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11 Ottobre 2024

#Finiscequi contro le discriminazioni

Si tratta di un hashtag e una campagna che hanno l’obiettivo di far emergere e contrastare i pregiudizi all’interno dell’università

Egle Amari

Volantini della campagna contro le discriminazioni #Finiscequi

Volantini della campagna #Finiscequi

Nel 2022 l’Università di Trento ha lanciato l’hashtag #Finiscequi, che più recentemente è stato accolto anche da altri atenei italiani come Roma, Genova e Brescia. L’iniziativa è una vera e propria campagna di sensibilizzazione per denunciare tutte le discriminazioni e i sessismi che si verificano all’interno delle università.

La campagna ha l’obiettivo quindi di sensibilizzare il mondo accademico rendendolo un luogo inclusivo, dove si deve avere rispetto delle differenze. Spesso invece non è così e infatti l’hashtag raccoglie e denuncia tutte quelle frasi utilizzate per rivolgersi in modo discriminatorio a studenti e studentesse, espressioni basate su identità di genere, orientamento sessuale, disabilità, etnia e religione.
Nelle sedi universitarie aderenti troviamo lo strumento principale di questa iniziativa, ossia i volantini e i manifesti con frasi del tipo: “Mi ha chiamata alla lavagna per l’esercizio come valletta”, “Dice che ho un bel modo di pormi perché non sembro troppo gay”, “Si è abbassato per parlarmi. Sono sulla sedia a rotelle, non sono un bambino piccolo“, e “Sulla ricerca non ha fatto commenti. Mi ha chiesto se porto il velo per scelta”.
A una prima lettura possono sembrare frasi neutre, ma l’iniziativa vuole porre l’accento sulla natura ambigua di alcuni comportamenti e parole apparentemente innocui, ma che manifestano in modo indiretto e sottile pregiudizi e offese che possono ferire, causare disagio ed emarginare.
Il linguaggio è complesso e saper utilizzare le parole in modo appropriato richiede molta attenzione, quindi bisogna riflettere su ciò che si vuole dire e sui possibili significati impliciti che i termini acquisiscono: quando ci si rivolge a un’altra persona è necessario mettersi nei suoi panni. Spesso si sentono frasi come “Ma è solo una battuta”, “Stavo scherzando” o “Non si può più dire niente”, utilizzate per cercare di minimizzare ciò che si è detto, senza considerare che le parole e le frasi che vengono pronunciate hanno un peso e possono urtare la sensibilità altrui.

Secondo l’Udu (Unione degli Universitari) più del 20% degli studenti ritiene che le università italiane non siano dei luoghi sicuri , oltre il 34% ha sentito parlare di molestie e discriminazioni all’interno delle università e le figure che vengono percepite come più pericolose sono proprio i docenti. Una soluzione proposta è l’introduzione di presidi antiviolenza in ogni ateneo, mentre in molti (tra cui Unito) è già presente la figura della Consigliera di fiducia: si tratta di una persona che raccoglie eventuali segnalazioni di comportamenti discriminatori, svolgendo un ruolo di ascolto, mediazione e supporto.

 

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Categorie: Primo piano, Università

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