Home » Cultura » Milad Tangshir, da Tehran a Torino per un sogno chiamato cinema

11 Marzo 2016

Milad Tangshir, da Tehran a Torino per un sogno chiamato cinema

La storia del giovane regista iraniano arrivato in Italia per studiare al Dams e il cui corto sui profughi Displaced è in concorso domenica 13 marzo al gLocal Film Festival

Alessia Galli della Loggia

Il regista iraniano Milad Tangshir, in concorso al

Il regista iraniano Milad Tangshir, in concorso domenica al gLocal Film Festival

Anche lui è un migrante, anche se è venuto nel nostro paese per studiare il cinema italiano. Milad Tangshir è iraniano e, mosso da questa grande passione trasmessagli dal padre, nel 2011 ha lasciato il suo Paese per trasferirsi in Italia scegliendo come ateneo Torino in quanto città cinematograficamente attiva e promotrice di nuovi talenti emergenti.
Ora il suo ultimo lavoro come regista, Displaced, tocca un tema attuale come quello dei profughi ed è in concorso alla 15a edizione del gLocal Film Festival, dove sarà proiettato domenica alle 17 nella sala Il Movie di via Cagliari 42.

Come nasce Displaced?
«Nell’ottobre 2015 la Poa Onlus ha finanziato un viaggio di 3 giorni sui confini dell’Austria, della Croazia, della Slovenia e dell’Italia per documentare l’arrivo dei profughi nei campi. Tutti sanno che l’immigrazione è un fenomeno difficile da gestire per motivi di sicurezza e salute, ma vedere con i propri occhi la situazione fa riflettere. Mi ha stupito l’enorme numero di bambini e anziani, che nonostante il freddo e le difficoltà non perdono la speranza in un futuro migliore. Il documentario non a caso ha preso il nome Displaced, che si può tradurre con “dislocati”, e in esso ho evitato appositamente di inserire la musica per far risaltare l’atmosfera del silenzio dimesso della vita nei campi».

Com’era la tua vita a Tehran?
«Quando studiavo all’università di Ingegneria Mineraria mi dedicavo a pieno alla musica, suonavo la chitarra elettrica e scrivevo i pezzi, abbiamo prodotto 3 album in 8 anni. Alla sera, tornato a casa, mi incantavo ad ascoltare i racconti di mio padre, guardando insieme a lui grandi classici dei registi italiani quali Vittorio De Sica, Fellini, Rossellini anche se in Iran è conosciuto tutto il cinema italiano: i film di Franco e Ciccio, il grande Totò, Bud Spencer e Terence Hill…».

Come sei arrivato a studiare in Italia?
«Ho cercato su internet il corso universitario che potesse soddisfare le mie esigenze e sono venuto a conoscenza del Dams – Discipline delle Arti, Musica e Spettacolo, così nel 2011 ho deciso di preparare le valigie per Torino. I primi mesi è stato difficile seguire le lezioni tenute in una lingua che avevo tentato di imparare da autodidatta, ma stando a contatto tutti i giorni con gli italiani poco a poco ho preso familiarità con la lingua. Dopo sei mesi la voglia di fare un film tutto mio è cresciuta tanto da realizzare due progetti: il cortometraggio Infinitamente e il lungometraggio Un bel posto per perdersi. La storia è incentrata sulla crisi di un ragazzo appassionato di cinema che si ritrova coinvolto in un omicidio involontario. Grazie a questo lavoro sono stato premiato da Luciana Littizzetto all’inaugurazione del Campus Luigi Einaudi nel settembre 2012».

Vuoi trasmettere un messaggio attraverso i tuoi lavori?
«Non credo di dover dare un messaggio, ma al contempo offro una visione del mondo, non ci si può astenere dal raccontare l’attualità, secondo me non vale la pena di fare tanti sacrifici per riportare storie prive di intensità. Ci sono più stelle nell’universo rispetto a ogni granello di sabbia nel mondo e ognuno di noi non può pretendere di fornire risposte globali che soddisfino le esigenze di tutti, ma la prospettiva cosmica può essere d’aiuto per migliorarsi».

Come e dove ti vedi tra qualche anno?
«Mi vedo in Iran per trasmettere al mio Paese tutto ciò che mi ha insegnato l’Italia: è stata una crescita personale e professionale. Ora non sono pronto per mostrare il mio lavoro agli iraniani, ma chi lo sa! Star Staff, il progetto a cui sto lavorando la cui casa di produzione è la Rosso Fuoco del noto regista e produttore Davide Ferrario e che verrà girato presso 4 osservatori astronomici in giro per il mondo, potrebbe essere la giusta occasione. Una cosa è certa: continuerò a vedere il mondo attraverso i miei occhi e a farlo guardare attraverso la mia macchina da presa».

Tag: , , , , ,

Categorie: Cultura, Intercultura

Commenti (1)

  1. Giulia ha detto:

    Bellissimo articolo!

Lascia un commento