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10 Maggio 2012

“Nell’arte ci vuole più coraggio”

Intervista ad Alessandro Sciaraffa, giovane artista torinese ora in una mostra alla Gam in una rassegna dedicata ai nuovi talenti

Nicola Veneziano

Essere un giovane artista a Torino dev’essere dura. Essere un’istituzione artistica a Torino dev’essere altrettanto dura… soprattutto quando artisti e istituzioni non si incontrano. Molto spesso la Gam e il Castello di Rivoli – i due musei di arte contemporanea torinesi – sono stati criticati per la scelta di preferire artisti stranieri o, se italiani, appartenenti solo a certe correnti artistiche. Da qualche mese però la Galleria di corso Galileo Ferraris ha aperto uno spazio dove giovani artisti torinesi espongono nell’ingresso del museo; questo mese in mostra c’è il 36enne Alessandro Sciaraffa.

Come hai fatto ad arrivare ad esporre alla Gam?
«Dopo dieci anni di mostre in giro per Italia, Germania, Svizzera, Messico si presenta l’occasione di presentare un progetto per Artissima, la fiera d’arte contemporanea a Torino, che aveva come scopo lanciare artisti italiani senza galleria. Il lavoro consisteva in una parete composta da lastre in ottone percosse da un meccanismo elettrico: martelli diversi, impattando violentemente sulle lastre, producevano suoni vibranti in tutta la fiera. “Belltower”, questo il nome dell’installazione, poteva essere percepita anche senza vederla, trasformando quel piccolo stand in un punto di riferimento per i visitatori».

Com’è iniziata invece la tua carriera artistica?
«Ho incominciato ad esporre a metà anni Novanta nei circoli Arci, quando frequentavo il primo anno della Facoltà di Architettura e mi dividevo tra studio e ricerca artistica. In quel periodo cercavo di tirare su qualche soldo per pagarmi gli studi facendo performance in strada o nei locali e invitando amici musicisti, bande musicali ad improvvisare con me e le mie opere. Ne ricordo una che ebbe un buon successo all’Azimut: “il mio primo Bach”. In quella occasione tramite la direttrice del conservatorio di Torino riuscii a contattare una ragazzina di undici anni e farle eseguire un brano di Bach al pianoforte a coda mentre io la ritraevo tramite polaroid e vernici, mischiando la sua immagine con quella di Bach. La sintonia fu tale che al finire dell’ultima nota coincise l’ultimo tratto del volto. Il dipinto fu acquistato da un giovane che molti anni dopo è divenuto il mio gallerista a Parigi. Con quei soldi sono riuscito a pagare qualche mese del mio primo studio».

Spesso la Gam e il Castello di Rivoli sono stati criticati per la loro scelta di preferire opere meno attuali o internazionali piuttosto che i giovani artisti torinesi, cosa ne pensi?
«Ci vuole più coraggio. Non è detto che un giovane artista torinese non sia anche internazionale. L’istituzione con identità internazionale, per essere competitiva, deve trasformarsi in microfono in grado di captare idee forti venute da lontano e proporle alla città, ma allo stesso tempo essere un megafono per amplificare lontano le idee forti sgorgate e prodotte sul territorio».

Cosa vuol essere un giovane artista a Torino? Quali sono le difficoltà e le opportunità?
«Bisogna essere sé stessi, lottando contro le difficoltà e cogliendo tutte le opportunità che si presentano».

Link utili:
Alessandro Sciaraffa
Gam
Castello di Rivoli

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Categorie: Cultura

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