Home » Cultura » Pride, opinioni a confronto

26 Giugno 2014

Pride, opinioni a confronto

I pareri (diversi) di alcuni giovani della comunità Lgbt torinese sul corteo che sabato sfilerà al grido di “La diversità è un diritto, l’uguaglianza è un dovere”

Veronica Minniti e Rita Rapisardi

Il Torino Pride 2014 partirà sabato alle 15,30 da piazza XXIII dicembre

New York, 28 giugno 1969. Una giornata che passerà alla storia come la “rivolta di Stonewall”, il culmine di una serie di violenze della polizia ai danni della comunità omosessuale. Da allora questa data è stata presa come simbolo dell’orgoglio mondiale Lgbt (lesbico, gay, bisessuale, transessuale), una giornata per rivendicare diritti con eventi in numerosi paesi.
Dal 2006 quasi ininterrottamente la marcia arcobaleno si svolge anche nelle vie principali di Torino, colorando la città con carri, musica e spirito di festa. A questo proposito Digi.TO ha voluto sentire i pareri sul Pride di alcuni giovani della comuntà Lgbt torinese, scoprendo opinioni diverse.

TORINO PRIDE 2014
Il Pride che partirà sabato 28 giugno da piazza XVIII dicembre alle 15.30 proseguirà fino a sera con un party al Circolo Mossetto, in lungo Dora Agrigento 16. Ad aprire il corteo in segno di protesta ci saranno delle gigantografie di carte identità, che secondo il Pride non rappresentano lo stato civile o l’identità di chi le possiede.
Il movimento Lgbttiq (Lesbica, Gay, Bisessuale, Transessuale, Transgender, Intersessuale, Queer) che quest’anno ha battezzato il Pride “La diversità è un diritto, l’uguaglianza è un dovere”, accusa l’Italia per la mancanza di qualsiasi riconoscimento di diritti e di violare in primis l’art. 3 della Costituzione, che riconosce a tutti i cittadini “pari dignità sociale […] senza distinzione di sesso”.

I PARERI: FAVOREVOLI
Chiara è una studentessa di 21 anni, per lei il Pride è una fondamentale occasione di integrazione: «È il giorno in cui tutti possono far venire fuori la loro parte eccessiva, senza essere giudicati o avere ripercussioni, come spesso capita nella vita di tutti i giorni. Inoltre aiuta la causa gay perché i giovani, che spesso hanno difficoltà a rapportarsi con questa realtà e ne sono spaventati, anche a causa dei pregiudizi inculcati dalla famiglia, possono avere un approccio diverso. Senza contare che è il solo giorno dell’anno in cui omosessuali ed eterosessuali sono riuniti per una causa comune: l’accettazione. Ovviamente siamo lontani anni luce da una realtà in cui essere gay è normale, ma la perseveranza premia, e ogni anno si fa un piccolo passo».
Anche Francesca, 22 anni, studia all’Università e pensa che partecipare al Pride sia fondamentale «perché è un momento in cui tutta la comunità Lgbt si unisce pubblicamente per rivendicare in coro i propri diritti. E lo fa in modo vivace, colorato, solare, proprio come la bandiera arcobaleno del movimento. Molti pensano che sia il modo sbagliato, che dovremmo scendere in piazza in giacca e cravatta o tallieur, in coppia mano nella mano col passeggino, niente ballerini nudi e truccati in perizoma o donne in reggiseno o troppo mascoline, niente danze e mascherate “tipo carnevale”, solo gay “normali”, perché “altrimenti la società non ci prende sul serio”.
 Forse – continua Francesca – si dimentica che il Pride agisce tutti gli altri 364 giorni dell’anno in molti modi, con l’educazione nelle scuole, le attività di sensibilizzazione, l’arte, la cultura, la politica. Conosco purtroppo molti omosessuali che criticano il pride e ciò non mi stupisce: sono figli di quella superficialità di pensiero che caratterizza gran parte del nostro paese. Essere gay non vuol dire essere illuminati, anche tra gli omosessuali c’è molta omofobia interiorizzata. Per sapere, bisogna conoscere e imparare, come tutti».
Di parere favorevole, anche se forse più sfumato, è Mario, 25 anni, apprendista avvocato: «Non sono un attivista e non partecipo al Pride anche per non essere esposto. Certamente ne condivido il senso perché rimane un’occasione positiva d’incontro e confronto, ottima per fare il punto della situazione e ragionare in prospettiva. Oggi trovo che l’evento abbia più contenuti, soprattutto politici, che in passato, dove si assisteva a una semplice sfilata. I temi delle ultime edizioni poi sono sempre gli stessi, giustamente, e ottenere il matrimonio, il concepimento di uno status di coppia di fatto e di tutela della vita è il minimo che ci si deve aspettare oggi. Siamo contribuenti, abbiamo dei doveri – sottolinea – ma è giusto avere anche dei diritti. Bisogna fare dei passi anche dal punto di vista patrimoniale, lasciar decidere al singolo il tipo di legame e la famiglia che si vuole avere. Perché l’Italia entri nei paesi avanzati bisogna fare anche questo, anche se ho paura che i cambiamenti, che inevitabilmente avverranno nei prossimi anni, partiranno dall’esterno».

C’E’ CHI DICE NO
Non tutti però pensano che il Pride sia la modalità migliore per vedere riconosciuti i propri diritti.
Ad esempio Heru, 33 anni, commesso crede che «l’esibizionismo estremo spesso sfoggiato per l’occasione sposti l’attenzione da quella che è la normalità delle persone che manifestano. Il rischio è che diventi un “cannibal pride”. C’è ancora tanto da fare a livello di diritti e di leggi, ma occhio a come lo si fa. Ho partecipato ad altri Pride perché era giusto farlo – continua – ma trovo che negli ultimi 5–6 anni ne sia cambiato il senso, oggi è più un rito, spesso banalizzato e ripetitivo. Tutti s’incendiano un giorno, ma poi non succede nulla. Ci sarebbe bisogno dei riconoscimento minimo almeno sulle coppie di fatto, tutte anche quelle eterosessuali, perché tutti siamo esseri umani».
Infine Simone, 24 anni, studente, non ha mai partecipato al Pride perché lo ritiene un carnevale: «Non che sia una cosa brutta o da condannare, anzi trovo che la manifestazione sia divertente, ma non è il modo giusto. L’ostentazione sfrenata del corpo non porta a nulla, soprattutto quando a guardare ci sono persone già di per sé chiuse: questo non migliora la loro predisposizione. È una possibilità di apertura verso gli altri mal sfruttata, soprattutto oggi che si cerca il dialogo. Va bene la rivendicazione, ma le modalità sono eccessive, bisogna cambiare l’approccio e andare oltre. Certo sarebbe bello se fossero riconosciuti i diritti di coppia».

Link utili:
Torino Pride

 

Parteciperete al Pride? Che cosa ne pensate?

Tag: , , , , , , , , ,

Categorie: Cultura

Commenti (1)

  1. Roby ha detto:

    Sono perfettamente d’accordo con le parole di Simone (C’è chi dice no)

Lascia un commento