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8 Aprile 2016

Scusi, non capisco: voci e riflessioni dalle arti contemporanee

Da domani alla Fondazione Merz tre appuntamenti gratuiti per un pubblico che interagirà con grandi ospiti appartenenti ad ambiti artistici differenti

Claretta Caroppo

Da domani alla Fondazione Merz tre incontri sulle arti contemporanee

Da domani alla Fondazione Merz tre incontri sulle arti contemporanee

La Fondazione Merz propone ad aprile un ciclo di tre appuntamenti dal titolo Scusi, non capisco: concerti, dialoghi e pièce teatrali in cui personaggi della cultura invitano il pubblico a entrare nei loro mondi, nel tentativo di innescare una riflessione profonda ma non seriosa sulla realtà in cui viviamo.

Si comincia domani 9 aprile con un confronto ironico sull’arte contemporanea tra Achille Bonito Oliva, storico dell’arte e curatore e Andrea Zalone, attore di teatro e televisione, spalla di Maurizio Crozza. A puntellare i momenti della serata sarà il Quartetto Maurice, composto da giovani talenti della musica contemporanea, in un repertorio che comprende musiche del Novecento storico e di oggi. Si prosegue il 12 aprile con Elio di Elio e le Storie Tese e i musicisti Roberto Prosseda e Luca Lombardi, che accompagneranno il pubblico nella convinzione che sia possibile “parlarsi” musicalmente creando suggestioni e divertimento. Il ciclo si conclude il 18 aprile con il poeta e filosofo Guido Ceronetti, il critico e divulgatore d’arte Costantino D’Orazio ed Eleni Molos, attrice molto apprezzata da Ceronetti, che fa parte del Teatro dei Sensibili.

Abbiamo intervistato Willy Merz che, insieme a Maria Centonze, è curatore del progetto, giunto alla seconda edizione.

Da dove nasce l’idea di Scusi, non capisco?
«L’idea deriva dal desiderio di abbattere la barriera tra il grande pubblico e il contemporaneo, una barriera di diffidenza, che è quella che porta a dire, riferendosi al contemporaneo nell’arte, nella musica e nel teatro: ‘scusi, non capisco’. Partire da questo momento, per mettere insieme personaggi chiave di varie arti e mestieri, unendoli, mescolando i loro diversi saperi e scoprendo quello che succede. Le correnti interne che si creano sono stimolanti e divertenti e permettono di lanciare un messaggio, di mettere in contatto il pubblico con l’arte contemporanea, anche se non la si capisce o frequenta abitualmente. Rompere quindi l’idea della sacralità del passato, correndone i rischi connessi».

Che rapporto esiste tra i giovani e l’arte contemporanea, dalla vostra esperienza?
«Bisogna dire che l’arte contemporanea è l’arte dei giovani, ma nella realtà non sempre è così. Bisogna creare dei ponti, riflettendo soprattutto sulla questione dei luoghi, rompendo la sacralità di certi luoghi che a volte crea difficoltà, diffidenza. Negli spazi della Fondazione, in primavera ed estate, abbiamo pensato uno spazio all’aperto abbastanza informale, un luogo neutro in un si svolgono mostre, concerti, spettacoli, un luogo non caricato di quella sacralità che spaventa molto. Uno spazio come il nostro e iniziative come Scusi non capisco mi auguro possano aiutare a avvicinare i giovani all’arte contemporanea: il nostro è un modo per gettare dei ponti. Ad esempio l’esibizione del Quartetto Maurice, i cui membri da tempo si dedicano alla musica contemporanea, è un modo di lanciare degli ami al pubblico giovane e non, di far loro scoprire nuove cose. Mai lasciare i ragazzi soli, è sempre necessario pensare per loro a degli stimoli, far amare loro il mondo contemporaneo che vivono e che li rappresenta».

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Categorie: Cultura

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