Home » Musica » Le canzoni contro la Natura degli Zen Circus

10 Luglio 2014

Le canzoni contro la Natura degli Zen Circus

Intervista ad Andrea Appino, leader del gruppo toscano, alle 21 sul palco della scuola Holden per presentare il nuovo album

Matteo Fontanone

Canzoni Contro la Natura, il nuovo lavoro degli Zen Circus

“Canzoni Contro la Natura”, il nuovo lavoro degli Zen Circus, stasera a Stand by me

A poco più di un anno dall’intervista per “Il Testamento“, suo disco d’esordio solista, Digi.TO torna a intervistare Andrea Appino, questa volta in versione frontman degli Zen Circus, in vista del concerto di stasera a Stand By Me, rassegna estiva della scuola Holden in collaborazione con Hiroshima Mon Amour.
L’impressione ricavata l’anno scorso, anche dopo questo secondo round non cambia: se alcuni si negano e rispondono con svogliatezza, Appino appartiene a un’altra scuola. Vulcanico, estroverso e divertente, è difficile riuscire a fissare le sue risposte in poche righe. Nella lunga conversazione che segue, Appino racconta la nascita e l’ideologia di “Canzoni contro la natura”, disco che gli Zen Circus stanno portando in giro per l’Italia; non pago, disserta volentieri di religione, filosofia, politica, soffermandosi sulla propria coerenza di musicista, anche con qualche rivelazione.

Ci sono dischi difficili da partorire, altri che crescono da soli. Come è nato “Canzoni contro la natura“?
«A dire il vero i testi sono venuti di getto, così come è stato velocissimo il lavoro in studio di registrazione. Era da un po’ che non suonavo con gli Zen: ero nell’anno del Testamento, il mio primo disco solista, tutto focalizzato sulle mie cose. Con il gruppo ci eravamo dati una pausa, ormai ci sentivano il karaoke di noi stessi. Eravamo a un punto in cui i concerti erano tutti simili l’uno all’altro e si aveva poco piacere di suonare insieme, di ritrovarsi come fanno i veri gruppi in sala prove, non riuscivamo più a divertirci come una volta. Ci siamo ritrovati sei mesi dopo la pausa e abbiamo riscoperto una sintonia rara: partendo con una manciata di canzoni, siamo usciti con un disco che è una nostra summa e soprattutto è scritto di getto».

L’album richiama i vostri temi di sempre: ironia tragica, politica in un certo modo, considerazioni amare.
«Con il Testamento ho vomitato in musica tutte le questioni personali, mi è servito moltissimo. Come avevo detto l’anno scorso, con gli Zen a me piace scrivere alla maniera degli Zen: siamo tornati ai nostri soliti argomenti sviluppati tradizionalmente, a modo nostro. In generale prendo spunto dalle nostre esperienze di vita insieme; è una questione di identità, di chiacchiere in furgone, di vita che viene immagazzinata collettivamente e diventa un testo. “Canzoni Contro la Natura” è un disco molto più esistenzialista e tragico dei due precedenti. E’ stata la nostra parabola: dall’ironia amara di “Andate Tutti Affanculo” siamo passati gradualmente alla tragedia».

Si potrebbe quasi parlare di trilogia.
«Forse. In furgone il nostro è un dibattito/litigio perenne, ci si confronta, si leggono i giornali, si ascoltano le notizie e le discussioni sono infinite. Veniamo dalla Toscana, Pisa e Livorno, alla fine prendiamo in giro tutto, con un po’ di cinismo. Andate Tutti  era un disco che, per le cose che trattava e per il modo con cui lo faceva, poteva anche essere l’ultimo: è stato un fulmine a ciel sereno, una grande sorpresa per tutti. L’abbiamo chiamato così perché quella era la frase che più sentivamo dire nei bar d’Italia, è un qualunquismo e nessuno di noi ci credeva, ma ci sembrava molto ironico e molto tragico. La sua uscita, se ci pensi, coincide anche con la nascita di un movimento politico che si basa su questi sentimenti e ha cambiato la vita pubblica in Italia».

