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24 Agosto 2015

Il bisogno di sangue non va in vacanza

Igino Arboatti, direttore sanitario dell’Avis Torino, spiega l’importanza di donare soprattutto d’estate 

Tommaso Portaluri 

Igino Arboatti

Igino Arboatti, direttore sanitario dell’Avis Torino

L’Avis è un’associazione che riunisce persone che donano il proprio sangue in modo volontario, gratuito, periodico e anonimo. Si tratta di una realtà presente capillarmente sull’intero territorio nazionale, che fornisce un servizio fondamentale per tutta la comunità. Non solo a chi riceve il sangue, ma anche ai donatori che in questo modo si vedono garantiti ogni anno controlli e test gratuiti, con una particolare attenzione a colesterolo, glicemia e valori ematochimici.

A Torino c’è anche il Gruppo Giovani Avis, costituito da giovani tra i 18 e i 35 anni. Per comprendere meglio l’importanza di questa associazione abbiamo intervistato il direttore sanitario dell’Avis Torino, Igino Arboatti.

Quante sono le donazioni che l’Avis conta a Torino e qual è il contributo dei giovani torinesi?
«I donatori iscritti all’Avis Comunale di Torino sono circa 32.500 in tutto. Di questi, il 20% è costituito da giovani sotto i 30 anni. Nello specifico, sono circa 3.000 donatori di età compresa tra i 18 e 25 anni e 3.500 tra 26 e 30. Nello scorso anno ci sono state circa 65.000 donazioni di sangue intero, 4.500 di “multicomponent”, una pratica particolare per cui da un donatore si riesce a estrarre solo una componente selettiva del sangue (in questo caso, globuli rossi e plasma), e ancora 15.000 solo di plasma. Quest’anno, purtroppo, le donazioni sono in calo: abbiamo circa 800 donazioni in meno rispetto a quelle che dovremmo avere».

Questi numeri sono sufficienti per fare fronte alle richieste che pervengono?
«Purtroppo, non è semplice far fronte alle richieste, in particolare in estate: sicuramente a causa delle ferie, del caldo, ma anche, devo dire, di alcune ditte che disincentivano la donazione nei giorni lavorativi per i loro dipendenti. Due settimane fa abbiamo avuto un grave problema: l’emoteca (il punto dove sono conservate le sacche da distribuire agli ospedali) era quasi vuota. Oggi la situazione è migliorata, ma siamo ancora al di sotto della scorta minima che permette di garantire una sicurezza dal punto di vista clinico».

Qual è, invece, il livello di digitalizzazione dell’Avis? Sul sito dell’Avis di Torino si possono scaricare i propri referti online. Come funziona questo servizio?
«È tutto informatizzato: il donatore viene chiamato automaticamente a seconda della sua disponibilità, dell’ultima data in cui ha donato e del gruppo sanguigno; dopo la donazione, tutti i suoi dati vengono inseriti in un sistema informatico stabilito dalla Regione. In questo modo si possono avere, in seguito, molte informazioni preziose, dalla parte anagrafica a quella clinica, passando per la sua storia come donatore. Dal primo giugno, inoltre, abbiamo dato la possibilità ai donatori di visionare i referti dei loro esami direttamente online, senza bisogno di spedizioni».

A Torino è molto attivo anche il Gruppo Giovani che organizza diverse occasioni di coinvolgimento. Tra gli eventi del 2015, c’è anche una gita all’Oktoberfest.
«Penso che sia una bella idea. Io ho iniziato con l’Avis quando ero al quinto anno di medicina, come donatore. Sono stato nel Gruppo Giovani fino ai 35 anni, cioè fino a quando ho potuto. È stata un’esperienza fantastica, perché si socializza, si creano amicizie, e poi si costruisce una consapevolezza particolare dell’aiuto che si offre alla comunità. Il Gruppo Giovani di Torino è attivo nell’organizzazione di eventi e gite così come nell’organizzazione di convegni medici, e riesce a coinvolgere molti ragazzi. Sono, quindi, decisamente favorevole a queste iniziative che fanno conoscere ai giovani l’importanza di questo servizio, anche perché, si noti, far parte del gruppo giovani non vuol dire essere necessariamente donatori: molta gente partecipa e contribuisce anche a livello promozionale».

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