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19 Giugno 2013

Una mattina al Bar Italia di Libera

Un reportage sulle reazioni del quartiere e gli attuali frequentatori del locale confiscato alla ‘ndrangheta e ora gestito da una cooperativa vicina a don Ciotti

Matteo Fontanone

Il bar Italia è stato confiscato alla ‘ndrangheta e ora è gestito da una cooperativa di Libera

Prendete una calda mattina di metà giugno in una delle zone più popolose della città, Borgata Lesna; prendete il bar come luogo di aggregazione per eccellenza. Aggiungete che si tratta del Bar Italia, confiscato alla ‘ndrangheta pochi mesi or sono e ora dato in gestione alla Cooperativa Nanà, gravitante nell’universo di Libera, e avrete un quadro della realtà che vogliamo andare a vedere.

LA SFIDA
Dopo quasi due mesi dall’inaugurazione, ormai a riflettori spenti, il Bar Italia si trova di fronte al banco di prova più ostico: reggere la concorrenza degli esercizi commerciali già presenti nel quartiere. L’impresa in realtà non sembrerebbe nemmeno così proibitiva: il locale è curato, spazioso e pulito, la colazione ottima e il personale molto gentile.
All’atto pratico, invece, tenendo conto della particolarità della situazione, le cose non sono tanto semplici. Si tratta di mandare avanti un bar che non è solo un bar, ma un simbolo: del potere mafioso della famiglia Catalano prima, della bellezza della legalità adesso. A qualcuno potrebbe non piacere.

I BAR DELLA ZONA
Prima di recarmi al Bar Italia, bevo cinque caffè in altrettanti bar della zona. Voglio sondare gli umori e le reazioni degli abitanti di un quartiere che è metà dormitorio e metà paese.
Gli avventori dei locali sono per lo più anziani, impegnati nella partita a carte mattutina o nella rassegna stampa dei quotidiani sportivi. Niente di nuovo né di particolare, insomma. Quando mi avvicino ai diversi gruppi di clienti le reazioni sono tutte piuttosto fredde. Chiedo se conoscano il Bar Italia, se l’abbiano provato, vorrei sapere cosa pensano dell’iniziativa, se non valga la pena trasferirsi là per incoraggiare la Cooperativa Nanà nel suo cammino. L’interesse è scarso; c’è chi è andato a provare una volta per curiosità, chi non ha voglia di cambiare bar per comodità o abitudine, chi dice che «si stava bene anche prima che succedesse tutto ‘sto casino inutile’». C’è poi un’ultima categoria, quelli che borbottano in silenzio e nemmeno prendono in considerazione le mie poche domande, infastiditi in qualche modo dalla mia presenza.
Puntualmente, uno sguardo seccato del barista mi accompagna verso l’uscita.

FINALMENTE BAR ITALIA
Il copione si ripete per cinque volte e con lo stomaco in subbuglio per la troppa caffeina entro finalmente nel Bar Italia, che dopo quanto visto nella mia testa ha assunto le dimensioni di un’eroica riserva indiana. A dire il vero, quanto ho modo di osservare tra le mura del bene confiscato fa sì che io mi ricreda. L’aria che si respira è serena e rilassata, il cliente messo a suo agio immediatamente. Il luogo è un simbolo, e su questo non ci piove, ma i dipendenti (e di conseguenza gli avventori) ci si muovono con naturalezza.
Il caso vuole che nel tavolo adiacente al mio ci siano Don Ciotti e la sua scorta intenti a fare colazione: qualche cliente, tra cui il sottoscritto, se ne accorge e lo guarda stupito, sorridendo di una situazione paradossale. Chi avrebbe mai pensato di trovarsi gomito a gomito con un simbolo dell’antimafia in Italia?
Il flusso di clientela è piuttosto continuo e composito: dalla nipote con nonna al seguito fino all’uomo di mezz’età in motocicletta che ha tutta l’aria di essersi fermato qui apposta. L’atmosfera è silenziosa, manca ancora quella clientela fissa che caratterizza i bar della zona, ma chi viene qui è consapevole di quello che fa e, da quello che ho avuto modo di vedere e dai volti che ho squadrato, ne è fiero.
Sarà anche una goccia nell’oceano, ma fare colazione al Bar Italia aiuta a combattere la mafia, o almeno aiuta chi la combatte per davvero.

Link utili:
Libera

Siete già stati al bar Italia? Conoscete l’ormai famosa Operazione Minotauro, contro la ‘ndrangheta in città?

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Categorie: Cultura

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