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14 Febbraio 2012

Raphael Gualazzi: jazz con troppa fantasia?

Il pianista marchigiano trionfa al Regio di Torino con il suo tour teatrale, in un concerto forse eccessivo nella contaminazione tra generi

Roberto Mazzone

Rapharl Gualazzi

Solo un anno fa trionfava al Festival di Sanremo, nella categoria Giovani, con il brano “Follia d’amore” e si è classificava al secondo posto all’Eurovision Song Contest di Düsseldorf; ora, al termine di una fortunata tournée europea sui palcoscenici di Austria, Svizzera, Francia e Germania, Raphael Gualazzi torna in Italia con il suo “Reality and Fantasy Tour”, che ieri sera ha fatto tappa al Teatro Regio di Torino, con il supporto organizzativo di Hiroshima Mon Amour.

PUBBLICO CALOROSO
Premesso che chi scrive non si trova a suo agio, in quanto spesso non abituato a parlare di qualcosa che lo colpisce negativamente, è doveroso precisare che il musicista jazz ha ricevuto una calorosissima accoglienza dal pubblico torinese (ben due le standing ovation).
Ma, forse un po’ per il posto dove mi trovavo (un palco laterale, affacciandomi dal quale riuscivo a stento a vedere l’artista, nascosto dalla piattaforma luci presente sulla scena), e sicuramente per l’acustica che lasciava a desiderare, il concerto ha perso gran parte del proprio fascino e l’entusiasmo del pubblico è stata davvero una delle poche emozioni della serata.
In un paio di occasioni il mio morale si è risollevato: quando Gualazzi ha eseguito la propria versione (utilizzata di recente per una importante campagna pubblicitaria) di “Don’t Stop”, un brano del 1977 dei Fleetwood Mac, e durante uno dei bis, nel quale si è esibito in una curioso riarrangiamento del celebre brano dei Matia Bazar, “Vacanze romane”.

TROPPE CONTAMINAZIONI?
Non sono un esperto di musica jazz, mi piace ascoltarla, e non goderne pienamente mi ha rammaricato. Ammetto comunque che il mio orecchio non è solitamente avvezzo alle sperimentazioni che, nel caso di Raphael Gualazzi, come di molti altri artisti (da Paolo Conte fino a Mario Biondi) rappresentano un punto di forza.
Le influenze musicali dell’artista, tuttavia, durante il concerto si sono fortunatamente percepite, insieme all’inconfondibile stie di utiizzo del pianoforte: il ragtime di Scott Joplin, il bepop di Dizzie Gillespie e lo “stride” di Fats Weller. Sul palco Gualazzi è accompagnato da ottimi strumentisti, ma (neanche a dirlo) l’acustica non favorevole faceva risaltare all’eccesso contrabbasso, basso e batteria, a scapito della voce dell’artista ed è un peccato.

Link utili:
Raphael Gualazzi
Hiroshima Mon Amour

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Categorie: Musica

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