La musica ha cambiato il vostro modo di vedere le cose? Rispetto a qualche anno fa siete forse meno arrabbiati e un po’ più riflessivi.
«Noi Zen veniamo tutti da situazioni proletarie, ai tempi di Andate Tutti svolgevamo ancora lavori umili, chi in cantiere, chi in cooperativa. Per noi la rabbia c’era eccome. Poi è ovvio e naturale che la rabbia sfumi, ora faccio musica, sono contento e sarebbe una cosa ipocrita da parte mia se fossi arrabbiato come lo ero anni fa. Siamo diventati più riflessivi tutti insieme: raccontiamo la vita, i disagi, i problemi di persone esterne a noi senza essere direttamente coinvolti nei loro drammi: è fuori discussione che il fare musica ci dia una posizione privilegiata. La mia vita è cambiata, continuo ad avere pulsioni rabbiose ma non posso più essere il cantautore dei proletari. Mi spiego: proletari lo siamo ancora e ne siamo fieri, però campiamo di musica, pur non navigando nell’oro».

Ed è per questo che ti puoi permettere un lavoro esistenzialista e meno di pancia.
«In fin dei conti è così. L’esistenzialismo deriva da una situazione che per noi è cambiata in meglio, abbiamo potuto rifiatare e riflettere davvero su ciò che ci succedeva intorno, su come avremmo voluto parlarne, sull’impianto che avremmo dato al disco. Ci piace vivere delle tragedie nostre e di quelle altrui. In un panorama di musica italiana in cui il pubblico cerca di essere consolato e l’artista si adegua, cantando di cose belle e rassicuranti, gli Zen vanno controcorrente. Non diremo mai che tutto va bene, neanche se dovesse succedere quasi per davvero».

Da che basi culturali e da quali riferimenti ideologici nascono gli Zen Circus?
«Il mio libro preferito sono le lettere di Indro Montanelli: da ragazzo volevo fare il giornalista, prima di essere fulminato dal punk. Il nostro percorso è improntato sulla lucidità, che in questo paese è merce rara, essendo noi italiani emotivi ed emozionali. Ci interessano autori lucidi che abbiano saputo interpretare con chiarezza lo spirito del proprio tempo. Voltaire, ad esempio, e tutta la letteratura giornalistica di questo tipo. Non va dimenticato che però siamo musicisti, non politici. Ricordo una volta in cui ci avevano addirittura invitato in televisione a parlare col Ministro del Lavoro, non siamo andati ma la cosa ci ha fatto molto ridere».

Potreste quasi essere immaginati come la voce di una certa fetta di giovani.
«Questo sicuramente. In fin dei conti è facile sentirsi importanti quando si porta la voce di una generazione. A noi non interessa, siamo un gruppo rock e rimaniamo un gruppo rock, non dei guru, non diamo messaggi di vita. Senza contare che, tornando a quello di cui parlavamo prima, i nostri testi non sono costruttivi e non infondono serenità. Jovanotti fa musica costruttiva, noi no. I cantautori di oggi, nei quali parzialmente mi riconosco anche io, parlano dei fatti loro, non ti dicono come andranno le cose. In questo siamo diversi, perché a me piace sempre inserire un bacillo di tragedia, ma ci accomuna il fatto di non voler portare alla luce nessuna verità rivelata».

A proposito di testi poco rassicuranti, colpisce la concezione che hai del dio nella canzone “Albero di tiglio”.
«Quel dio è cattivo, insofferente e a tratti vendicativo. L’idea del dio buono cattocomunista passata negli ultimi anni non mi piace. Dio non è a nostra immagine e somiglianza, questo in molti non lo vogliono ancora ammettere e continuano a illudersi. Per questo mi sono inventato un dio da Antico Testamento. A lui di noi uomini proprio non interessa, il suo popolo sono le piante. Mi piace immaginare che le piante siano talmente evolute da essere diventati vegetali: danno ossigeno, fanno bene al pianeta e non rompono le scatole a nessuno. Dio non crede nel bene, il bene ce lo siamo inventati noi per giustificare il male. Ecco, ritorna anche l’esistenzialismo che ho tirato in ballo prima».

Il prossimo album sarà ancora rigorosamente nel solco Zen Circus?
«In realtà stavamo pensando di dare un giro di vite, cambiare tutto. Negli ultimi anni ho diversificato molto i miei ascolti, mi sono lasciato coinvolgere dalla cultura hip hop e ne sono diventato un discreto conoscitore: sarebbe interessante un esperimento in questa chiave, ci sarà tempo per parlarne».

Link utili:
Stand By Me – Estate Holden
Pagina Fb degli Zen Circus

 

Vi piacciono gli Zen Circus? Andrete a vederli stasera?

Tag: , , , , ,

Categorie: Musica

Lascia un commento