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6 Maggio 2015

Nicole Bonamino: “A essere se stessi non si sbaglia mai”

Al TGLFF la prima puntata di un documentario sull’omofobia in Italia: protagonista l’unica sportiva professionista azzurra ad aver fatto coming out

Veronica Minniti

Nicole Bonamino è il portiere della nazionale femminile di hockey su ghiaccio

Quando, in occasione delle Olimpiadi di Sochi dello scorso febbraio, ha dichiarato la propria omosessualità, il portiere della nazionale femminile di hockey su ghiaccio Nicole Bonamino (tortonese, classe 1991) ha sorpreso tutti e a oggi è l’unica sportiva professionista italiana ad aver fatto questa scelta.
Il 2 maggio è arrivata al Torino Gay & Lesbian Film Festival per presentare la prima puntata (incentrata su di lei) di Fuori!, progetto di Ilaria Luperini e Chiara Tarfano nato con l’obiettivo di sondare il livello di omofobia in Italia. Ecco che cosa ci ha raccontato in questa occasione.

Come presenteresti il progetto Fuori! e per te che esperienza è stata?
«Fuori è un documentario suddiviso in 8 puntate, con altrettanti protagonisti che si raccontano e poi vanno in strada a chiedere ai passanti opinioni sull’omosessualità, i diritti etc. Questo progetto è importante perché importante è parlare di questi temi, in modo da avvicinarli sempre più alla realtà di tutti i giorni e renderli, passami il termine, “normali”. Ho creduto da subito in questo progetto ed è stata una bella esperienza, anche se all’inizio è stato difficile: non sono abituata a essere ripresa ed ero timida. Non è facile parlare con una telecamera che ti guarda dritto in faccia. Ma penso che questo documentario sia importante perché fa vedere il punto di vista di una che “c’è dentro” e il punto di vista di chi invece è “fuori”».

Hai fatto coming out a Sochi, in una realtà politica molto particolare: che cosa ti ha spinta a fare questo passo in quel momento e in quel luogo?
«Sono state proprio le Olimpiadi a spingermi a farlo. In quel periodo se ne parlava tanto e ho pensato che fosse assurdo che in Italia non ci fosse nessuno. E allora mi sono detta, perché no?»

Nel documentario a un certo punto dici: “Le paure sono più grandi nella nostra testa di quanto non sia in realtà”. Pensi che le cose stiano cambiando in meglio? Perché, secondo te, è importante avere il coraggio di uscire allo scoperto?
«E’ importante per dare un messaggio agli altri, per iniziare un circolo virtuoso di sincerità e trasparenza. Ma soprattutto è importante verso se stessi: dicendolo si può aver paura di essere insultati. Ma non facendolo si insulta se stessi, la propria identità».

Sei l’unica sportiva professionista italiana ad aver dichiarato la propria omosessualità: come mai secondo te, nel mondo dello sport, e in Italia in particolare, i coming out sono così pochi?
«Perché di omosessualità e sport si parla ancora poco da noi, troppo poco. Quando arrivi a giocare ad alti livelli hai paura di buttare via tutto dicendolo. Hai paura di essere preso in giro, di essere escluso. Ma secondo me è importante farlo e lo rifarei. Perché a essere sé stessi si vince sempre».

Conoscevi già il TGLFF? Il sogno del direttore del festival sarebbe un giorno di non farlo più, augurandosi che non ce ne sia più bisogno. Quest’anno però molti hanno invece sostenuto che il festival è utile perché mostra film e realtà che altrimenti nessuno conoscerebbe. Che cosa pensi di queste due posizioni?
«Conoscevo già il TGLFF ma non avevo mai avuto occasione di andarci, secondo me è un’occasione unica a Torino per mostrare attraverso il cinema varie realtà nel mondo Lgbt. Secondo me entrambe le posizioni sono valide, in modi diversi. E’ vero che sarebbe bello non dover avere più bisogno di festival di nicchia, ma è anche vero che al momento è l’unico canale attraverso il quale parlare di certe realtà. Io spero che continui a essere organizzato e a raccontare le sue storie. Non solo per l’importanza di quelle storie in sé, ma anche per valorizzare il momento “live” di condivisione e dialogo su quegli argomenti».

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Categorie: Cultura, Sport

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