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17 Marzo 2016

Per un linguaggio anche al femminile

Nonostante la grammatica lo permetta, spesso alcuni termini in italiano vengono declinati solo al maschile: le iniziative di alcune istituzioni per il rispetto di genere

Isabella Marchese

pari-opportunitàÈ normale – o meglio, naturale – dire maestra e maestro, operaia e operaio, ma solitamente non si dice sindaca, commissaria o architetta. Forse perché alcuni ruoli istituzionali o titoli professionali prestigiosi sono stati ricoperti per lungo tempo solo da uomini?

COSA DICE LA GRAMMATICA ITALIANA
Eppure un uso corretto della lingua e grammatica italiana prevede due soli generi, maschile e femminile, a differenza del latino che ha il genere neutro; oltretutto se si parla di persone il genere grammaticale esprime l’appartenenza sessuale. Ad esempio, le parole che finiscono in o al femminile prendono la a, oppure quelle che finiscono in -sore mutano in -sora come assessora, difensora. Restano invariate le parole che terminano in e che per coesione testuale prendono l’articolo femminile, come la giudice, la presidente.
Come scrive Cecilia Robustelli per l’Accademia della Crusca “in italiano e in tutte le lingue che distinguono morfologicamente il genere grammaticale maschile e quello femminile, la donna risulta spesso nascosta “dentro” il genere grammaticale maschile, che viene usato in riferimento a donne e uomini (gli spettatori, i cittadini, ecc.)”.

COSA DICONO GLI STUDI
Anche se sono trascorsi circa trent’anni dal primo studio di Alma Sabatini, Il sessismo nella lingua italiana, pubblicato nel 1987, non vi è ancora una sensibilità diffusa verso una comunicazione rispettosa al femminile.
Usare un termine piuttosto che un altro può fare la differenza ed è in quest’ottica che si può affermare che la lingua e i linguaggi rafforzano le disuguaglianze in ciò che esprimono o in ciò che non viene espresso.
Il sessismo linguistico alimenta forme di discriminazione sociale mentre l’utilizzo appropriato del linguaggio crea azioni positive che aiutano a eliminare stereotipi legati al genere accelerando il cambiamento culturale.

ALCUNE INIZIATIVE ISTITUZIONALI
Da diversi anni sono numerose le iniziative promosse, a livello nazionale e internazionale, volte a eliminare forme discriminatorie nel linguaggio dal punto di vista di genere.
In Italia il 26 febbraio 2015 è stato approvato, dal Presidente del Consiglio dei Ministri, il decreto n. 473 che costituisce un gruppo di esperti presso il Dipartimento per le Pari Opportunità con il compito di sensibilizzare la società sull’uso corretto della lingua italiana in un’ottica rispettosa di entrambi i generi.

La campagna "Io parlo, non discrimino"

La campagna “Io parlo e non discrimino”

Quale azione concreta al lavoro avviato con il decreto, recentemente la Regione Piemonte, il Consiglio Regionale del Piemonte, la Città Metropolitana di Torino, la Città di Torino, l’Università degli Studi e il Politecnico di Torino hanno sottoscritto la Carta d’Intenti Io Parlo e Non Discrimino, con la quale tutti i soggetti promotori si impegnano ad adottare linee guida che permettano di eliminare forme di discriminazione di genere in ogni forma di comunicazione istituzionale. La Carta d’Intenti è rivolta anche a tutti i soggetti pubblici e privati che vogliano impegnarsi nel perseguire questo importante cambiamento.

Per finire, un appello a tutte le ragazze, le donne, i ragazzi e gli uomini che hanno letto questo articolo: usiamo il femminile ogni volta che si parla di una donna, qualunque ruolo o incarico essa ricopra. Le parole – come è stato detto – incidono, le parole hanno un loro spessore e un ruolo importante nello scambio comunicativo.

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Categorie: Intercultura

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