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10 Dicembre 2014

Sarajevolution, l’anima di una città

Un documentario italiano omaggia la capitale bosniaca con uno sguardo al passato, alle storie dei suoi abitanti e alla sua contemporaneità forte e dignitosa

Claretta Caroppo

Il documentario Sarajevolution racconta la capitale bosniaca attraverso luoghi e persone

Raccontare una città non è mai un compito semplice. Dalla Lisbona di Wim Wenders, alla Parigi di Godard, il cinema offre i suoi punti di vista per declinare storie, per mostrare ritratti dei protagonisti, strade, piazze, contraddizioni. Notevole in questo senso il lavoro compiuto da un gruppo di giovani autori, registi, produttori che, con il documentario Sarajevolution hanno omaggiato in maniera sofisticata e con delicatezza la città di Sarajevo.
Il documentario, della durata di 80 minuti circa, si compone di quattro sezioni: In the mood for, The Ice Age, Vijećnica e Le fatiche delle pianure, nelle quali si alternano immagini della città a interviste ad artisti sarajevesi, funzionari, comuni cittadini. Il Virgilio che conduce lo spettatore attraverso le strade della città è un tassista, che in merito al suo luogo natale afferma: «Non sono mai stato altrove, questa è la città più bella del mondo».  La sfida è quella di raccontare una città per come è divenuta e continua a modificarsi nella contemporaneità, ma che inevitabilmente porta con sé ricordi, ferite, memorie del passato: in questo spirito si colloca la commovente la sezione del documentario relativa ai lavori di ristrutturazione per la Vijećnica, la biblioteca nazionale incendiata nell’agosto 1992.
Sarajevolution è prodotto dallo studio di comunicazione Actingout di Torino, il regista è Rocco Riccio e gli autori sono Giulia Levi, Federico Sicurella e Marco Rubichi. A quest’ultimo abbiamo chiesto di raccontarci la genesi del film segnalandoci i prossimi appuntamenti per poter vedere il documentario, del quale vi regaliamo un piccolo assaggio.

Come è nato il progetto di raccontare Sarajevo?
«L’idea di raccontare Sarajevo è stata un’idea successiva a quella di fare un documentario. Ovvero l’argomento principale, dal momento in cui abbiamo immaginato che avremmo creato un documentario, non era Sarajevo. La città ci ha poi suggerito che l’unico protagonista sarebbe dovuta essere la città stessa. Sarajevo è donna. È vanitosa, non c’è spazio per altre celebrità che non siano Sarajevo stessa. Perfino la Vijecnica, che all’inizio è stato l’argomento principale, ha dovuto lasciar spazio alla città. Pensate al titolo ed è tutto chiaro».

Come mai avete scelto la formula del documentario?
«Io e una delle altre autrici, Giulia Levi, eravamo in quel periodo impegnati a fare ricerca e Giulia sul campo e con all’attivo una tesi per un Master Internazionale. E’ stato naturale pensare che il linguaggio cinematografico più prossimo a quello della ricerca fosse quello documentaristico.  Nessuno dei due aveva avuto altre esperienze artistiche, così abbiamo scelto questo tipo di linguaggio, che ci sembrava più immediato. E’ stato davvero istintivo chiamarlo da subito documentario».

Avevate un’idea precisa di cosa raccontare?
«Assolutamente no, come sempre. All’inizio e per molto tempo, l’idea è stata che il documentario ruotasse tutto intorno alla biblioteca Nazionale Universitaria della Bosnia Erzegovina, la Vijecnica. La difficoltà, come abbiamo capito poco dopo, era che sarebbe stato difficile tenere viva l’attenzione parlando solo di una biblioteca, per quanto una tra le più importanti e affascinanti al mondo. In ciò ha contribuito il giudizio del resto del team e del regista Rocco Riccio che è stato abile, dopo un primo sopralluogo in città, a capire che servivano elementi di contesto e che oltre alla Vijecnica c’era tanto altro da raccontare, senza mai smarrire il nucleo narrativo legato alla biblioteca».

Che cos’è per voi Sarajevo oggi?
«Per noi Sarajevo è una città che riconosciamo come nostra. Quasi come casa, se non fosse che certe cose appartengono a quello specifico modello culturale che ad oggi non abbiamo integrato e che non vi è il bisogno di integrare. Abbiamo avuto la fortuna di incontrare persone che neanche i Sarajevesi stessi a volte incontrano e di visitare posti ai più sconosciuti. Sarajevo ci ha aperto l’ingresso alla sua anima e alla sue profondità. Qua e là qualche ferita sanguina ancora e qualche lacrima riga i volti più sensibili e legati alla storia drammatica di pochi anni fa, ma è la città più forte e dignitosa che abbiamo mai conosciuto».

Come è possibile vedere Sarajevolution?
«Sarajevolution sarà proiettato in diverse città italiane nel mese di dicembre: Bologna, Trieste, Cesena, ecc. Presto sarà disponibile un dvd con i contenuti extra e il film si potrà acquistare anche in formato digitale attraverso il nostro sito».

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Categorie: Cultura, Intercultura

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