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19 Maggio 2015

Zygmunt Bauman ed Ezio Mauro, dialoghi sul lavoro al Salone

Il celebre filosofo polacco sabato ha presentato il suo ultimo libro, Babel, scritto insieme al direttore di Repubblica

Matteo Fontanone

Zygmunt Bauman ed Ezio Mauro

Il programma domenicale del Salone del Libro vede come evento clou la presentazione di Babel, libro in uscita per Laterza, esito delle conversazioni tra il celebre filosofo Zygmunt Bauman ed Ezio Mauro, direttore di Repubblica. Oggetto del loro riflettere, la crisi della democrazia e le mutazioni del mercato del lavoro.

LO STATO CHE NON DA’ LAVORO
Il primo a parlare è Ezio Mauro, che risponde alle domande di Concita De Gregorio, moderatrice dell’incontro: «Io e Zygmunt abbiamo messo al centro della nostra discussione l’indebolimento delle impalcature democratiche faticosamente costruite dal secondo dopoguerra in poi. Ci accorgiamo che la crisi ha lo stesso effetto di un esercito invisibile in un regno addormentato, lascia le strutture intatte ma ne attacca la sostanza profonda. Il rapporto tra stato e cittadino è in crisi: teoricamente, il cittadino conferisce potere tramite il voto e in cambio pretende la sicurezza del lavoro. Oggi, purtroppo, lo scambio non funziona più».
Secondo Mauro, il perché di questo meccanismo inceppato sta in uno dei grandi concetti di Bauman, che prevede «il superamento degli stati nazionali in nome di un mondo immateriale, di spazi sovrannazionali in cui si muovono flussi: finanziari, informativi».

SICUREZZA È LAVORO, NON PROTEZIONE
Bauman approfondisce il nesso tra sicurezza e lavoro: «Un tempo, la sicurezza non aveva un senso unicamente legato alla protezione e alla difesa, ma significava certezza, era la sensazione di avere un posto nel mondo, il diritto a una vita dignitosa». Per il filosofo, oggi siamo giunti a un punto di non ritorno: «La certezza è diventata flessibilità, la flessibilità incertezza».
Mentre cinquant’anni fa i giovani avevano certezze lavorative che duravano fino alla pensione, oggi non possono più avere quello che Sartre chiamava progetto di vita: «Lo stato non promette né permette una sana occupazione. Di fronte a noi abbiamo incertezza e instabilità, due prospettive che vanno contro i nostri bisogni di esseri umani». Mentre anni fa dava lavoro e benessere, oggi lo Stato garantisce solo protezione contro il nemico esterno.

VIVIAMO NELL’INTERREGNO
Bauman, insomma, teorizza un prima e un poi. Ma quali sono le categorie in cui far rientrare la nostra epoca? «Viviamo nel tempo dell’interregno, sospeso tra il non più e il non ancora – dice Mauro – Si sta smaterializzando la vecchia accezione di sicurezza economica e materiale, e scopriamo che senza la libertà materiale non c’è una vera libertà politica». Senza lavoro, insomma, si perde la dignità e ci si sente esclusi.
In questo momento, ed è un passaggio particolarmente duro del direttore di Repubblica, la democrazia discrimina i garantiti dai non garantiti: «Che io voti o non voti le mie condizioni di vita non cambiano: la posta in gioco ormai è troppo bassa. Il nostro disinteresse nei confronti delle istituzioni è ricambiato».

MENO LAVORO, MENO SOLIDARIETA’
Senza l’appoggio dello Stato, l’uomo è lasciato solo a sé stesso, cosa che comporta una serie di conseguenze poco piacevoli. Per Bauman infatti «i posti di lavoro si sono trasformati da fabbriche di solidarietà a fabbriche di sospetto e competizione». Oggi non esiste più quel rapporto di reciproca dipendenza tra lavoratore e datore di lavoro che tempo fa era alla base del vivere sociale: «Il capitale può essere trasferito in ogni momento dall’altra parte del mondo, i sindacati sono diventati controproducenti: in un simile orizzonte, la dipendenza non è più reciproca ma unilaterale».
Il lavoro, chiosa Bauman, ora come ora è un punto interrogativo anche per chi ce l’ha: «Un lavoratore flessibile non ha più ragioni per amare la sua occupazione come succedeva un tempo, in fondo non gli conviene. E che dire della filosofia manageriale, che fa leva sulla condizione di incertezza del dipendente per garantirsi la sua obbedienza?». La Sala Gialla apprezza, applausi a scena aperta.

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Categorie: Cultura

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