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18 Settembre 2024

Il doomscrolling: navigare nella negatività

Sono in tanti a trovarsi intrappolati tra le brutte notizie condivise sui social, causa di inquietudine e smarrimento

Sara Masella

Ragazza sdraiata sul divano al cellulare - Doomscrolling

Il doomscrolling è la trappola dei social

Ormai capita a tutti: prendiamo il telefono con l’intenzione di dare una sbirciata ai social per non più di dieci minuti ma ci troviamo a scorrere fra tiktok, reel e tweet spesso anche dai toni cupi, solo per renderci conto che sono già passate due ore. Tutto questo può essere racchiuso in un solo termine: doomscrolling.

Più precisamente questo termine indica lo scorrere (scrolling, appunto) tra notizie, video e post particolarmente negativi, tragici e catastrofici (da qui doom, letteralmente destino tragico, rovina o sventura). Non sorprende che il neologismo sia entrato in circolazione proprio nel 2020, quando con la pandemia aumentavano esponenzialmente – oltre al tempo a nostra disposizione – le cattive notizie e con loro l’ansia, la paura e l’inquietudine.
La nostra natura curiosa non aiuta: quando ci troviamo di fronte a qualche disastro parte di noi ne è attratta, vuole saperne di più e insieme al potere dei social di creare dipendenza ci spinge in una ricerca ossessiva di tragedie.

Oggi il termine doomscrolling viene spesso utilizzato anche per descrivere semplicemente lo scorrere tra contenuti social per ore, senza riuscire a fermarsi. In questo caso “doom” va interpretato meno letteralmente, come un “destino tragico” dato proprio da questa apparente incapacità di porre fine alla navigazione compulsiva. Colpevole soprattutto la funzione di “infinite scroll” – scorrimento infinito – di app come Instagram o Tiktok, nelle quali i video ci vengono proposti uno dopo l’altro: se non fossimo noi a fermarci si potrebbe davvero andare avanti all’infinito.

A cedere più facilmente sono i giovani, in particolare chi è più predisposto a disturbi d’ansia o depressione: il fenomeno deriva in questi casi dal desiderio di avere il controllo sull’incertezza o sul pericolo, nel tentativo di anticiparli, informandosi su quante più situazioni negative possibili.
Contribuisce anche il bias di conferma, una tendenza cognitiva che porta a cercare informazioni che corrispondano a ciò che già crediamo: se siamo particolarmente pessimisti cercheremo notizie che diano appoggio a queste convinzioni. Non può mancare poi la Fomo, la paura di sentirsi esclusi che, davanti alle montagne di contenuti che ci circondano, porta a scorrere incessantemente per non perdersi nulla.

Anche se fermarsi sembra impossibile, però, non lo è, e non mancano gli stratagemmi per evitare che il tempo passato sui social si trasformi in una fonte di angoscia.
Una delle soluzioni è la funzione di limite di tempo, già presente nei cellulari, che ci consente di decidere quanto tempo vogliamo passare sui social, così da bloccarne l’utilizzo. Sta a noi, ovviamente, decidere se ignorare la limitazione o rispettarla. Esistono ormai anche decine di applicazioni pensate proprio per impedirci di utilizzare le app che vogliamo evitare, invitandoci a riflettere o premiandoci per il tempo trascorso lontano dal telefono.
Una soluzione più scontata, ma altrettanto efficace (con un po’ di buona volontà) è quella di allontanare da noi i dispositivi elettronici. Se a questo aggiungiamo altri passatempi, come la lettura o l’attività sportiva, riusciremo a ridurre la nostra voglia di andare a prendere il cellulare abbandonato in un’altra stanza.

Se tutto questo non è sufficiente, allora, meglio ingannare l’algoritmo prima che sia lui a ingannare noi: come sappiamo, ci vengono mostrati contenuti simili a quelli con i quali interagiamo. Se questo è vero per le brutte notizie allora possiamo iniziare a salvare, condividere e mettere mi piace esclusivamente a post e video più positivi, motivazionali o che ci mettono allegria (i video di gattini sono sempre un’ottima idea).
Quando rimanere lontani dai social risulta difficile, così facendo potremo almeno assicurarci che il tempo trascorso “scrollando”, invece di scoraggiarci, ci rincuori.

 

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Categorie: Primo piano, Tecnologie

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