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28 Febbraio 2012

A 110 parla la nuova Arisa

La finalista di Sanremo, ospite ieri della web radio dell’Università, ha raccontato la sua svolta artistica e i retroscena dell’ultimo album, “Amami”

 

Valentina Esposito

 

Arisa si racconta ai microfoni di radio 110

Quando arriviamo negli studi di 110 l’atmosfera è allegra, distesa, mentre fervono gli ultimi preparativi per l’arrivo della cantante di origine lucana, autrice del famoso tormentone “Sincerità” e reduce dall’ultima edizione di Sanremo. Lei, Arisa, arriva puntuale: occhiali da sole tondi alla John Lennon, sciarpa rossa, maglioncino grigio ed una ventata di buonumore, entra nello studio salutando amichevolmente i presenti, seguita da un nutrito gruppo di persone.
Pochi minuti, il tempo di sistemarsi le grandi cuffie e di fare due chiacchiere, e la diretta comincia: a fare le domande è lo staff di 110.

Arisa, tu sei una cantante giovane, di talento, qual è il tuo rapporto con… l’università?
«A me piacerebbe veramente tanto iniziare un corso di filosofia e, perché no, anche di letteratura. A scuola non ero una cima, ma c’erano alcune materie che adoravo: filosofia, letteratura italiana e latina. Assolutamente non la matematica o la fisica, proprio no».

Ora parliamo un po’ del tuo look molto particolare che ha caratterizzato il tuo personaggio in questi anni. Il cambio improvviso era già dentro di te, oppure è stato un esperimento nuovo?
«Mi piace pensare di essere composta di tante parti, ma le predominanti sono solo tre: quella più sbarazzina, sostanzialmente Arisa; quella più morigerata e tranquilla, che si identifica in Rosalba, il mio vero nome; infine, la parte più femminile, più “donna”, che chiamo Penelope. Ho sempre avuto un po’ di difficoltà con Penelope, poiché è decisamente diversa rispetto alle altre. Ultimamente sono un po’ meno in conflitto con lei, perché finalmente la donna che è in me ha preso possesso delle sue potenzialità, rendendomi più “femminile”. Credo che tutti abbiano delle insicurezze, le mie le ho nascoste dietro occhiali grandi e rossetto pesante, ma era tutta apparenza, per difendermi. Ora sono decisamente più libera, non ho paura di rischiare, di azzardare. Tutte le soddisfazioni che vivo so che sono merito mio».

L’immagine che hai dato della tua musica è quella della “canzonetta allegra”, mentre analizzando meglio i tuoi testi si capisce lo spessore delle tue canzoni. Si potrebbe fare un’analogia con Sergio Endrigo, il famoso autore di canzoni per bambini…
«Anzitutto, ringrazio per il paragone. Ho sempre creduto che, per far capire qualcosa di te alle persone bastasse associare l’idea ad un motivetto semplice, ad una canzonetta. Purtroppo però molti si fermano alla superficie, alla melodia facile, e quindi ultimamente ho provato a fa arrivare la profondità del mio messaggio senza indugiare troppo. Infatti “Pace”, la canzone con cui ho aperto i concerti di Battiato, ha avuto pochissimo riscontro televisivo, ma dal vivo è piaciuta molto.

Cosa fai quanto non canti?
«Io canto sempre!».

Come sei riuscita ad iniziare la tua carriera artistica?
«Si può dire che mi sia inventata, ecco. All’inizio, a Milano, facevo piccoli lavoretti e frequentavo l’università, ma poi ho smesso per iniziare un corso da estetista, un lavoro che mi è molto piaciuto. Dopo ho conosciuto il mio ex, Giuseppe, a cui piaceva la mia voce e che mi offrì di cantale le sue canzoni. “Amami”, per esempio, l’ha scritta lui e questo album mi ha aiutato a superare la nostra rottura. Mauro Pagani, che ha prodotto il disco scrivendone molte canzoni, è stato veramente paziente. Ogni traccia è una fase della mia relazione con Giuseppe: la speranza, la crisi, il rimpianto, la fine. È stato difficile, ma credo che esista il vero amore, che quando finisce può incanalarsi in qualcosa di altrettanto bello, come l’Arte».

Cosa pensi delle donne cantautrici?
«La sensibilità femminile si rivela tutta nella scrittura, penso che la donna abbia un modo di esprimersi del tutto personale e intimo. Io scrivo per necessità ed è questo che mi lega a tutte le altre mie colleghe. Inoltre, credo che il cantautorato italiano sia molto ricco di significato, di narratività, ed è la cosa che più mi piace della musica italiana».

Hai mai smesso di credere nella musica?
«Tantissime volte. Il primo contratto l’ho avuto a 17 anni, ma quando gli interessi economici prendono il sopravvento uccidono un po’ quello che provi verso la musica. Nella mia carriera ho accettato tantissimi compromessi: cose che non mi sono piaciute, ma che ho dovuto accettare. Abbassare la testa non è mai giusto, ma la musica è oltre, deve essere capita e compresa. L’esperienza di X Factor mi ha aiutato anche a capire questo. Ho sempre desiderato cantare, voglio continuare a farlo. Il pensiero di mollare tutto c’è stato, non lo nego, ma la passione ha sempre preso il sopravvento».

Hai anche scritto un libro…
«Fin da piccola ho avuto la passione della scrittura, e pubblicare un libro è stata una vera soddisfazione. La timidezza ha sempre posto un freno a questo lato della mia personalità, e molte mie storie le ho scritte come Arisa, con allegria e spensieratezza. In un periodo di depressione, però, ho iniziato una specie di diario personale, che poi è diventato “Il paradiso non è un granché”. In questo libro scrivo come dall’esterno tutto sembri avvolto da una patina dorata, bellissimo e irraggiungibile, ma quando si è all’interno bisogna combattere, se si vogliono ottenere soddisfazioni. “Missiva d’amore”, un altro brano del mio album, è strettamente legato al significato del mio libro: la forza dell’amore vince sulle sovrastrutture culturali, la protagonista decide che l’esempio di amore ricevuto non le basta, e cerca di andare oltre, di sperimentare e trovare una nuova sé stessa».
Link utili:
110 Web Radio
Arisa

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