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28 Marzo 2015

BD: comizi d’amore di ieri e di oggi

A Biennale Democrazia un dibattito su sesso e sentimenti dal documentario di Pasolini, attualizzato agli anni Duemila attraverso uno spettacolo teatrale

Claretta Caroppo

Ieri sera al Teatro Carignano Antonio Damasco e Valentina Padovan del Teatro delle Forme di Torino hanno portato in scena uno spettacolo di teatro-inchiesta liberamente tratto dal documentario “Comizi D’Amore” di Pier Paolo Pasolini, a cui è seguito un dibattito con lo stesso Damasco e il linguista Tullio De Mauro.

I COMIZI D’AMORE DI PASOLINI
E’ il 1965 quando Pasolini intervista gli italiani su amore e sesso in giro per il paese, da Milano alle spiagge del meridione. I suoi “Comizi d’amore” nascono durante le ricerche per il film “Vangelo secondo Matteo” e diventano un’opera documentaria che mostra uno spaccato sincero, timido, ignorante, sacro, di un’Italia che riflette su quei temi tanto cari all’intellettuale. Le risposte ritornano alla vista e alle orecchie dell’ascoltatore attraverso un collage geografico, un “grande fritto misto”, come lo stesso Pasolini lo definisce all’inizio del film.
Il campionario umano con cui l’autore dialoga è variopinto: contadini, operai, studenti, ma anche intellettuali quali Oriana Fallaci, Giuseppe Ungaretti e Alberto Moravia. A quest’ultimo Pasolini chiederà, ad esempio, quale sia il senso di una ricerca condotta in questo modo, se l’Italia vera e reale, cioè, sia quella che traspare dai suoi racconti o non sia, invece, quella di cui non ha testimonianza, che rifugge timida la telecamera, la cui voce è rimasta senza ascolto.

I COMIZI D’AMORE DI OGGI
A distanza di 50 anni, Antonio Damasco e Valentina Padovan del Teatro delle Forme compiono il tentativo di attualizzare la ricerca su amore e sesso di Pasolini e ne seguono il modello empirico, conducendo da due anni inchieste in giro per teatri, piazza e case degli italiani di oggi, e raccogliendo materiale in 50 diversi comuni della penisola.
I due attori si domandano cosa potrebbe chiedere oggi Pasolini agli italiani in merito ad amore, sesso e scandalo e per i loro interrogativi partono da un postulato che proviene dal teatro classico greco: i figli sono condannati a pagare le colpe dei padri. Per tale ragione, una certa confidenza o, al contrario, il disagio nei confronti di tematiche che riguardano amore e sesso e che concernono le nuove generazioni, sono il risultato di modelli culturali ereditati dal passato. Coloro che, afferma Damasco «si sono alzati da tavola senza aver pagato il conto» hanno in questo modo e inevitabilmente condizionato il mondo della contemporaneità e socialmente, politicamente, culturalmente, quello dei loro figli.
Lo spettacolo, ispirato liberamente all’opera di Pasolini, riprende la struttura dell’omonimo lungometraggio ed è suddiviso in ricerche (domande generiche su amore e sesso, interrogativi sul sesso a pagamento, sull’omosessualità e il divorzio) e in due tempi. Il passaggio da un tempo a un altro è segnato dal suggerimento a pensare ad altro perché, scrive Pasolini, “non c’è nulla di più faticoso del parlare del sesso e il peggio deve ancora venire”.
Immagini tratte dal film si alternano a quesiti che i due attori rivolgono al pubblico del teatro Carignano e che vengono riproposte su un maxi schermo posizionato sul palcoscenico e nella piazza attigua al teatro. Le riflessioni su amore e sesso che i due attori compiono nelle parti recitate attualizzano la materia, riproponendo una critica alla società del web e del sesso in un click, aprono alla legittimità o meno dell’adozione per le coppie omosessuali, alle unioni tra coppie di religione differente, tralasciano per ovvi motivi la questione del divorzio che tanto aveva animato i protagonisti del lungometraggio di riferimento, ma provocano il pubblico con una domanda sullo stipendio mensile, quasi a voler dire che non sia può parlare di amore e sesso, nella società del consumo che viviamo, senza porre un interrogativo economico.

L’ATTUALITA’ DI PASOLINI
Dopo gli applausi l’incontro continua con un dialogo tra Antonio Damasco e Tullio de Mauro, che omaggiano l’attrice e giornalista Adele Cambria presente in sala e ragionano sull’attualità del pensiero pasoliniano.
De Mauro ricorda la passione di Pasolini per il dialetto, per la lingua viva, parlata, viscerale e il “Canzoniere italiano” che egli compose – spinto da Sciascia – che costituisce un’antologia sulla poesia dialettale italiana. Il motore dell’autore romano nel cinema, come nel teatro e nella scrittura, era per De Mauro, «l’amore per la verità e l’autenticità, anche linguistica».
De Mauro, che ha donato alla città di Torino un fondo che confluisce nelle Rete Italiana di Cultura Popolare, rivolge infine a Damasco una domanda su quali siano le “incrostazioni” del nostro mondo e se davvero ci siamo liberati di quelle antiche, che tanto ci fanno sentire distanti dal mondo raccontato in Comizi d’amore, che ci fanno sorridere nel sentire un italiano stentato, o un ragazzino che immagina che un bambino arrivi dallo zio, o da una cicogna, o compaia sotto a una coperta. Damasco risponde che «di alcune sì, ci siamo liberati, ma ne sono nate altre, e spesso sono locuzioni dei media, gli stessi che hanno la responsabilità di una certa disinformazione».

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Categorie: Cultura

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