su base genetica che ha fatto diminuire la sua vista da 10/10 a 1/10 nell’arco di sei anni – vive a Moncalieri, studia Scienze e Tecniche Psicologiche e si allena alla Rari Nantes Torino. Dopo svariati successi nelle categorie giovanili e assolute Fin, dal 2017 gareggia per la Finp, l’analoga federazione del Comitato Italiano Paralimpico, con cui ha già partecipato a diversi appuntamenti internazionali e ottenuto 10 record del mondo, 4 record europei e tutti i record italiani su ogni distanza.
Per sapere di più della bellissima esperienza di sport e di vita vissuta a Tokyo, abbiamo fatto quattro chiacchiere con lei il giorno dopo il suo ritorno.
In che periodo sei stata in Giappone?
«Arrivata l’11 agosto, ho trascorso dieci giorni in collegiale a Sendai, mentre il 21 ci siamo trasferiti al Villaggio Paralimpico, dove alloggiavamo in una palazzina riservata alla delegazione italiana. Il 24 sera si è svolta la cerimonia di apertura, a cui purtroppo non ho potuto partecipare perché ho iniziato a gareggiare già il 25, con i 100 farfalla. Con il mio allenatore avevamo deciso infatti che avrei partecipato a tutte le competizioni disponibili per la mia categoria e quindi ho gareggiato quasi tutti i giorni successivi con i 100 dorso il 26, i 400 stile il 27, i 50 stile il 29, i 200 misti il 30 e infine il primo settembre i 100 rana. Due giorni dopo sono tornata in Italia».
Com’era la vita quotidiana alle Paralimpiadi?
«Avevo poco tempo libero, che dedicavo al riposo o agli allenamenti. Inoltre, facevamo tamponi tutti i giorni ed eravamo costantemente monitorati da un’applicazione che ci avvertiva se passavamo più di 15 minuti vicino a una persona. Non ho nemmeno assistito alle gare dei miei compagni, poiché il pass per entrare in piscina era valido solo durante i giorni in cui gareggiavo io. Tuttavia, durante il soggiorno al villaggio ho conosciuto gli atleti italiani di altre discipline: è stato bello perché non mi era mai capitato di condividere una trasferta con persone appartenenti a un altro sport».
Ti aspettavi questi risultati?
«Sapevo di essermi allenata bene, ma non credevo di poter ottenere queste medaglie nuotando contro le atlete più forti al mondo. Un po’ ci speravo, ma questa era la mia prima esperienza olimpica e prima di partire ero molto titubante e ansiosa».
Qual è stato il momento più bello?
«Non so scegliere: ho vissuto emozioni pazzesche sin dal momento della convocazione, quando siamo stati ricevuti dal Presidente Mattarella, poi l’arrivo al villaggio, quando sono entrata per la prima volta all’Aquatics Centre, infine le premiazioni… tutti momenti indimenticabili! Allo stesso modo non so dirti quale gara ho preferito: tutte hanno avuto il loro perché e, anche se le medaglie d’oro sono un’enorme soddisfazione, nei 50 stile il risultato è stato assolutamente inaspettato e mi ha reso felicissima, così come gli altri due podi, ottenuti in distanze che ho iniziato a preparare seriamente da poco tempo. È stato meraviglioso condividere quest’esperienza con tutta la nazionale: siamo una squadra molto unita, cosa che aiuta a vivere meglio i momenti di stress».
Quali sono i tuoi progetti per il futuro?
«Nell’immediato voglio riposarmi, godendomi un mese di vacanza. L’obiettivo per i prossimi mesi è invece provare a entrare in Polizia: sono già tesserata per le Fiamme Oro, il gruppo sportivo della Polizia di Stato, ma noi atleti paralimpici non siamo arruolati e quindi “in servizio” come gli atleti olimpici. Grazie a una nuova riforma legislativa, spero di essere la prima atleta paralimpica a entrare a tutti gli effetti in un corpo militare, cosa che mi permetterebbe di dedicarmi allo sport con più serenità, terminando al contempo la carriera universitaria».
Riesci a conciliare sport e studio?
«Da universitaria faccio molta fatica: teoricamente l’Università di Torino avrebbe un protocollo per gli studenti-atleti, ma di fatto quasi nessun docente del mio corso lo applica, costringendomi a saltare intere sessioni d’esame perché magari proprio in quei giorni sono impegnata con gare importanti o collegiali. Durante le medie e le superiori, frequentate all’Istituto Salesiano Valsalice, era molto meglio: non ho mai chiesto sconti sullo studio, ma tutto il corpo docente si è sempre mostrato disponibile a venirmi incontro, spostando ad esempio le date di interrogazioni e verifiche».