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3 Marzo 2015

Inchiesta sulle sedi universitarie, parte I: Palazzo Nuovo

Con via Sant’Ottavio inauguriamo una serie di articoli su pregi e difetti delle strutture degli atenei torinesi

Giulia Porzionato

Palazzo Nuovo è la sede della Scuola di Scienze Umanistiche

Iniziamo oggi un viaggio tra le sedi universitarie di Torino, per capire che cosa funziona e che cosa no, quali criticità ci sono e come potrebbero migliorare le cose.
La prima tappa della nostra inchiesta è Palazzo Nuovo, dove si svolge la maggior parte dei corsi della Scuola di Scienze Umanistiche. Gli studenti universitari di Torino conoscono bene la struttura, spesso oggetto di ilarità per il suo aspetto decisamente poco “nuovo” nonostante il nome. Ma che cosa ne pensano gli studenti? Abbiamo intervistato Francesca, Alessia e Luca, tutti studenti dell’Università.

Partiamo dai servizi offerti: che cosa funziona e che cosa è carente?
F.: «Io ho frequentato Palazzo Nuovo solo per andare nell’ultimo anno dal relatore per la tesi. Posso dire che funzionano gli ascensori, anche se sono un po’ inquietanti, e gli uffici, buona aria e buona posizione. I bagni erano decorosi. Su cosa non funziona non saprei».
L.: «Pur con tutti i limiti comuni all’intero sistema universitario italiano, l’offerta didattica è tutt’altro che disprezzabile, sono molti infatti gli studenti di materie umanistiche che decidono di trasferirsi a Torino da tutta Italia. Ma lo stesso non si può dire dell’edificio… Di vantaggi, a parte la suggestiva posizione centrale, onestamente non ne vedo. Mi sento di sostenere che per ciò che viene offerto l’Università di Studi Umanistici meriterebbe di meglio e forse non ci vorrebbe neppure molto. La percezione degli studenti è spesso un senso di abbandono e trascuratezza, che per altro trova riscontro anche nella disorganizzazione burocratico-informatica. Tutto ciò contribuisce ad allontanare gli studenti dalle materie umanistiche».
A.: «Si lamenta sempre una mancanza di organizzazione delle lezioni e di sovraffollamento delle classi. Di recente all’interno di Palazzo Nuovo si è trovata una pozza d’acqua al primo piano. Ho trovato molto funzionali le biblioteche che sono ben fornite, le aule studio, soprattutto la ex “Solari”, che ha prese per computer».

Com’è la situazione a livello di tecnologia e l’informatizzazione? Come funzionano le segreterie?
F.: «Nella mia esperienza la segreteria non è il massimo, quel poco che ho visto mi è bastato. La tecnologia funziona ma sono lenti a comunicare i cambiamenti e l’università ha bisogno di una certa rapidità, a mio avviso».
L.: «Per quanto riguarda l’informatizzazione, direi che ha una morbosa tendenza ad incepparsi nei momenti più delicati della vita universitaria».
A.: «Secondo me il sito di UniTO non è molto usabile, ma tolto questo l’università è molto tecnologica».

I laboratori: sono utili e ben strutturati? C’è qualcosa da migliorare?
F.: «I laboratori sono utili se e solo se hanno finalità pratiche. Quelli teorici sono molto più simili a lezioni».
L.: «I laboratori spesso hanno un’importanza capitale: lingua straniera, laboratorio di scrittura, che sulla carta dovrebbe garantire una formazione allo studente tale da consentirgli di produrre uno scritto almeno formalmente corretto, informatica. Ebbene, spesso risultano una perdita di tempo perché tenuti da personaggi decisamente poco motivati. Per quanto mi riguarda, devo dire di essere stato fortunato in tutti e tre i casi, che più o meno si sono rivelati meno inutili di quanto pensassi».
A.: «Nel mio caso non sono stati molto utili. Ho avuto laboratori di scrittura dove ogni gruppo del mio corso ha avuto direttive diverse sul “come fare una tesi”, laboratori di inglese dove non ho imparato l’inglese e laboratori di Photoshop e Indesign dove il tempo per imparare a utilizzare i software è stato irrisorio. Però sono sicura che esistano alcuni laboratori ben strutturati e che ti insegnano qualcosa di solido, come quello di “organizzazione eventi”, che è molto valido».

Conoscete i servizi per gli studenti Erasmus? Quali sono le maggiori differenze tra qui e un’università estera?
F.: «Rispetto all’estero credo che ci siano differenze più che altro organizzative. Ad esempio in Francia, me lo ha detto una mia amica che era in Erasmus, per fare la magistrale sono obbligati a fare un anno su due all’estero e uno in azienda, che è poi obbligata a tenerti per un altro po’. E mi sembra funzioni meglio».
A.: «I servizi per gli Erasmus sono essenzialmente molto buoni. Gli studenti stranieri possono appoggiarsi a strutture sparse per tutto il territorio torinese e sono seguiti attraverso un iter che permette loro di poter proseguire gli studi serenamente. Gli studenti italiani che partono verso l’estero hanno un’ampia possibilità di scelta. Probabilmente il livello di istruzione è più elevato».

Parlando infine di stage e sbocchi lavorativi: secondo voi quanto è utile il Job Placement?
F.: «Riporto quella che è stata puramente la mia esperienza personale: non serve a nulla».
L.: «Per uno studente di una facoltà umanistica trovare un lavoro che sia coerente con la sua preparazione universitaria è notoriamente un’utopia in Italia. Stage e job placement purtroppo servono esclusivamente allo studente per raggranellare crediti. La burocrazia e l’eccessiva quantità di tempo richiesta in cambio di appena 6 crediti e un’esperienza “lavorativa” molto spesso ben lontana dal mestiere che ci capiterà forse tra le mani scoraggiano lo studente, che il più delle volte preferisce dare un esame in più».
A.: «Il Job Placement è utile nel caso in cui lo stage diventi un lavoro, ma è un caso molto raro».

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Categorie: Università

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