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19 Marzo 2015

En avant, i suoni della contemporaneità

Stasera al Superbudda di Torino si incontrano musica classica e contemporanea, body painting reale e digitale

Claretta Caroppo

Il format En Avant si ispira all’omonimo pamphlet di Richard Huelsenbeck, pubblicato nel 1920

Il contrabbassista Federico Bagnasco, per l’occasione accompagnato dalla performance di live painting di Stefano Giorgi, e il producer Morkebla stasera al Superbudda saranno i protagonisti del primo appuntamento di En Avant, un nuovo format di eventi finalizzato all’indagine creativa della musica contemporanea, delle sue zone grigie e dei rapporti che intercorrono tra tradizione e innovazione, tra reale e digitale.
Abbiamo intervistato Mattia Laurella e Davide Oliviero, ideatori dell’iniziativa.

Come nasce En Avant?
Mattia Laurella: «Il progetto nasce dall’unione dei nostri background musicali, che in sostanza sintetizzano i campi di indagine che ci siamo preposti di esplorare: quello ‘classico’ e quello dell’elettronica sperimentale. Entrambi siamo rimasti colpiti da come sempre più frequentemente certa produzione elettronica di derivazione dancefloor arrivi a confrontarsi con il repertorio contemporaneo cosiddetto ‘colto’. Troviamo che questo incontro/scontro favorisca uno scambio di linguaggi e di finalità che si adattano perfettamente all’estetica contemporanea. Per questo abbiamo deciso di avviare anche la nostra ricerca, nel tentativo di contribuire a creare un dialogo tra musica concepita per scopi diversi, ma alla fine non così distante come si potrebbe pensare in prima ipotesi. Infine, ci sentiamo in dovere di riconoscere dei modelli di riferimento come il Berlin Atonal e l’Unsound, due esperienze che ci hanno letteralmente folgorato, riempito di dubbi, domande a cui fornire una risposta e che ci hanno spronati a portare avanti la nostra idea».

A cosa si deve la scelta del titolo?
Davide Oliviero: «Il titolo si ispira all’omonimo pamphlet di Richard Huelsenbeck, per l’esattezza En Avant Dada, pubblicato nel 1920 quando l’autore si trovava a Berlino dopo un periodo di soggiorno a Zurigo a stretto contatto dell’ambiente del Cabaret Voltaire. Allo stesso modo di allora, riteniamo che il rapporto tra spazio e tempo sia centrale nella produzione musicale contemporanea, rimettendo in gioco i concetti di successione, simultaneità e durata dei suoni e dei rumori, così come cercavano di sviluppare al tempo i dadaisti. Il fatto che oggi consideriamo materiale musicale le infinite sfumature tra un suono e l’altro, come anche tra i rumori, costituisce la nostra base di ricerca. Ad esempio il nostro primo ospite, il contrabbassista Federico Bagnasco, lavora sull’individuazione e sull’utilizzo di suoni e rumori che il suo strumento riesce a generare e che poi vengono filtrati, manipolati dall’elettronica e restituiti come altri suoni. Immaginate cosa penserebbe uno come Russolo» (compositore e pittore italiano, autore del manifesto ‘L’arte dei rumori’ ndr).

Il suono come materiale essenziale e una ricerca votata alla contemporaneità sono tra le vostre prerogative. Di cosa ha bisogno, a vostro parere, la musica oggi?
M.L.: «Citando un amico compositore, allo stato attuale apparentemente manca un vero linguaggio, uno stile propriamente detto, universalmente riconosciuto che sostituisca quelli del passato. È difficile che un musicista si chieda il motivo per cui si ritrova a suonare musica scritta e concepita a secoli di distanza; il pubblico più semplicemente apprezza musica tonale, fondata su un sistema che si ripete identico da secoli e su cui si è formato l’orecchio. Certamente i compositori del passato considererebbero il nostro approccio così anacronistico nocivo per la nostra salute intellettuale e, se potessero, ci spronerebbero a creare nuovi linguaggi esattamente come loro avevano fatto al tempo. La musica avrebbe forse oggi bisogno di concentrarsi sugli elementi essenziali, come le possibilità offerte dalla ricerca del suono. Arvo Pärt, in una intervista di qualche anno fa, si diceva stupito di come la pura ricerca sonora fosse completamente dimenticata da molti compositori contemporanei. Siamo però ottimisti del fatto che ci sia sempre meno paura ad affiancare esperienze musicali diverse nel tentativo di trovare una ‘lingua’ comune».

Possiamo estendere tutto questo alla ricerca artistica in generale?
D.O.: «Probabilmente, anche se in altre discipline è più facile che si verifichi una perdita di quella realtà quotidiana, a cui la musica riesce incredibilmente ad aderire costantemente».

Musica che si ascolta, che si guarda e che si fonde con la video arte e il body painting. La nuova ricerca musicale va dunque verso la contaminazione sensoriale e artistica?
M.L.: «Sì, le spinte esogene della musica sono un altro elemento dell’evoluzione musicale/artistica che il concept di En Avant intende indagare. Questo oltretutto non è un fenomeno circoscritto agli ambienti “avant”, ma è percepibile anche in quelli più mainstream, dove vi è una sempre maggiore ricerca di un’esperienza sensoriale più ampia e completa possibile. Noi nella premiére di giovedì affiancheremo al live di Federico Bagnasco la performance di improvvisazione pittorica di Stefano Giorgi e al set di Morkebla le visioni di Marco Mendeni, così da evidenziare anche una delle tante antinomie care al nostro progetto, quella tra reale e digitale».

Parliamo di questa sera: come sarà organizzato l’appuntamento?
D.O.: «L’evento di giovedì sarà strutturato in due atti, presieduti da due personalità agli antipodi: una di estrazione accademica, il contrabbassista Federico Bagnasco, che grazie ad una poliedricità compositiva e alla manipolazione elettronica del contrabbasso darà adito alle tante voci del suo strumento, e una che grazie al suo estro si è ritagliata un ruolo importante all’interno del panorama elettronico nostrano, Morkebla, producer ambient, dub-techno, o meglio illbient, all’attivo dai primi anni ‘10».

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