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6 Ottobre 2021

La guerra dei meme

Un saggio ricostruisce la fenomenologia delle vignette che spopolano in rete: chiave di interpretazione del mezzo di comunicazione e creatività di un’intera generazione

Vincenza Di Lecce

Personaggi di Toy Story con scritta Meme ovunque

Il web ormai vive di meme

Alzi la mano chi non ne ha mai visto uno. Anzi, accade sempre più spesso di venire a conoscenza di un evento rilevante – dal punto di vista politico o culturale – proprio perché sul web ci si ritrova inondati da decine di meme, cioè di vignette ironiche o divertenti che alludono allo stesso evento.
Ma che cosa sono esattamente? Dire che si tratta di immaginette buffe sarebbe riduttivo. I meme sono oggi molto di più di un contenuto virale: è questo quello che spiega Alessandro Lolli, classe 1989, romano, autore del saggio La guerra dei meme. Fenomenologia di uno scherzo infinito (effequ 2020).

DALLA MEMETICA AL MEME ONLINE
Il meme egoista è il primo capitolo del saggio: Lolli torna indietro fino al 1976 e arriva a Il gene egoista di Richard Dawkins. Il parallelo con gli studi dello studioso britannico suona all’incirca così: i geni sono dei replicatori il cui scopo non è altro che riprodurre se stessi. Per farlo, nel corso dei millenni hanno costruito veicoli sempre più complessi: virus, piante, animali, uomini. Allora il meme (parola ispirata dalla radice greca mimeme cioè “imitazione”) può essere considerato l’equivalente culturale del gene. La somiglianza tra i due elementi sta nella loro caratteristica principale: “Il meme – afferma l’autore – è tutto ciò che nella cultura si replica”.
Nel secondo capitolo, Il meme online, l’avventura alla scoperta dei meme passa dall’analisi delle community in cui il fenomeno cresce e si evolve: un contenuto virale che non mira a riprodursi ma a reinventarsi continuamente. Non per niente lo scorso 17 settembre, in occasione dei Graphic Days di Torino, NewTab Studio ha esposto una raccolta antologica delle 30 cornici memetiche più significative della storia di Internet, selezionate e raccontate proprio da Alessandro Lolli.

I MEMER
Dov’è nato il primo meme? Certo senza l’avvento di Internet i meme non sarebbero stati neanche pensabili. Tuttavia dire Internet è dire niente. “La forma dei suoi spazi – afferma Lolli – è cambiata molto nel corso dei decenni, al punto che è comunemente accettata la scansione cronologica che divide il primo Internet dall’attuale, quello noto come 2.0”. Se il primo web era caratterizzato da contenuti creati da una piccola percentuale di professionisti e poi elargiti all’utenza, il secondo vive invece intorno alla figura del “prosumer”, cioè “producer” e “consumer” allo stesso tempo.
La nascita dei meme avviene proprio in una delle piattaforme di passaggio da un web all’altro. Il forum 4chan è stato il principale luogo di produzione dei meme, uno spazio che si basava sulle immagini e sull’anonimato. Da lì, i contenuti si diffondevano poi nel resto del web: “A ogni passaggio – spiega Lolli – i meme si logoravano, perdendo legittimità nella community che li aveva generati”. Nel corso degli anni e soprattutto con l’avvento di Facebook, però, le dinamiche di diffusione dei meme sono cambiate: “Oggi – afferma l’autore – il fenomeno ha raggiunto la maturità di una forma espressiva generazionale che coinvolge sempre più attori”. Diventando ben presto uno dei dispositivi linguistici più utilizzati sul web.

IL MEME POLITICO
Se vi dicessero che i meme fanno (anche) politica? Cosa c’entrano con la lotta per il riconoscimento delle identità minoritarie e la cancel culture? Abbiamo ripercorso storia e significato culturale del meme come nuova modalità espressiva, ma cos’altro si nasconde dietro queste immagini ironiche che popolano le nostre giornate online?
Soprattutto negli Usa alcuni aspetti culturalmente pregnanti sembrano flirtare particolarmente con l’Alt Right, l’estrema destra americana, che sostiene che The Left Can’t Meme, “La sinistra non può, non è capace, di usare i meme”. Questo perché i meme migliori sono spesso quelli più cinici, più politicamente scorretti e quindi, almeno in teoria, più vicini alle retoriche della destra.
Ma è davvero così? Trasgressione e ironia non sono adatti a una sinistra troppo ancorata ai suoi valori? Che ne è stato, allora, dei valori della destra? Queste le domande a cui Lolli prova a rispondere nel suo saggio.
Intanto si continua a memare e lo scherzo sembra proprio infinito.

 

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Categorie: Tecnologie

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