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23 Aprile 2014

We Home, un nuovo cohousing a Torino

Tutta la filosofia della coabitazione in un progetto torinese che partecipa al concorso per start-up Edison Start

Fabio Cassanelli e Matteo Fontanone

We Home

Logo di We Home per il concorso Edison Start

Una start-up che si ponga come nuova piattaforma per il cohousing, una cassa di risonanza in grado di valorizzare il patrimonio immobiliare dormiente (non utilizzato) e che riesca a collegare la domanda con l’offerta. Sono questi gli obiettivi di We Home, start-up torinese in lizza alla competizione Edison Start, concorso per start-up che entrerà nella fase due il 30 aprile, quando saranno scelti i trenta progetti finalisti. Chi vincerà sarà seguito da un tutor che lo aiuterà a mettere in pratica il progetto ideato.
A parlarci di We Home è Davide Ziveri, giovane psicologo di formazione e già membro del Social Club, network di associazioni che nel 2012 ha inaugurato un percorso di social housing chiamato Buena Vista in una delle palazzine olimpiche di via Giordano Bruno, concessa dal Comune di Torino in un’area fortemente disagiata a causa del problema abitativo.
«Nel mondo di oggi, caratterizzato dalla precarietà dei giovani, con le difficoltà connesse al credito bancario per l’acquisto di un’abitazione, il cohousing è una delle soluzioni ottimali per risolvere il problema abitativo» ci spiega Davide.

FILOSOFIA E BENEFICI DEL COHOUSING
Gli esempi abbondano sia nel Nord Europa, da Londra a Bruxelles, passando per Tolosa, che nel resto d’Italia. All’atto pratico, si tratta di condividere alcuni spazi abitativi comuni, dotati anche di stanze private. Immaginiamo un piano di un condominio con uno o più salotti in cui passare il tempo libero o una grande sala da pranzo in cui mangiare insieme, e in più diversi spazi, dai bagni alle camere da letto, riservati alle singole famiglie. In alcune realtà, in particolar modo nel nord Europa, abitano fino a 30 nuclei familiari differenti, ognuno dei quali cucina per tutti gli altri una volta al mese, così che gli altri ventinove giorni ci si siede a tavola e si consumano pasti preparati dagli altri cohouser.
L’obiettivo è creare, con un budget dei singoli condòmini anche basso, un luogo bello e piacevole in cui vivere. Davide, come esempio, ci mostra l’orto terrazzato che lentamente sta coltivando sul tetto della sua palazzina: per un privato che ha il pollice verde sarebbe un costo non indifferente, mentre in cohousing le cose sono diverse, non si tratta più di un solo compratore ma di un gruppo d’acquisto, quindi è logico che i costi si riducano e al contempo si impennino le possibilità economiche di tutti. Fine ultimo del cohousing è dunque coniugare il risparmio del singolo alla creazione collettiva di uno spazio confortevole, dotato di accessori, ecologico, fantasioso. Un posto che in pochi potrebbero permettersi da soli.

WE HOME, LA START-UP DELL’ABITARE INSIEME
We Home sarebbe una piattaforma, una community online sulla quale convogliare la domanda di cohousing e l’offerta, laddove per offerta si intende tanto il privato che decide di mettere a disposizione il suo immobile per un esperimento di cohousing, quanto il cittadino che passeggia per le vie del suo quartiere e nota una casa in disuso da un po’. Nell’accezione di Davide, coabitazione è anche riqualificazione di ciò che già c’è senza il bisogno di espandere i confini della città in orizzontale.
«We Home si ripromette anche di funzionare da centrale di acquisto comune per ridurre le spese degli abitanti della casa», aggiunge Davide. Ad esempio, esattamente come sopra si accennava all’orto terrazzato, non c’è bisogno che ogni famiglia acquisti la propria lavatrice ma se ne potrà comprare una comune da condividere. Ovviamente, la filosofia del cohousing non implica nessun obbligo di aderire ad alcuni tipi di condivisione: chi preferisce, potrà acquistare i propri elettrodomestici privatamente.
We Home metterebbe a disposizione dei cohousers una serie di figure professionali indispensabili alla buona riuscita del percorso condiviso. Ad accompagnare i gruppi di coabitatori interverrebbe quindi il gestore sociale, nuova professionalità a tutto tondo, un po’ psicologo e un po’ commercialista. Nello staff, inoltre, comunicatori, manager, architetti: un cohousing in incubazione richiede la disponibilità di molte formazioni diverse, in grado di dialogare tra loro.
Infine, un altro principio molto ammirato da Davide è quello del Community Land Trust, ossia l’usufrutto di un condominio che sorge su terreni di proprietà pubblica, sui quali organizzare iniziative di condivisione. Chissà che We Home non possa essere la giusta piattaforma per avanzare nuove istanze e indirizzare verso lidi inesplorati il cohousing in Italia.

Link utili:
We Home

Edison Start
Social Club Torino

Avevate già sentito parlare di cohousing? Vi immaginate, un domani, a vivere in questo modo?

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Categorie: Ambiente

Commenti (1)

  1. bruna ha detto:

    mi interesserebbe l’esperienza di cohousing gasparini bruna 3349736694

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