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9 Maggio 2014

Generazione Facebook, quando il social è “troppo”

Al Salone del Libro abbiamo incontrato Cosimo Scarpello, autore di “Stressbook”, sulla criticità dei social network, tra rischi e idiozie

Rita Rapisardi

Cosimo Scarpello, autore di “Stressbook”

È iniziata ieri la 27a edizione del Salone Internazionale del Libro di Torino. Nel programma dei 5 giorni abbiamo scelto di raccontare alcuni incontri su temi che crediamo possano interessare i lettori di Digi.TO: si parte con i social e in particolare Facebook.

Nonostante sia passata una decade dal lancio di Facebook, i termini con cui esso è dibattuto sono spesso critici. “Quelli che stanno su Facebook”, per la maggioranza giovani, sono visti come casi clinici, anche se gli studi dimostrano che a patire la presenza dei social siano maggiormente gli adulti. A parlare del mondo dei grandi e delle loro follie pensa Cosimo Scarpello con il suo libro “Stressbook” (SECOP, 2013), un pamphlet sulle stramberie a cui si deve assistere da quando il social ha preso piede nelle vite di tutti, anche dei genitori.
A chiacchierare con Scarpello, avvocato di professione, e a provocarlo un po’, c’è Vincenzo Abbatantuono, che si occupa di giovani con problemi di droga.
In un mondo in cui smartphone, ebook e tablet sono i veri protagonisti, il lavoro di Stressbook parte dagli status, le frasi brevi che aprono i profili di Facebook. Secondo l’autore è li che si nascondono gli aspetti “malati” di chi soccombe ai social. Scarpello li ha presi e li ha a suo modo “commentati”, parlando di tutto ciò che la gente dovrebbe scrivere ma non lo fa.

BULLISMO E MANIFESTAZIONI
“Temo il giorno in cui la tecnologia supererà l’umanità, perché allora a quel punto saremo diventati una generazione di idioti” diceva Albert Einstein: secondo Scarpello quel giorno è già arrivato, parlando dei video e delle foto di atti di bullismo e violenza che girano spesso sui social. Di un passato non troppo lontano in cui una rissa si cercava di sedarla, non di ricorrerla iphone alla mano per postarla il più velocemente possibile. I social non sono la causa, ma prima o poi ti adatti alle loro regole.
A fare la parte dell’angelo e stemperare gli animi pensa Abbatantuono, che parla di usi positivi grazie ai quali «proprio il 1° maggio in piazza Vittorio qui a Torino è stato possibile vedere lo scempio commesso dalle forze dell’ordine nei confronti di alcuni manifestanti, violenze del tutto gratuite».
Certo è che rimane un palcoscenico senza sipario in cui chiunque può, con una dose più o meno alta di voyeurismo, mettersi in mostra nel bene e nel male, millantando successi, offendendo altre persone e causando un tipo di frustrazione, studiata dagli esperti, che colpisce soprattutto gli adulti.

L’INFORMAZIONE A RISCHIO
Altro rischio è quello dell’informazione e della sua attendibilità. Scarpello parla di quei fake che corrono sulle bacheche, come quello della manifestazione di rivolta a Madrid taciuta dai giornali, ma che in realtà non stava avvenendo. La stessa foto divenne virale anche per pubblicizzare un’analoga e inesistente sommossa in una piazza greca.
Esistono per fortuna anche aspetti quasi comici e a misura d’uomo che fanno abbassare il tiro. Come l’esempio di quella donna licenziata perché ha insultato su Facebook il suo datore di lavoro o di quell’ingegnere fermato per guida in stato di ebbrezza che poi ha dovuto dire addio alle sue aspirazioni professionali perché additato sui social come ubriacone.
E sull’uso della lingua italiana i fenomeni sono noti: i giovani storpiano le parole a loro piacimento, le abbreviano e le cambiano, ma se un secolo fa prima di loro i futuristi sono stati capaci di portare una valanga di neologismi, nonostante le critiche, forse un giorno ci ritroveremo a parlare della stessa cosa.

Link utili:
Salone del libro
Cosimo Scarpello – Stressbook

 

Che cosa pensate dei social? Credete siano un problema?

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Categorie: Cultura

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