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27 Dicembre 2021

Metaverso: vivremo in un mondo virtuale?

La nuova sfida di Mark Zuckerberg è creare un universo digitale e immersivo in cui incontreremo gli amici, faremo riunioni e trascorreremo il tempo libero

Fabiana Re

Ragazza con visore e sensori in mano - Metaverso

Si entra nel Metaverso con un visore e sensori in mano

Fino a qualche decennio fa, solo i più arditi film di fantascienza osavano immaginare una vita in un mondo virtuale. Oggi qualcuno pensa di poter rendere tutto ciò una realtà. E se quel qualcuno si chiama Mark Zuckerberg e a 37 anni è uno dei più celebri imprenditori digitali del mondo, conviene prestare attenzione alle sue intuizioni.
La sua idea di Metaverso è sulla bocca di tutti, mentre la parola “Meta” ci strizza l’occhio ogni volta che apriamo l’app di Facebook o Instagram. Ma, in sostanza, di cosa si tratta? Davvero in un futuro prossimo vivremo immersi in una realtà virtuale?

IL METAVERSO SECONDO ZUCKENBERG
Ancora non esiste una definizione tecnica del Metaverso. Possiamo però immaginarlo come uno spazio virtuale tridimensionale, un intero universo in cui ritrovare tutte le nostre attività quotidiane (riunioni, allenamenti, concerti, eventi…) e in cui interagire con gli avatar di altre persone. A garantire un’esperienza immersiva è un visore apposito, Oculus Quest 2, porta d’accesso al mondo digitale. Basta indossarlo per ritrovarsi catapultati in un ambiente completamente diverso da quello in cui il nostro corpo si trova, senza fare un solo passo.
Zuckerberg insomma sogna quindi un futuro in cui le persone trascorrono il proprio tempo libero e incontrano gli amici in un mondo virtuale. «Crediamo che il Metaverso sarà il successore degli smartphone, potremo sentirci presenti come se fossimo lì con le persone, non importa quanto distanti siamo realmente», ha annunciato in occasione del lancio di Meta, la compagnia che ora raggruppa Facebook, Messenger, Instagram, WhatsApp e Oculus.
Il creatore di Facebook è pronto a scommettere sulla sua visione: nel 2021 la divisione operativa che si occupa di realtà virtuale ha ricevuto 10 miliardi di dollari di investimenti. La fiducia traspare anche dai suoi occhi quando racconta come sarà il Metaverso e mostra i mondi a cui si potrà accedere semplicemente indossando il visore Oculus.

24 ORE NEL METAVERSO
Data la sua complessità, lo stesso Zuckerberg ammette che il perfezionamento del Metaverso richiederà almeno una decina di anni. Tuttavia ne esiste già una versione base con alcune app che consentono di partecipare a riunioni e incontri, guardare video o giocare. Per comprendere meglio il futuro che – forse – ci aspetta, la giornalista Joanna Stern del Wall Street Journal ha provato a trascorrere 24 ore in questo mondo virtuale, filmando la propria esperienza.
Il primo, grande limite del Metaverso di oggi è la grafica: gli avatar sembrano usciti da brutti cartoni animati e spesso non hanno le gambe. C’è una motivazione: mentre i gesti delle braccia sono intuibili grazie agli appositi sensori in dotazione con il visore, non c’è modo di prevedere quali siano i movimenti della parte inferiore del corpo. Tuttavia ritrovarsi in un mondo di mezzi busti fluttuanti è parecchio strano.
In questa realtà parallela, in un parco digitale Stern incontra gli avatar di persone che abitano chissà dove grazie all’app AltspaceVR, fa colazione in uno scenario andino usando l’app del National Geographic, partecipa a una riunione di lavoro con i suoi colleghi – o meglio, con le loro rappresentazioni virtuali. Al termine della giornata gli occhi bruciano e il collo è un po’ indolenzito dal peso del visore: «Non raccomanderei a nessuno di farlo», conclude la giornalista.

TRA SOGNI E (DURA) REALTÀ
Invece le grandi compagnie del mondo tech stanno già investendo per popolare il Metaverso per primi. Le persone sceglieranno di abbandonare il mondo reale in favore di quello digitale? O prevarranno i dubbi sulla scarsa privacy e sicurezza offerta dalla piattaforma?
C’è chi sostiene che la promessa di una realtà virtuale sia una trovata per distogliere l’attenzione dai problemi concreti che Facebook deve affrontare, dalla disinformazione all’impatto sulla salute mentale dei più giovani. Il Metaverso sembra allora un imponente strumento di distrazione di massa. La domanda urgente, quindi, diventa: davvero vogliamo farci distrarre?

 

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Categorie: Tecnologie

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