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24 Agosto 2022

Agenda 2030: cos’è e a che punto siamo

Vediamo in cosa consiste il patto sottoscritto dai Paesi membri dell’Onu, i suoi 17 obiettivi con cui raggiungere la piena sostenibilità e lo stato di avanzamento verso questo impegno

Antonio Tedesco

Tabella con i 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile dell'Agenda 2030

I 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile dell’Agenda 2030

“Un programma d’azione per le persone, il pianeta e la prosperità”. È questo l’intento dell’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile, sottoscritta il 25 settembre 2015 dai 193 Paesi delle Nazioni Unite, tra cui l’Italia, per provare a invertire la rotta di un sistema ormai da sostituire, per la preservazione della Terra e per garantire il rispetto dei diritti umani in tutte le loro sfaccettature.
In vista delle prossime elezioni politiche può essere utile andare a confrontare i vari programmi di coalizioni e partiti con gli intenti che si prefigge un documento a lungo raggio come l’Agenda. I prossimi cinque anni saranno infatti fondamentali, per avere un quadro chiaro dei compiti portati a termine e dell’eventuale cambio di direzione apportato dal Patto per la sostenibilità.

SU COSA SI BASA L’AGENDA 2030
L’Agenda 2030 si distingue da altri patti Internazionali poiché per la prima volta viene espresso un chiaro giudizio sull’insostenibilità dell’attuale modello di sviluppo, non solo sul piano ambientale, ma anche su quello economico e sociale, affermando in questo modo una visione integrata delle diverse dimensioni.
I concetti chiave sono 5: le persone, con l’obiettivo di eliminare fame e povertà in tutte le forme, garantendo quindi dignità e uguaglianza; la prosperità, per garantire vite piene e in armonia con la natura; la pace, per avere società pacifiche, giuste e inclusive; la partnership, facendo della collaborazione tra diversi attori un punto solido da implementare; infine il Pianeta e la protezione delle sue risorse naturali e del clima, anche per salvaguardare le generazioni future.
In questo quadro sono definiti 17 Obiettivi di sviluppo sostenibile (Sustainable Development Goals – SDGs nell’acronimo inglese) da raggiungere entro il 2030, articolati in 169 Target. Essi tengono conto in maniera equilibrata delle tre dimensioni dello sviluppo sostenibile – ossia economica, sociale ed ecologica – e vanno a costituire un unico documento programmatico. L’attuazione dei Goal richiede inoltre un forte coinvolgimento di tutte le componenti della società, dalle imprese private al settore pubblico, dalla società civile agli operatori dell’informazione e della cultura.
Il processo di cambiamento del modello di sviluppo viene monitorato inoltre attraverso oltre 240 indicatori: rispetto a tali parametri, ciascun Paese viene valutato periodicamente in sede Onu e dalle opinioni pubbliche nazionali e internazionali.

LO STATO DEGLI OBIETTIVI IN ITALIA…
A monitorare le politiche pubbliche italiane e i comportamenti effettivamente attuati nell’ottica dell’Agenda 2030 e dei suoi 17 obiettivi è l’Alleanza Italiana per lo sviluppo sostenibile (Asvis), che dal 2017 realizza un Rapporto annuale sulla situazione.
Il Report 2021 (l’ultimo elaborato) mostra come il progresso verso gli Obiettivi sia stato messo seriamente a rischio. Secondo il documento, infatti, tra il 2019 e il 2020 il nostro Paese ha mostrato segni di miglioramento solo per tre Obiettivi, relativi a sistema energetico (Goal 7), lotta al cambiamento climatico (Goal 13), giustizia e istituzioni solide (Goal 16). Si registra una sostanziale stabilità per alimentazione e agricoltura sostenibile (Goal 2), acqua (Goal 6) e innovazione (Goal 9), mentre sono peggiorati gli indicatori relativi a nove obiettivi: povertà (Goal 1), salute (Goal 3), educazione (Goal 4), uguaglianza di genere (Goal 5), condizione economica e occupazionale (Goal 8), disuguaglianze (Goal 10), condizioni delle città (Goal 11), ecosistema terrestre (Goal 15) e cooperazione internazionale (Goal 17).
Per i Goal 12 e 14 (rispettivamente consumo e produzione responsabile e vita sott’acqua) l’assenza di informazioni relative al 2020 non ha permesso una valutazione completa.

…E NEL MONDO
Da uno studio della rivista scientifica Nature viene fuori invece un quadro generale dell’attuazione del programma pattuito tra i 193 Paesi membri dell’Onu. Definendo l’impatto allo stato attuale come soprattutto “discorsivo”, la ricerca sottolinea come l’universalità, la coerenza, l’integrazione e il “non lasciare indietro nessuno“, siano sì diventati parte dei discorsi tradizionali delle istituzioni, ma a mancare è l’apporto di riforme veramente concrete nel perseguire il raggiungimento di tali obiettivi.
Gli stessi cambiamenti presi in analisi per valutare l’impatto dei Goal nelle politiche pubbliche degli Stati sono difficili da addebitare totalmente all’Agenda 2030, visti i processi di governance che spesso sono partiti prima della sua stesura. Di più facile applicazione risulta invece l’attuazione degli Obiettivi a livello locale, su input sia statale che privato. Le città e gli enti regionali, anche sulla spinta di attori della società civile, riescono infatti ad avere quel passo in più nell’attuazione di politiche progressiste e su punti programmatici vicini all’Agenda.
Per quanto riguarda l’interesse verso lo sviluppo sostenibile degli attori privati, lo studio parla di “Sdg washing”, intendendo quella pratica per cui gli attori aziendali che storicamente non hanno mai perseguito la sostenibilità dello sviluppo dando precedenza ai profitti, adesso cercano di ripulire la loro immagine con la retorica dell’Agenda 2030. Rimane da capire se quelle che finora sono soprattutto belle parole riusciranno a trasformarsi quindi in un vero cambio di paradigma nel modo di pensare lo sviluppo: la scadenza del 2030 sembra però più vicina che mai.

 

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Categorie: Ambiente

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